24.2.21



 

Con il leghismo salviniano in crisi si avvera la profezia del Senatur

LA MARATONETA E IL CENTOMETRISTA



Quell’auspicio di La Russa, che poi ha preso corpo, sta dando i meritati frutti alla destra patriottica guidata da Giorgia Meloni

di Roberto Buonasorte 


Per molti, e anche per chi scrive, i proverbi hanno sempre rappresentato uno spunto per poi prendere le decisioni importanti, perché essi sono il frutto della saggezza popolare tramandata nel corso dei secoli di generazione in generazione.

i Nell’osservare la mutazione dei consensi nell’area della destra politica italiana (ma anche dei grillini) potremmo dire che Matteo Salvini ha voluto fare tutto di corsa, non tenendo conto che spesso la gatta frettolosa fa i gattini ciechi…

Tutt’altra storia quella che ha caratterizzato l’ascesa di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia che invece, con un cammino lento, coerente e coraggioso, vola nel consenso personale e anche nei sondaggi come partito; evidentemente la leader della destra italiana si è ispirata all’antico adagio secondo il quale chi va piano va sano e va lontano…

Sta tutta qua la differenza.

Eppure il Senatur (anch’egli è stato uno che è andato piano ed è arrivato lontano) aveva avvertito il giovane Salvini: “dove vai di corsa su e giù per l’Italia sperando di trasformare la Lega Nord in un movimento nazionale?”.

E ancora: “Noi siamo la Lega Nord, e siamo nati per difendere gli interessi della nostra gente! Gli altri invece - ammoniva l’anziano leader – come cambia il vento ti mollano”.

E così sta succedendo.

Era un fine settimana caldissimo quel 13 e 14 di luglio del 2013; La Destra si era data appuntamento ad Orvieto in un convegno per dibattere sul futuro della destra italiana.

Le ferite erano ancora fresche: qualche mese prima - alle elezioni politiche - La Destra era uscita a pezzi da quella competizione, e nonostante gli sforzi economici (ed organizzativi, riuscendo a raccogliere le firme e presentare le liste per Camera e Senato in tutta Italia, tranne che in una circoscrizione della Camera in Lombardia) il risultato fu ingiusto accreditandole un misero 0,6 per cento.

Fratelli d’Italia invece, che era nata da poche settimane, ottenne l’1,96 per cento eleggendo 9 Deputati e nessun Senatore.

Vani furono gli sforzi per tentare, e tentammo davvero (conservo un ricordo molto nitido di quella notte all’Hotel Nazionale in piazza di Monte Citorio con Storace, La Russa, Rampelli e Luca Sbardella) di trovare, in extremis, un’intesa per presentarci uniti a quella tornata elettorale.

Non fu possibile, e i fatti ci costrinsero a strade separate.

Tornando a quella calda domenica di luglio, dopo gli appelli all’unità a destra rivolti dal palco dai tanti oratori che si susseguirono, occhi ed orecchie erano in attesa dell’ospite più illustre: Ignazio La Russa, che di Fratelli d’Italia - assieme a Giorgia Meloni e Guido Crosetto - era stato tra i fondatori.

“Quella ferita - esordì La Russa con riferimento alla spaccatura di cui sopra – dovrà essere rimarginata, e noi lavoreremo per questo. Il nostro impegno sarà quello di riunire tutta la destra italiana, lentamente, senza lasciare nessuno indietro”.

Oggi, a distanza di otto anni da quelle elezioni, i fatti hanno dato ragione a La Russa: la Meloni non solo è riuscita a dare un tetto a quanti hanno avuto nel passato una comune militanza in An o nell’organizzazione giovanile, ma addirittura è stata capace di ampliare il perimetro di questa grande famiglia aprendola a molti che provenivano da esperienze diverse dalla nostra e dunque - anche attraverso la valorizzazione di una classe dirigente giovane e preparata - è riuscita nell’impresa di portare la destra a percentuali che mai aveva raggiunto nel corso della storia nell’Italia repubblicana.

Ora più che mai si tratta - a modesto parere di chi scrive - di continuare su questa strada, consapevoli che oggi il centrodestra è diviso per via delle diverse scelte fatte con l'avvento del governo Draghi, ma che domani tornerà unito.

Torneranno insieme - Meloni e Salvini - per il bene dell'Italia; con uno che corre, corre, corre, e vuole tutto e subito, l'altra che lentamente ed inesorabilmente costruisce la sua strategia per accrescere il consenso, piano piano.

La maratoneta e il centometrista...

 

 


19.2.21

 

Dai Consigli regionali al Senato e fino al Parlamento europeo continua l’esodo dalla Lega verso Fratelli d’Italia. E stanotte l’ultima adesione: Anche il Deputato Gianluca Vinci saluta

VALANGA TRICOLORE

Momento straordinario per il partito guidato da Giorgia Meloni che vede così premiato un atteggiamento coerente e coraggioso: mai col PD mai coi 5 Stelle si è sempre detto. Ora addirittura stanno pure con la Boldrini, no grazie

 

di Roberto Buonasorte


Il primo è stato Claudio Barbaro

Nel 2018, in occasione delle elezioni politiche, il Movimento Nazionale per la Sovranità guidato da Gianni Alemanno Francesco Storace e Roberto Menia, diede vita ad un’intesa con la Lega di Matteo Salvini, l’accordo prevedeva la candidatura di loro esponenti nelle liste del Carroccio. Da quella competizione elettorale risultò eletto solo Claudio Barbaro, per la precisione in Senato, circoscrizione Campania.

Qualche mese fa – ben prima della decisione della Lega di entrare nel governo con PD LEU e 5 Stelle – Barbaro ha lasciato Salvini e ha aderito al Gruppo di FDI a Palazzo Madama; Claudio è stato il primo di una lunga serie.

I malumori sui social

All’indomani della decisione di sostenere il Governo Draghi cominciano i malumori nella base leghista, tanto che la “La voce del Patriota” scorsa settimana ne dà conto con un pezzo dal titolo “Rivolta social nella base leghista: ha ragione la Meloni”.

“Votavo Lega, ora voterò la Meloni…”, è uno dei tanti commenti nei canali social salviniani.

“Lamorgese riconfermata, complimenti bel risultato. Godetevi la poltrona… il voto andrà d’ora in poi solo alla Meloni”.

Anche nei Consigli regionali qualcosa si muove

Non solo in Senato dunque, ma anche nei Consigli regionali si registrano passaggi dalla Lega verso Fratelli d’Italia; in Basilicata dopo l’adesione a FDI di due Consiglieri regionali (Piergiorgio Quarto e Vincenzo Baldassarre) anche Tommaso Coviello, addirittura Capogruppo della Lega in Regione ha annunciato l’adesione al partito della Meloni.

Ovviamente insieme a Coviello – così riportano le cronache lucane – un lungo elenco tra sindaci ed amministratori locali hanno abbracciato la stessa causa andando così ad ingrossare le fila di FDI.

Saluti anche da Strasburgo, l’annuncio dell’eurodeputato Vincenzo Sofo

“Effetto – Draghi sulla Lega: l’eurodeputato Sofo se ne va e aderisce ai Conservatori di Giorgia Meloni” così titolava Il Secolo d’Italia due giorni fa dando la notizia del passaggio di Sofo.

Legato sentimentalmente a Marion Maréchal Le Pen, il giovane Sofo è stato per anni un punto di riferimento molto importante per la Lega, soprattutto in Lombardia dove ha dato vita al think tank IlTalebano.com

Riferendosi alla Lega, dopo la “deriva neocentrista” – così scrive Sofo nella lettera d’addio – “sono tra i più convinti promotori di un’alleanza con FDI come alternativa al monopolio politico del centrismo”.

Parole e decisione accolte con soddisfazione dagli esponenti di Fratelli d’Italia, a cominciare da Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia – Ecr a Strasburgo che ha così commentato: “La sua adesione dimostra come il progetto politico dei Conservatori europei sia trainante ed aggregante. Un progetto rafforzato in questi giorni dalla posizione di coerenza di FdI sul piano nazionale nel dire “no” a governi innaturali come l’esecutivo Draghi”.

L’ultimo arrivo ieri sera

E’ di poche ore fa la notizia dell’ultimissimo addio a Matteo Salvini, si tratta del Deputato Gianluca Vinci.

Ieri sera, durante il voto di fiducia al Governo Draghi, il Deputato di Reggio Emilia – storico esponente leghista, nonostante la giovane età – ha votato contro e un minuto dopo ha annunciato di voler aderire al Gruppo parlamentare guidato da Francesco Lollobrigida.

Insomma una situazione in continuo movimento che però non deve assolutamente farci sentire appagati, anzi è proprio nei momenti di grande successo dove l’entusiasmo – giustamente - è a mille, che deve far stare tutti con i piedi per terra e non perdere mai di vista il punto da cui molti di noi son partiti.

Un punto di partenza fatto di sacrifici e dura militanza; e anche oggi, quando molti hanno giustamente raggiunto posizioni di grande prestigio, quello spirito deve rimanere sempre vivo.

 

13.2.21

ALMENO TACETE

 


di Roberto Buonasorte

Abbiate almeno la sensibilità di tacere, signori dell’informazione, cerchiobottisti di professione; pronti a tutto pur di sperare in qualche strapuntino.

Ricapitolando: la grande ammucchiata, che va da Giancarlo Giorgetti a Laura Boldrini – passando per Speranza, Boschi e Di Maio – dalla settimana prossima, una volta ottenuta la fiducia dalle Camere, governerà in nostro Paese per i prossimi due anni (forse).

Una maggioranza bulgara, almeno sulla carta, e che nei sogni del Presidente Mattarella e del Presidente Draghi ha l’obiettivo di tirar fuori dalle secche l’Italia, far ripartire l’economia, sconfiggere il virus. Bene.

Ora, a parte Silvio Berlusconi che sin dall’inizio ha tifato per la nascita di un governo con tutti dentro, e Giancarlo Giorgetti al quale va dato atto che è riuscito a portare tutta la Lega sulle sue posizioni, non si capisce per quale motivo un giorno si e l’altro pure Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia debbano essere attaccati quando sono gli unici a mantenere una posizione coerente (mai con il PD, mai con i 5 Stelle).

Ha rinunciato, la Meloni, a comode poltrone ministeriali, a posti di sottogoverno, a nomine importanti che da qui a poco verranno fatte, eppure l’attaccano.

La verità invece è un’altra: nell’Italia dei voltagabbana e dei politici che in una decina di anni han cambiato 6/7 partiti, non va giù che ci sia chi invece, pur di non tradire la parola data agli elettori, se ne resti all’opposizione e dunque vecchi politicanti e giornalisti servi dei loro editori, non avendo il coraggio di guardare dritto negli occhi gli esponenti di FDI, si arrampicano sugli specchi sparando cazzate incredibili pur di tentare di pulire la loro coscienza.

Poi c’è un secondo aspetto, ed è forse quello che i sopra citati soloni temono di più: la grande visibilità e dunque la crescita di consensi che la Meloni otterrebbe dalla sua posizione di unica oppositrice alla grande ammucchiata.

Dicono – dalle parti di Lega e Forza Italia – “il centrodestra sarà unito, sin dalle prossime amministrative”.

E’ vero, già dalle prossime elezioni di Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna ecc… probabilmente Meloni, Salvini e Berlusconi marceranno insieme ma – aggiungiamo noi – questo è dovuto anche per il fatto che alle amministrative vige un sistema elettorale maggioritario che impone le alleanze, e qui veniamo al vero nocciolo della questione.

Il Referendum confermativo sul taglio del numero dei parlamentari impone alcuni bilanciamenti e correttivi tra cui, insistono i compagni, una nuova legge elettorale di tipo proporzionale; ecco il punto.

Con una legge elettorale proporzionale prima prendi i voti e poi te li giochi a tuo piacere in Parlamento senza dover rendere conto a nessuno, e accadrebbe quello che è accaduto nelle ultime ore ossia tu mi voti per combattere la sinistra e poi io ci vado al governo insieme.

Cosa diversa è con il maggioritario, dove la sera delle elezioni si sa chi ha vinto e non viene tradita la volontà popolare; anche se qui abbiamo un esempio molto rappresentativo nel comportamento dei leghisti che nel 2018 hanno eletto i loro parlamentari anche con i voti degli elettori di Forza Italia e Fratelli d’Italia e poi sono andati al Governo con Di Maio Bonafede e Toninelli provocando dei danni che gli italiani dovranno subire per i prossimi dieci anni…

Già dalle prime mosse dunque – quando si inizierà a parlare di legge elettorale – si capirà dove vuol andare a parare la grande ammucchiata e soprattutto come si comporteranno Berlusconi e Salvini di fronte all’incubo del ritorno al proporzionale che in realtà ci farebbe tornare indietro di trent’anni.

Intanto mandiamo un caloroso “in bocca al lupo” a Giorgia Meloni e alla sua bella pattuglia parlamentare per la (lunga?) traversata nel deserto.

 

  

9.2.21

 

NO AI PROFESSIONISTI

DELLO ZIG ZAG

IN POLITICA SI SBATTE


di Roberto Buonasorte

 

Agli amici che sto continuando a contattare ogni giorno per convincerli a tornare in campo a sostegno di Giorgia Meloni e che mi chiedono cosa voglio fare in futuro, rispondo che non voglio nulla, non ambisco ad alcuna candidatura e che tutti insieme dobbiamo dare il nostro contributo nelle sfide che ci attendono nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

Dobbiamo dare una mano a rafforzare questa casa, che qualcuno voleva modificare nella struttura e persino negli arredamenti interni.

Il vecchio padrone di casa voleva coprire il tetto interno fatto con travi di autentico castagno con un controsoffitto grigio di cartongesso, sostituire preziosi quadri che raccontavano secoli di storia patria con bozzetti di satira progressista tanto cari ad una certa sinistra “benpensante”.

La Meloni quella casa, oggi più solida che mai, l’ha voluta rafforzare, renderla inclusiva; sta tutta qua la storia della destra politica italiana degli ultimi anni.

Certo, era partito con un modesto 1,7 per cento al momento della sua nascita, Fratelli d’Italia; molti sono stati i fattori che ne hanno rallentato la crescita, a partire dall’atteggiamento di molti ex.

Costoro non si capacitavano del fatto che una ragazza giovane e minuta potesse guidare una formazione che in precedenza aveva avuto leadership autorevoli e maschili.

Poi, l’atteggiamento di molti editori e poteri forti che pensavano – e pensano tutt’oggi – di poter governare e piegare la politica ai propri interessi economici.

Infine, i sabotatori, i professionisti dello zig zag.

Quest’ultimi sono i più pericolosi perché all’inizio si appalesano con sorprendente docilità ed educazione che però è solo una maschera che nasconde la loro bramosia di potere per il quale sarebbero disposti a tutto: zig zag ogni cinque minuti pur di raggiungere l’obiettivo.

Ma poi finisce che, come si dice a Roma, te sgamano, e allora la loro partita si chiude inesorabilmente.

La cosa che maggiormente sorprende (ma in fondo neppure tanto) è constatare che ad attaccare la Meloni per la sua scelta di rimanere fuori dalla grande ammucchiata, non sono i compagni bensì esponenti del centrodestra.

Evidentemente, non sapendo come giustificare il passaggio da sovranità monetaria al grido di “fuori dall’Europa!” allo “slurp slurp” umido e appiccicoso nei confronti dell’ex Presidente della Banca Centrale Europea non trovano di meglio che attaccare le scelte coerenti di Fratelli d’Italia.

Ma lei, ovviamente, tira dritto, anche perché non credo abbia bisogno di consigli da coloro che non ne azzeccano una ed insistono, con quel modo superbo e davvero fastidioso, pretendendo di dettare la linea.

Per finire: noi andiamo avanti a testa alta, accanto alla nostra leader e a sostegno della giovane e capace classe dirigente della quale si è voluta circondare, la coerenza ed il coraggio pagheranno senza dubbio.

A proposito, in Sicilia nelle ultime ore 400 nuovi sbarchi: neppure un lontanissimo gridolino di pretesta dalla nuova grande ammucchiata che sostiene Mario Draghi?

 

 

7.2.21

 

C'E' CHI DICE NO

 

di Roberto Buonasorte

Si sa, in politica poche volte prevale la coerenza, in fondo una poltrona vale più di mille promesse fatte e poi puntualmente non mantenute; la più clamorosa fu quella che portò Matteo Salvini – nel 2018 - ad allearsi con Di Maio accettando di affidare la Giustizia a Bonafede, le infrastrutture a Toninelli e farci ingoiare il reddito di cittadinanza. Il tutto dopo aver preso nei collegi uninominali i voti di Forza Italia e Fratelli d’Italia per eleggere i parlamentari leghisti e poi vendere quegli stessi voti a Conte, Di Maio e compagnia cantante.

Giusto per rimarcare i disastri combinati da questi “scienziati” che purtroppo ancora oggi stiamo pagando.

Le capriole di giornali e televisioni

Le cose che maggiormente stupiscono in questa fase della vita pubblica del Paese sono almeno due: l’impedimento di farci andare a libere elezioni al più presto e la folgorazione sulla via di Mario Draghi della quasi unanimità dell’informazione televisiva fino ad arrivare ai giornaloni e giornalini vari.

In modo a dir poco inusuale il signor presidente della Repubblica - con quel discorso che volutamente è stato definito “drammatico” -  ha fatto sapere agli italiani che mai li avrebbe fatti votare, dettando addirittura un’agenda immaginaria alla cui ultima voce (tempi per la formazione del nuovo Governo) ha detto che ci sarebbero voluti tre o quattro mesi, quando tutti sappiamo che in caso di voto - a differenza del 2018 -  dalle urne sarebbe uscito un centrodestra con numeri assolutamente maggioritari e dunque in grado di darci in poco tempo un governo coeso, forte, e soprattutto espressione della volontà popolare.

Ma tant’è…

Quella legge sul conflitto d'interesse mai varata

Il secondo spunto di riflessione lo vogliamo dedicare alla stragrande maggioranza di chi – in tv come attraverso i giornali – fa informazione.

Preso atto che in Italia non si è mai voluta fare una vera legge sul conflitto d’interesse, non scandalizza che parlamentari/editori (anche se formalmente non lo sono) come Berlusconi per quanto riguarda le televisioni e Angelucci per quanto concerne la carta stampata, essendo di Forza Italia, appoggino il governo Draghi; ciò che invece fa tremare i polsi è la disinvoltura con cui certi giornalisti, con sorprendente agilità, siano saltati sul carro guidato da Mario Draghi e che vede di nuovo insieme Matteo Salvini e Luigi Di Maio (arifacce…), Maurizio Gasparri e Laura Boldrini, Bagnai e Toninelli, Bonafede e Siri… .

In questa situazione, da alcune parti si contesta la scelta fatta da Giorgia Meloni nel non volere accordare la fiducia a Draghi preferendo rimanere all’opposizione.

Salvini e i suoi megafoni

Sbagliano Salvini e coloro che gli fanno da megafono nel definire la posizione della leader di Fratelli d’Italia opportunistica, e cerchiamo di dire anche perché: se la Meloni, come fa intendere Salvini, guadagnerà consensi, vorrà dire che sarà stata lei ad essere in sintonia con il popolo e non lui.

E’ curioso, inoltre, far passare da opportunista chi rinuncia alle poltrone; diciamo che nella politica italiana è uno dei pochissimi casi.

E deve essere messo a tacere anche chi fa terrorismo psicologico adombrando un possibile isolamento di Fratelli d’Italia facendo inopportuni accostamenti con il MSI.

Innanzitutto, e questo va sottolineato, a differenza dell’esperienza missina, Giorgia Meloni è Presidente dei Conservatori europei, dunque rappresenta la terza famiglia tra le formazioni che siedono a Bruxelles; secondo, a differenza dei tempi in cui vigeva il cosiddetto arco costituzionale che prevedeva una conventio ad exludendum con il Movimento sociale fuori da tutto, la Meloni è fuori dall’ammucchiata a sostegno di Draghi per sua scelta, non perché messa all’angolo dagli altri.

E’ stata coraggiosa e brava, Giorgia Meloni, e questo va affermato, se volete anche con un certo orgoglio, soprattutto per chi sta a destra, si definisce patriota, e in molti casi ha  militato in passato nella stessa formazione politica.

 Quella lettera dei 24…

Apprendiamo dalla rete – strumento formidabile per far arrivare in un batter d’occhio una notizia – che 24 ex parlamentari ed esponenti di Alleanza nazionale avrebbero inviato una lettera alla Meloni per invitarla a ripensare la sua posizione e ad appoggiare il governo Draghi.

Come quasi tutti gli ex, essi sono spesso animati da una depressione dovuta all'inesorabile tempo che scorre e dalla luce in fondo al tunnel che in realtà appare sempre più lontana e non viceversa.

Quell'appello appare dunque più una polpetta avvelenata per mettere in difficoltà Fratelli d'Italia, che animato da un sentimento finalizzato a dare un consiglio davvero spassionato; anche perché per chi conosce un po' della nostra storia basta scorrerli - quei nomi - per rendersi conto del perché di quella lettera.

E poi, anche se qualcuno se lo sono persino scordato, sono un po' pochini, 24, fra ex parlamentari ed esponenti di Alleanza nazionale, che negli anni ha avuto migliaia di figure di rilievo.




3.2.21

 

BYE BYE 

 


di Roberto Buonasorte

 

Lo confesso, ero tra quelli che pensavano che alla fine l’ennesimo compromesso lo avrebbero trovato - e come me tantissimi altri – tanto era forte la voglia di rimanere incollati alla poltrona.

Evidentemente nessuno aveva messo in conto la “variante Renzi”…

Li ha fregati tutti, il senatore di Rignano: prima lo ha fatto nascere – il Conte bis -  poi lo ha distrutto riducendolo ai minimi termini, esattamente come fece con il PD che pure lo aveva portato ad oltre il 40% dei consensi per poi farlo dimezzare nel giro di un anno.

Per non parlare di Italia Viva che nella sua testa voleva diventasse un partitone del 20% destinato, addirittura, a papparsi Forza Italia e invece non schioda dal 2%, Italia Vivacchia dovrebbero chiamarlo.

Da stamane dunque, dalla Farnesina a via Arenula, fino ad arrivare  a palazzo Chigi, si sloggia, e come sarebbe divertente osservare centinaia di percettori del reddito di cittadinanza – magari sotto la sapiente regia di alcuni Navigator – fare finalmente qualcosa di utile: aiutare gli ex ministri a fare gli scatoloni.

A casa dunque Giuseppi, Di Maio, Fraccaro, Bonafede, Azzolina, e con loro quel Rocco Casalino considerato da molti il vero colpevole di molti disastri.

Insieme agli odiatori sociali a cinque stelle - capaci unicamente di prendersela con chiunque abbia fatto politica prima del loro arrivo - perderanno la poltrona tutti gli altri, da Franceschini alla De Micheli, da Speranza a Gualtieri e con loro, nel tritacarne renziano, è finito pure Nicola Zingaretti ed il suo mentore dalle belle ambizioni Goffredo Bettini. Tutti a casa.

Nelle prossime ore si capirà innanzitutto se il governo Draghi decollerà e poi quale durata avrà e con quale maggioranza parlamentare; una cosa comunque è certa, può durare 4 mesi, un anno, o addirittura due, ma prima o poi al voto si tornerà, e siccome non potrà essere un governo tecnico a cambiare la legge elettorale, si andrà con l’attuale e per il centrodestra non potrà che essere un trionfo.

Intanto ci siamo liberati di questi incapaci e già è un primo passo, si tratterà solo di pazientare un po’.

Bye bye Di Maio, bye Bonafede, bye bye Fraccaro, a casa!

A Casa-lino.