25.9.21

 

Pericolo di grandi manovre in vista delle elezioni politiche del 2023, a cominciare dalla legge elettorale

Restano in campo tutti i “vecchi” democristiani, apparentemente scomparsi ma che in realtà, a ben vedere, occupano tutte le poltrone che contano, in Italia e in Europa

IL RITORNO

DELLA BALENA BIANCA


di Roberto Buonasorte


Si erano illusi, nei primi anni novanta, di poter traghettare anche la nostra Italia attraverso un sistema elettorale di tipo maggioritario, a vocazione bipolare “come accade in tutte le grandi democrazie occidentali”, ci sentivamo dire all'epoca un giorno sì e l’altro pure.

Per quasi un ventennio abbiamo assistito allo scontro Berlusconi-Prodi, che in effetti ha portato il Paese ad assumere una mentalità quasi anglosassone; bipolare appunto, maggioritaria, o di qua o di là…

Peccato però che noi eravamo (e siamo ancora) l’Italia e non il Regno Unito o gli Stati Uniti d’America.

La “grande illusione” è durata poco: nel centrodestra infatti abbiamo assistito alla caduta del primo governo Berlusconi per mano dell’alleato Bossi e successivamente a causa dell’escalation antiberlusconiana messa in campo dall’altro alleato Gianfranco Fini.

A sinistra non è andata meglio con i vari Bertinotti di turno, che di fatto hanno azzoppato in più occasioni l’ampia coalizione guidata da Romano Prodi.

Poi le molte modifiche alla legge elettorale: il “Porcellum”, l’”Italicum”, il “Rosatellum”, nessuna delle quali ha di fatto garantito stabilità.

Oggi, alla vigilia di una importante tornata elettorale, fissata salvo sorprese per la primavera del 2023, percepiamo nebbia fitta all'orizzonte: se rimane l’attuale sistema il centrodestra è destinato a stravincere travolgendo gli avversari in quasi tutti i collegi uninominali che poi, aggiungendo gli eletti nella quota proporzionale, gli darebbero, appunto, una maggioranza schiacciante.

I nostri avversari lo consentiranno oppure con un “colpo di coda” tenteranno di cambiare le regole del gioco con la speranza di continuare a rimanere al potere pur non vincendo elezioni dal lontano 2006? 

L’attuale assetto in Parlamento, con tutti i partiti in maggioranza e solo Fratelli d’Italia coerentemente all’opposizione, non fa sperare in nulla di buono; qualche ritocco alla legge elettorale tenteranno di farlo, pur di impedire ai sovranisti di arrivare a Palazzo Chigi, ma lì dovranno trovare un popolo assolutamente determinato affinché non si consumi un vero e proprio “colpo di stato”.

Analizzando la situazione attuale potremmo dire che c’è stato il ritorno della Balena bianca (quella che una volta riuniva le tante anime democristiane in un unico contenitore che poi si materializzava nella vita quotidiana in una sorta di partito-stato).

Fatti fuori i D’Alema, gli Zingaretti e i Bettini dai vertici del PD e reso sostanzialmente innocuo Pierluigi Bersani, a ben vedere, partendo dal presidente della Repubblica Mattarella arrivando al Presidente del Parlamento europeo David Sassoli, e passando per Enrico Letta, il Commissario europeo per affari economici Paolo Gentiloni, il Presidente del Consiglio Mario Draghi, il potentissimo Ministro Dario Franceschini, il frequentatore di Villa Nazareth, moroteo e devoto di Padre Pio, Giuseppe Conte, le sei/sette personalità più importanti ed influenti nel panorama politico italiano ed internazionale hanno tutte un forte legame con la vecchia Democrazia Cristiana.

Ovviamente non li ritroveremo candidati sotto lo stesso simbolo di partito né tantomeno rivedremo lo scudo crociato sulla scheda elettorale: essi sono più subdoli, mimetizzati, sparsi trasversalmente e in ogni latitudine; persino nella Lega (che tornerà ad essere "Nord")...

Tenteranno, lorsignori, di riconquistare la Regione Lazio (magari candidando David Sassoli, il cui mandato di Presidente del Parlamento europeo è in scadenza) o addirittura introducendo (a livello nazionale) un nuovo sistema elettorale simile a quello vigente per i Comuni sopra ai 15.000 abitanti, cioè a doppio turno.

In questo modo, e lo dimostra l’andamento storico delle elezioni comunali (a differenza del sistema a turno unico vigente nelle Regioni), il centrosinistra "alleato" dei 5Stelle nel  secondo turno riesce in molti casi a prevalere sul centrodestra ribaltando il risultato parziale del primo turno.

Il vero nodo, in conclusione, non è tanto chi andrà a sostituire (ammesso che ciò accada) Mattarella al Quirinale, né tantomeno il ruolo che avrà Mario Draghi nell’imminente futuro, quanto vedere quali saranno le regole con cui si giocherà la partita.

Se resterà l’attuale sistema elettorale non ce ne sarà per nessuno; il centrodestra unito si avvierà a trionfare in modo abbastanza scontato.

Se invece si inizierà, anche solo sottovoce, a parlare di modifiche alla legge elettorale, allora saranno dolori perché significherà che la vecchia “Balena bianca” si sarà messa in movimento e a quel punto sarebbe difficile fermarla.

A meno che il centrodestra non dimostrerà di essere davvero unito (nel Palazzo, ma anche nelle piazze), e a quel punto di fronte a mezzo Parlamento contrario sarà davvero difficile mettere in atto colpi di mano in “zona Cesarini”…

17.9.21

 

CI RI-VEDIAMO

A PIAZZA DEL POPOLO

 


di Roberto Buonasorte

 Pur in assenza di social una volta l’appuntamento era noto da tempo, una data cerchiata in bella evidenza nel calendario che solitamente era appeso in cucina;  vi era appuntata la scadenza della bolletta, la visita dal medico, e pure quel mitico venerdì.

E già, perché ogniqualvolta c’era una tornata elettorale (amministrativa o politica) il Segretario chiudeva la campagna il giovedì a Napoli a piazza del Plebiscito, e il venerdì, appunto, a Roma in piazza del Popolo.

La piazza già pullulava molte ore prima dell’evento, i primi ad arrivare erano “quelli di fuori Roma”, poi (li riconoscevi lontano un miglio) quelli con soprabito, giacca e cravatta, e l'immancabile borsa tenuta rigorosamente con la mano sinistra (la destra doveva essere libera per "salutare"...) era il ceto impiegatizio che usciva un po’ prima dall’ufficio per non perdere il comizio.

All’epoca c’erano le preferenze, e dunque i Deputati venivano scelti dai cittadini, e non dalle segreterie dei partiti, per questo c’era la corsa per accaparrarsi i posti migliori: non solo per erigere gli striscioni con su scritto a caratteri cubitali il nome di questo o quel candidato presente nelle liste del Movimento Sociale (che a Roma venivano chiamati anche del MIS) ma anche per piazzare i tavolinetti sui quali appoggiare i “santini” o le “manine” da distribuire ai convenuti, poi una infinità di giornalini d’area (spesso stampati in modo artigianale ricorrendo al ciclostile o alle prime fotocopiatrici in circolazione.

E, mentre la piazza era quasi piena, da lontano iniziavano a sentirsi i primi slogan gridati a squarciagola dai ragazzi del Fronte.

Essi giungevano da via Cola di Rienzo, da via del Corso, altri da piazzale Flaminio: tutte le sezioni storiche della Capitale erano mobilitate e con il loro arrivo si giungeva al culmine della gioia, della goliardia: la sana militanza giovanile spesso veniva accolta con fragorosi applausi dalla piazza trepidante.

Poi l’"Inno a Roma", il "Va’, pensiero", il Segretario, la voce che non c’è più, la serata in birreria... Domenica poi, di buon ora, tutti ai seggi a fare i rappresentanti di lista con il magnifico fazzoletto stretto intorno al braccio in attesa della fatidica apertura delle urne con la speranza di ottenere un decimale in più e poter leggere, sull’edizione del Secolo d’Italia,  il titolo d’apertura a tutta pagina: “VITTORIA DELLA DESTRA!”.

Si viveva per questo.

Oggi è tutto cambiato: l'annuncio avviene su Istagram o su Fb, il mezzo di comunicazione più diffuso è WhatsApp, gli eventi - anche a causa della pandemia - spesso si svolgono attraverso queste diaboliche piattaforme dai nomi inquietanti...

Fortunatamente però - almeno a destra - l'abitudine di conservare il rapporto umano, la sintonia con il territorio, la vocazione per la politica intesa con spirito di militanza da mettere al servizio della comunità, sono tratti distintivi che non sono mai venuti meno.

Per questo, quando mi capita di parlare ai più giovani dico loro di approfondire la storia della nostra parte politica; essa è costellata di pagine tragiche e pagine entusiasmanti, vittorie e sconfitte, momenti in cui sembrava finito tutto e un attimo dopo arrivava la rinascita...

Foto in bianco e nero e foto a colori.

Saranno pure cambiati i tempi e la modernità ha certamente preso il sopravvento: a piazza del Popolo, come è giusto che sia, non risuonerà più né il  Va', pensiero né  tantomeno l'Inno a Roma, sarà più facile ascoltare la voce di Battisti o persino quella di Vasco Rossi, le valigette saranno state sostituite dagli zainetti portati a spalla così entrambe le mani risulteranno libere (ovviamente per chattare).

Purtuttavia lo spirito del popolo di destra è sempre rimasto immutato: l'entusiasmo sempre alle stelle, l'attesa per il comizio del leader, che oggi si chiama Presidente e non più Segretario, è sempre emozionante, la crisi pandemica ci imporrà il distanziamento, il numero contingentato e di stare seduti su comode sedie, manco ci trovassimo in un concerto (anche se ormai la Meloni è l'unica "musica" per le orecchie degli italiani...). 

Per questo e tanto altro ancora sono convinto che la "nostra"  piazza del Popolo anche domani 18 settembre sarà piena come sempre, come merita la più bella tradizione della destra italiana.

Ci ri-vediamo a piazza del Popolo.


 

 

2.9.21

Il diplomatico, oggi ambasciatore d’Italia a Singapore, era stato duramente attaccato dalla stampa di sinistra dopo la sua ultima nomina

VATTANI OTTIENE GIUSTIZIA


Nella petizione va rimossa “fake news”, direttore di Next pagherà oltre 7 mila euro di spese processuali, lo ha stabilito il Tribunale di Genova

Tra i firmatari di quell’appello anche Montanari e Scanzi

 

di Roberto Buonasorte

 

Chi conosce Mario Vattani ne apprezza molte qualità: studente modello, docile, forbito nell’eloquio, molte lingue studiate e parlate alla perfezione, passioni per la musica, la pittura, la scrittura.

Carriera diplomatica da record; primo del suo concorso a soli 25 anni, a 29 è destinato a Washington, poi console al Cairo, funzionario dell’ambasciata italiana a Tokyo, a 45 anni è ministro plenipotenziario e console generale ad Osaka.

Oggi è ambasciatore d’Italia a Singapore.

Alcuni giornalisti, vuoi sotto forma di direttore responsabile di testata, vuoi (in modo furbesco ed ingannevole) con la qualifica di “direttore”, magari di un blog, pensano di avere una sorta di impunità per cui gli è consentito tutto.

Diffamare, creare ad arte macchine del fango, usare la rete per fare “marchette” o magari per “sdebitarsi” verso chi con te è stato generoso in passato, è divenuta purtroppo una consuetudine sempre più frequente.

Non è certo questo il caso di Next quotidiano e del suo direttore Lorenzo Tosa, giovane giornalista ligure in passato vicino ai 5Stelle, che però la condanna se l’è beccata ugualmente.

All’indomani della nomina di Mario Vattani ad ambasciatore d’Italia a Singapore, avvenuta a fine aprile di quest’anno, si è scatenato il solito putiferio:

dall’ANPI fino al Parlamento, attraverso una interrogazione firmata dal PD Morassut, tutti contro Mario Vattani per via delle sue simpatie giovanili verso la destra ed un brutto episodio relativo ad un’aggressione avvenuta a Roma nel lontano 1989 al cinema Capranica, accusa però infondata in quanto il neo ambasciatore fu assolto con formula piena “per non aver commesso il fatto”.

E qui entra in gioco Tosa con il suo Next quotidiano: nominato direttore appena tre mesi prima egli pensa bene di lanciare una petizione aperta su change.org per chiedere la revoca della nomina di Vattani reo di aver partecipato alla famosa aggressione del 1989, senza tenere conto invece dell’avvenuta assoluzione del diplomatico italiano, insomma una fake news.

Ovviamente tra i firmatari non potevano mancare Andrea Scanzi del Fatto Quotidiano e quel Tomaso Montanari, neo rettore dell’Università per stranieri di Siena, finito nella bufera in questi giorni per le vergognose dichiarazioni sulle foibe.

E’ stato paziente, Mario Vattani, si è rivolto alla giustizia e alla fine ha avuto ragione; Il Tribunale di Genova ha condannato Lorenzo Tosa a pagare oltre 7 mila euro di spese processuali, ordinato di rimuovere la fake news e corrispondere a Vattani 250 euro al giorno per ogni giorno successivo, dopo il quinto dalla notifica del provvedimento, finché la falsa notizia non verrà tolta dalla testata.

Confesso che ieri sera quando intorno alle 19.30, scorrendo le agenzie, ho letto il flash dell’Adnkronos ho provato un brivido: non solo perché conosco Mario Vattani per averlo frequentato per un certo periodo nel recente passato, ma perché ho pensato che comunque alla fine, in un modo o nell’altro, tutto torna e non bisogna mai fare di tutta un’erba un fascio, anche nell’ambito della giustizia che rimane sì uno degli argomenti più caldi (anche per via dei referendum che incombono) ma guai a cadere nel populismo più becero.

All’ambasciatore d’Italia a Singapore giungano le nostre felicitazioni e un sincero augurio di buon lavoro.