26.12.20

 



74 anni fa, nello studio del padre di Arturo Michelini,

Almirante, Romualdi ed altri diedero vita

alla più entusiasmante esperienza politica del XX secolo:

nasceva il Movimento Sociale Italiano

BUON COMPLEANNO!


di Roberto Buonasorte

 

Quanto l’abbiamo amata quella fiamma tricolore!

L’abbiamo amato e onorato fino alla fine, quel simbolo che per mezzo secolo ha rappresentato e racchiuso in sé la pulizia morale, la lotta alla partitocrazia, alla corruzione dilagante, al clientelismo più sfacciato.

Chi giovanissimo, come molti di noi, entrò per la prima volta in una sezione del Movimento per chiedere di iscriversi, non lo faceva certo con la speranza di ottenere in futuro un privilegio, un posto di lavoro, una cortesia; no, eravamo animati unicamente dalla voglia di lottare per affermare quella giustizia sociale che democristiani e comunisti dicevano sì di voler raggiungere, ma purtroppo solo a parole.

Noi eravamo l’alternativa al sistema

Fuori dai giochi di palazzo e per quarant’anni fuori dall’arco costituzionale, i missini hanno rappresentato davvero un argine alla prepotenza dei potenti di turno, tanto da ottenere, molto spesso, i più importanti successi elettorali proprio nelle periferie e nelle borgate popolari ormai abbandonate dai compagni.

Quelle battaglie, negli anni Settanta, hanno dato vita ad una lunga scia di sangue.

Le sezioni missine erano ben individuabili e dunque facili bersagli per gli attentati dei compagni che mal digerivano quella politica autenticamente popolare portata avanti – soprattutto dai ragazzi del Fronte della Gioventù - nelle zone più degradate delle periferie.

Ma non solo lotte popolari

Il Movimento e il Fronte – più il secondo, a dire il vero – nell’arco di cinquant’anni sono stati precursori di temi che soltanto anni dopo sarebbero entrati a pieno titolo nel dibattito prima e nell’agenda politica poi: l’ala del partito più vivace, in termini di idee rivoluzionarie e anticipatrici dei tempi, fu sicuramente quella rautiana.

Si devono infatti agli uomini vicini a Pino Rauti le tesi più moderne che mai si siano affrontate in quegli anni: dalla tutela dell’ambiente (i Verdi ancora dovevano nascere…) alle politiche per la natalità, fino ai Campi Hobbit (fucina per molti ragazzi che in futuro sarebbero arrivati ai vertici delle Istituzioni) e alla lotta al consumismo, che invece per la maggioranza delle persone dell’epoca era un modello da prendere ad esempio anziché combattere; questo solo per fare alcuni esempi.

Per tanti giovani intellettuali, da Marco Tarchi a Biagio Cacciola, da Pietrangelo Buttafuoco fino al compianto Marzio Tremaglia, quella fu una vera palestra politica che poi in seguito li avrebbe portati a divenire apprezzati professori, saggisti e giornalisti.

Quel 26 dicembre del 1946

Era un giovedì, quel 26 dicembre del 1946, quando presso lo studio del padre di Arturo Michelini – che in seguito ne diventerà Segretario nazionale – Giorgio Almirante, Pino Romualdi ed altri diedero vita ufficialmente al Movimento Sociale Italiano.

Quel manipolo di uomini, quasi tutti reduci della Repubblica Sociale Italiana, tra i tanti meriti che ebbero nel corso di cinquant’anni di attività politica, in primis forse c’è quello di aver dato una casa a centinaia di migliaia di italiani che a conclusione del conflitto mondiale erano sbandati, senza più riferimenti.

L’azione lodevole di quegli uomini fu quella di portare quegli italiani in un contesto “democratico” ed in seguito persino nelle Istituzioni rappresentative.

Oggi per molti parlare di Almirante, Romualdi, Rauti, Michelini, Baghino; e ancora, Servello, Pazzaglia, Valensise, Tremaglia, Niccolai e tanti altri ancora, dice poco; ma se non ci fossero stati loro non ci saremmo noi...

E oggi come allora – riesumando lo slogan del primo congresso del 1948 – possiamo riaffermare “Non rinnegare, non restaurare”. Questo vale anche per la destra dei nostri giorni che è indubbiamente in mani sicure, consapevoli che le radici profonde non gelano mai, e per concludere - prendendo in prestito Pierangelo Bertoli - potremmo dire “…con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro”.

Buon compleanno, Movimento Sociale Italiano!

 


20.12.20

 

La verifica, rimandata a gennaio, sarà la solita buffonata tra Renzi e Conte,

con il primo interessato solo alle nomine ed il secondo che tenterà di sopravvivere

CADRA’ A MAGGIO, NON PRIMA



Ma il premier non arriverà a luglio,

già in primavera il bullo di Firenze staccherà la spina,

e con l’inizio del “semestre bianco” addio urne, ma con Draghi in campo

 

di Roberto Buonasorte

 

Amici carissimi non illudiamoci. Statene certi, al di là delle nostre speranze – che sono la logica conseguenza di uno stato d’animo inquieto e depresso dovuto da una condizione non più sopportabile – nella verifica di gennaio, quando Conte e Renzi si incontreranno di nuovo per tirare le somme, non succederà nulla.

Cerchiamo di essere concreti e proviamo a ragionare; non invocando o prefigurando ciò che noi vorremmo accadesse (sarebbe troppo facile) ma analizzando lo scenario politico e valutando “costi” e “benefici” dell’azione della sgangherata compagine di governo al potere, e cerchiamo di immaginare il futuro. Riflessioni ad alta voce, indispensabili per capire cosa potrebbe accadere nel tempo a venire.

Se Renzi staccasse la spina a gennaio si andrebbe a votare con la riduzione del numero dei parlamentari ma con il sistema elettorale vigente, tradotto: Italia Viva sparirebbe, i Cinque Stelle passerebbero da 283 parlamentari a 75; ben 208 di essi cadrebbero nella disperazione più totale non sapendo come pagare le rate di mutuo e con l’aggravante che la prima misura del nuovo esecutivo sarebbe quella, ironia della sorte, pure dell’abolizione del reddito di cittadinanza…

Il PD perderebbe una quarantina di parlamentari, ma si libererebbe definitivamente del fantasma di Renzi, e pure la Lega ne perderebbe una trentina.

Per Forza sarebbe una Caporetto: da 145 passerebbe a 60.

L’unica forza in campo (stando agli attuali sondaggi) che addirittura raddoppierebbe la rappresentanza – passando dagli attuali 52 ai probabili 105 seggi – sarebbe Fratelli d’Italia; motivo per il quale, oltre ad un ragionamento figlio di una grande coerenza, Giorgia Meloni va ripetendo non solo “mai col PD, mai con i Cinque Stelle”, ma anche “no a governissimi”, e “dopo Conte ci sono solo le urne”.

Orbene, a conclusione del nostro ragionamento, con le elezioni anticipate il centrodestra unito su 600 seggi a disposizione tra Camera e Senato ne eleggerebbe oltre 320, maggioranza assoluta! Mettendo dunque una seria ipoteca sull’elezione non solo del Presidente della Repubblica, ma - a caduta - Consulta, CSM e via elencando.

Sono pur sempre compagni ma non certo stupidi

Dunque, immaginiamo, che la “tarantella” Renzi la porterà avanti per qualche altro mese, incasserà prima la sua parte tra le 500 nomine che da qui a poco andranno fatte, e solo tra maggio e giugno – quando ormai non si potranno più sciogliere le Camere per via dell’inizio del “semestre bianco” – staccherà la spina a Conte.

Incurante, Renzi, di perdere qualche pezzo – fonti qualificate ci riferiscono di consiglieri regionali pronti a ripassare con il centrodestra – avrà portato a compimento il suo “capolavoro”: salvata la poltrona, spalancata la porta ad un governo Draghi, spianata la strada verso un incarico internazionale grazie alla nascita di un esecutivo di unità nazionale, e rimandato Conte a fare la professione di prima, l’avvocato semplice, non più quello del popolo…