L’importanza delle comunità nel processo di sostegno del
Patrimonio Immateriale
dell’Umantà
Unesco, ci siamo quasi
Tante le candidature, l’Italia propone l’Alpinismo, la Perdonanza
Celestiniana e la transumanza
di Anna Beatrice d’Assergi
Ci siamo quasi, a breve l’Unesco si pronuncerà sui beni
patrimonio immateriale dell’umanità. Sono momenti intensi, le comunità
attendono speranzose che le candidature supportate possano tagliare il
traguardo ed essere riconosciute come un valore sancito a livello mondiale.
Per fare un rapido riepilogo, nella sessione di
novembre-dicembre 2019, il Comitato valuterà le candidature che elenchiamo di
seguito, per le quali dedichiamo particolare attenzione a quelle presentate
dall’Italia. Cominciamo dall’Armenia, che ha proposto la letteratura armena e
sue espressioni culturali, mentre una lunga serie di Paesi tra cui Egitto,
Iraq, Giordania, Kuwait, Arabia Saudita hanno scelto di candidare la palma da
datteri, conoscenze, abilità, tradizioni e pratiche. Ancora, la Bielorussia ha
scelto di sostenere il rito di primavera
di Jurauski Karahod e il Belgio l’Ommegang di Bruxelles, una processione
storica annuale e festival popolare. Quanto alla Bolivia, abbiamo il festival
della Santissima Trinidad del Senor Jesus del Gran Poder nella città di La Paz,
mentre il Botswana ha candidato la Seperu folk dance e pratiche associate. Il
Brasile sostiene invece il Complesso culturale di Bumba-meu-boi di Maranhao e
la Bulgaria il canto di Nedelino. Presenti anche Burkina Faso, Capo Verde,
Colombia , Cipro con il canto bizantino, la Repubblica Dominicana, l’Etiopia,
la Germania, l’India (con le scienze legate alla guarigione), l’Indonesia,
l’Iran, l’Irlanda, il Kenya, il Kyrgystan, la Malesia, la Mongolia, il
Montenegro, la Nigeria, Panama, il Perù, le Filippine, il Portogallo, Samoa, le
Seychelles, la Svizzera, la Siria, la Turchia, l’Ucraina, la Bolivia, il
Vietnam e altri.
Non tutti questi Paesi concorrono per la stessa Lista:
diversi, infatti, hanno scelto la Lista di Salvaguardia Urgente o hanno fatto
richiesta di assistenza. Per quanto ci riguarda, come si può facilmente
comprendere scorrendo rapidamente la lista dei Paesi che aspirano a un
riconoscimento, la partita non è semplice per l’Italia. Ma i beni sottoposti
all’attenzione dell’Unesco dal nostro Paese sono davvero qualcosa di speciale.
Vediamo di che si tratta. L’Italia è presente in tre candidature: insieme a
Francia e Svizzera candida infatti l’alpinismo, da sola candida la Perdonanza
Celestiniana, e insieme ad Austria e Grecia la Transumanza. Facciamo dunque il
tifo per queste tre eccellenze italiane e, trovandoci nel Lazio, possiamo dire
che facciamo il tifo specialmente per la Transumanza, perché ci riguarda
direttamente e profondamente.
Prima di tutto: cos’è il “patrimonio immateriale
dell’umanità”? Senza ripetere virgolettati e definizioni, diciamo brevemente
che ci si riferisce a un insieme di tradizioni, capacità, abilità, specialità,
prassi, conoscenze – che constano anche di una parte “materiale” - che appartengono
alle comunità, qualcosa che viene trasmesso di generazione in generazione e che
costituisce l’identità di un popolo. Un concetto, quello di “bene immateriale”,
che apparteneva ben poco a noi occidentali fino a qualche tempo fa, o almeno ci
apparteneva poco il senso di necessità di “istituzionalizzare” questo tipo di
beni, di “codificarli”, in un certo senso. Noi occidentali, infatti, abbiamo
nella nostra cultura ben chiaro da lungo tempo il concetto di “bene materiale”,
essendo un popolo ricchissimo in termini di monumenti e di testimonianze
materiali, sparse su tutto il territorio occidentale. In Oriente non è così: i
materiali con cui gli Orientali creano gli edifici della loro quotidianità sono
materiali deperibili. Da qui la spinta dell’Oriente verso una codificazione,
una volontà di tutela di quello che oggi chiamiamo “patrimonio immateriale
dell’umanità”, che oggi l’Unesco tutela. È, insomma, una grande conquista di
questo tempo, un’immensa conquista, fondamentale. Senza tutto questo, quanti saperi,
quante arti, quante tradizioni andrebbero perdute… e allora ci vuole il massimo
impegno, per sostenere queste espressioni della storia dell’umanità,
diversissime da luogo a luogo, preziosissime.
Veniamo alla nostra Transumanza, allora. L’Unesco – e questo
vale per tutte le candidature – esige che le candidature dei beni proposti alla
sua attenzione per l’inserimento nella Lista, siano condivise dalle
popolazioni. È qualcosa di imprescindibile, la scelta deve venire “dal basso”.
In fondo, sono i popoli i veri detentori di questo patrimonio, è solo grazie ai
popoli che certe tradizioni sono giunte fino a noi. Vediamo allora come i
popoli hanno sostenuto questa candidatura della Transumanza a Patrimonio
Immateriale dell’Umanità dell’Unesco. Lasciando indietro le procedure, che poco
ci interessano in questa sede, vediamo piuttosto come le comunità si sono
occupate di sostenere la candidatura. Al Ministero delle Politiche Agricole,
Alimentari e Forestali giungono, nei primi mesi del 2018 (dunque quando il nostro
Ministero competente predisponeva la pratica di candidatura), una serie di
lettere a supporto. Scrivono in molti: l’Agenzia di Sviluppo Rurale Moligal di
Campobasso, le Masserie Colantuono di Frosolone in provincia di Isernia, i
Pastori Lombardi, l’Agrargemeinschaft Rofenberg e l’Alpinteressentschaft
Niedetal di Bolzano, l’Associazione Regionale Produttori Ovicaprini d’Abruzzo,
la Allevatori Società Cooperativa Anversana di Anversa degli Abruzzi, il
Consorzio di Tutela dei Prodotti Pastorali nei Parchi d’Abruzzo, l’Università
degli Studi del Molise, l’Associazione “I custodi del territorio”,
l’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia sezione Molise, l’Associazione
Turistica Pro Loco di Amatrice, l’Associazione Culturale “Ars est vita” di
Ceccano in provincia di Frosinone, la Kulturverein Schnals.
Com’è evidente, la spinta dal basso c’è, eccome. Abbiamo
raccontato su questo blog la vicenda esemplare di Amatrice: un territorio
distrutto dal sisma, che si attacca con le unghie a ciò che gli resta, le sue
tradizioni, ciò che ha di più prezioso. Una terra legata moltissimo al suo
patrimonio: quello materiale se l’è visto sbriciolare sotto gli occhi in una
notte. Gli resta quello immateriale, preziosissimo, e per quello Amatrice si è
mobilitata anche di recente con una bellissima manifestazione, dotandosi di un
convegno scientifico e di una serie di attività incentrate proprio sulla
Transumanza, per concludere una due giorni appassionante con la rievocazione
vera e propria di questa antica pratica, con le persone che hanno accompagnato
gli animali dallo stazzo fino alla città, dove poi si sono incamminate verso la
pianura, questa volta a bordo di un camion. Potrà sembrare strano, eppure
nell’epoca della globalizzazione, ad Amatrice ci sono ancora pastori transumanti,
che in estate portano su quei monti i loro animali e d’inverno li riportano ai
climi più caldi della campagna romana. Lo farebbero, se queste persone non
fossero ancora oggi legatissime a questa tradizione? Probabilmente no. E
allora, forza! Che la Transumanza diventi Patrimonio Immateriale dell’Umanità,
che l’Unesco restituisca a questi popoli ciò che la natura a volte matrigna ha
portato via alle loro vite. Una riflessione, questa, che vale anche per la
Perdonanza Celestiniana: L’Aquila come Amatrice, nel bene e nel male queste due
città sono sorelle per sempre. Speriamo lo siano anche nei festeggiamenti,
quando l’Unesco si sarà pronunciato.