25.10.20

 

Il Tempio di Vesta,

storia di un restauro

 


Il Parco Archeologico del Colosseo in diretta sui social svela le tappe del prezioso lavoro che si svolge nel Foro Romano

di Anna Beatrice d'Assergi

Roma e le sue meraviglie costituiscono qualcosa di straordinario che è ogni giorno sotto i nostri occhi, sono presenti ovunque al punto che spesso nemmeno ce ne rendiamo conto, presi dal traffico cittadino e dai rumori che affliggono la Città Eterna. Tutti conosciamo l'esistenza del Foro Romano, ma quante volte ci siamo fermati ad osservarlo? Quante volte abbiamo sentito il bisogno di saperne di più?

 Roma è un patrimonio straordinario e mondiale, che appartiene all'umanità intera e che va valorizzato. Di tesori l'Italia ne ha tanti, "troppi" potremmo dire: così tanti che troppo spesso non si riesce a tutelarli e a valorizzarli a dovere. I fondi sono sempre insufficienti, c'è sempre qualcosa che "viene prima", che sembra essere "più urgente". E invece questa tutela, e questa valorizzazione, sono "urgentissime", perché queste meraviglie, se non saremo bravi a tenercele strette, nessuno potrà mai restituircele. Ecco perché è straordinariamente prezioso il lavoro che in questi anni sta facendo il Parco del Colosseo: negli ultimi mesi sono state tante le iniziative dedicate proprio alla salvaguardia del patrimonio storico artistico.

Oggi parliamo del restauro del Tempio di Vesta, ma potremmo citare molti interventi conservativi svoltisi negli ultimi mesi, tutti molto rilevanti, come il restauro dell'Arco di Tito, il cui ultimo intervento risaliva al 1930. O come i lavori previsti sull'Arco di Settimio Severo, risalente al 203 d.C., dello scorso aprile, già restaurato negli anni '80. O ancora come gli interventi alla Domus Tiberiana, che hanno visto la partecipazione degli studenti della scuola di specializzazione della Sapienza, o lo straordinario restauro della Dama di Cartagine, intervento delicatissimo portato a termine splendidamente dagli esperti. E vale la pena almeno accennare al lavoro dedicato al basamento della Colonna Traiana, gioiello dell'antichità inaugurato nel 113 d.C., con i suoi circa 40 metri di altezza e la meravigliosa decorazione a spirale che narra, scena per scena, l'impresa traianea in Dacia.

Qualche giorno fa è stata trasmessa in diretta sui social la seconda puntata della serie dedicata al restauro del Tempio di Vesta: basta cliccare sulla pagina Facebook del Parco del Colosseo per restare aggiornati sul prosieguo dei lavori, che vengono puntualmente spiegati a partire dai documenti che sono stati rinvenuti negli archivi, preziosissima fonte per capire l'evolversi delle vicende legate a questa struttura.

Intanto vale la pena capire dove siamo e cosa abbiamo di fronte: siamo nel Foro Romano, il Tempio di Vesta è riconoscibilissimo tra i ruderi che affollano il Foro per la sua forma circolare, di cui restano alcuni frammenti. Frammenti che hanno una lunga storia...

Ma cominciamo dall'inizio: il Tempio di Vesta ha, dicevamo, una forma circolare. Ricorda quella delle capanne che furono le prime abitazioni dei Romani, quando Roma era ancora solo un gruppo di villaggi rurali sul Palatino. Qui dove oggi vediamo le rovine del meraviglioso Foro Romano, a quel tempo - intorno all'VIII secolo a.C. - c'era solo terra acquitrinosa e il luogo era destinato alle sepolture. Solo in un momento successivo diventerà il luogo più importante di Roma, della Grande Roma: il Foro Romano. Il Tempio di Vesta era - ed è ancora - un sito ricco di significato: al suo interno ardeva il fuoco perenne, quello che doveva restare sempre acceso, a simboleggiare l'eternità di Roma immortale, e che era custodito dalle Vestali. Queste sacerdotesse godevano di grande prestigio, a loro erano riservati posti d'onore nelle evenienze pubbliche, ma avevano l'obbligo di restare vergini per trent'anni almeno, pena la morte. Vivevano nella Casa delle Vestali, adiacente al Tempio di Vesta, oggi riconoscibile per la presenza di vasche quadrangolari che originariamente erano posizionate al centro di un grande cortile colonnato. Nel Tempio, secondo la tradizione, era conservato il Palladio, il simulacro di Pallade Atena, portato da Enea nel suo mitico viaggio da Troia.

Ebbene questo luogo, così denso di significato, così altamente simbolico per Roma e per il paganesimo, per l'immortale storia di questa straordinaria città e di questa eterna cultura, viene oggi tutelato da un'equipe di esperti. Nel video in diretta dal Foro Romano tre giorni fa, la funzionaria archeologa Giulia Giovannetti e Simosthenis Kosmopoulos, archeologo e collaboratore del Parco, hanno trasmesso la seconda di queste puntate informative sul prosieguo dei lavori: la prima è andata in onda il 30 settembre scorso, non è una data casuale. Il 30 settembre del 1929, infatti, Alfonso Bartoli comunicava l'inizio dei lavori di ripristino dell'Aedes Vestae.

Questo preciso lavoro di informazione viene svolto attraverso il resoconto, tra l'altro, dei documenti rinvenuti negli archivi, che raccontano la storia del restauro di questo bene: nel 1930, in pieno regime fascista, lo stesso Alfonso Bartoli, direttore dell'Ufficio Scavi del Palatino e del Foro Romano, fu incaricato di ricostruire il Tempio: venne realizzato allo scopo un modello al vero in gesso, che fu poi smontato prima dell'intervento. Diverse le vicende che i resti di questo monumento possono raccontare: saranno spiegate strada facendo proprio dagli esperti impegnati nel lavoro di restauro, appunto con dirette periodiche dal Foro. Dunque, qui non anticiperemo altro e lasceremo solo un consiglio: seguite la pagina del Parco del Colosseo, per restare aggiornati. Ne vale certamente la pena. Il Parco Archeologico del Colosseo è diretto da Alfonsina Russo, la RUP del cantiere di restauro del Tempio di Vesta è la dott.ssa Federica Rinaldi. Buona visione.

 

15.10.20

 

Il Presidente dell’ASI, da poco riconfermato, approda al Gruppo misto del Senato

Con un occhio verso Fratelli d’Italia? E quanti saranno disposti a seguirlo? Balla la provincia di Latina?

LA LEGA PERDE PEZZI



Il Senatore Claudio Barbaro scende dal Carroccio: decisione sofferta, dice

Il ruolo di Alemanno nella sua elezione a Palazzo Madama, e poi i dissidi con Giorgetti, la mancata nomina a coordinatore del Dipartimento sport, la sintonia con Malagò

 

di Roberto Buonasorte

 

Claudio Barbaro è un amico.

La sua ossessione per cercare di aiutare il mondo dello sport la ricordo molto bene: sempre a caccia di risorse, soprattutto per quello dilettantistico, il più povero, tanto di cappello.

E poi le manifestazioni in onore del ”Giorno del ricordo” dedicato alle vittime delle foibe.

Proprio domenica scorsa è stato riconfermato Presidente dell’ASI (Associazioni sportive sociali italiane), la sua creatura, e ha fatto un certo effetto registrare gli interventi di tanti esponenti della destra - da Lollobrigida ad Alemanno – ma di nessun leghista.

Ieri poi l’annuncio: lascio al Lega, decisione sofferta... – battono le agenzie – e approda al misto, per ora…

Negli ultimi anni con Barbaro abbiamo fatto un tratto di strada insieme; con il Movimento Nazionale per la Sovranità per l’esattezza, poi la sua candidatura a Consigliere comunale di Roma nella Lista Storace a sostegno di Alfio Marchini. 

Alemanno e Storace nel 2018 strinsero un patto con Salvini ed alcuni esponenti del Movimento furono candidati nelle liste leghiste, fra questi proprio Barbaro, che poi risultò l’unico eletto, al Senato, nella Circoscrizione Campania.

Ma uno come Barbaro – cresciuto nel MSI, poi militato in AN, PDL e persino in Futuro e Libertà con Gianfranco Fini - che c’entrava con Salvini e quella sua Lega strillona, in molti casi superficiale?

Infatti, a partire dai dissidi con Giorgetti sui temi dello sport (i maligni dicono che ci sia di mezzo pure la mancata nomina a Responsabile del Dipartimento Sport del partito di via Bellerio), sul ruolo del CONI e quella sintonia con Giovanni Malagò, lo portano ad essere sempre più insofferente, fino alla decisione di ieri.

I suoi fedelissimi (oggi ancora in Lega) giurano fedeltà al Capitano, anche se tutte le indiscrezioni lasciano pensare il contrario…

Ad apparire più preoccupata sembra essere quella Lega che nel sud del Lazio (feudo della coppia Zicchieri - Durigon) ha subito una delle sconfitte che più bruciano: a Terracina dove Procaccini contro tutti ha avuto la meglio, e a Fondi dove Claudio Fazzone (futuro leader leghista in terra pontina?) ha umiliato i seguaci di Salvini che hanno ottenuto un ridicolo due per cento, facendo registrare il peggiore risultato d’Italia!

Si dice che Barbaro sia solo l’inizio, e che la partecipazione non proprio entusiasmante dei leghisti alle ultime riunioni romane, siano solo l’antipasto di ciò che accadrà di qui a poco, a cominciare proprio dalla provincia di Latina e che poi, percorrendo la strada statale Pontina, potrebbe arrivare dritto dritto sino al cuore della Pisana.

Sarebbe solo questione di tempo…

11.10.20

NON  È GILETTI




di Roberto Buonasorte

Venti giorni fa lo davano quasi certo candidato sindaco di Torino (sua città natale) per il centrodestra, da qualche giorno per quello di Roma; una specie di Stefano Parisi: un candidato buono per tutte le stagioni perdente sia a Milano che nel Lazio.

Egli è Massimo Giletti, da qualche tempo sotto scorta per via di alcune minacce ricevute dai boss della mafia a seguito di inchieste sugli stessi.

Bravo giornalista, Massimo Giletti, senza dubbio; anche molto abile aggiungiamo noi.

Approdato in Rai giovanissimo, diviene molto amico di Fabrizio Del Noce, fa tutta la trafila per poi giungere a condurre trasmissioni di successo, i maligni gli attribuiscono anche una storia con l’affascinante eurodeputata del PD Alessandra Moretti.

Da qualche anno – dopo aver rotto con la Rai dove conduceva “L’ARENA” - approda alla corte di Urbano Cairo su La7 per condurre NON È L’ARENA”.

Avrebbe potuto fare l’industriale, Giletti, ed occuparsi della florida azienda paterna e fare la vita da ricco – si dice che la famiglia viva addirittura in un castello – e invece no; la passione per il giornalismo lo porta altrove.

Pur di fare audience è disposto a tutto, usa magistralmente la telecamera, gli va incontro battendo gli occhi - una sorta di Gianfranco Funari in chiave moderna – che è sempre molto efficace e se vogliamo anche un po' chic...

Da una cultura che si potrebbe definire liberale, negli anni del craxismo rampante si avvicina a quella socialista affiancando Giovanni Minoli a "Mixer", ma quando prende piede il Movimento 5Stelle Giletti diventa populista e giustizialista, una specie di Marco Travaglio della televisione...

Oggi che i seguaci di Grillo e Di Maio sembrano caduti in disgrazia, il nostro si è spostato su Salvini il quale però, a sua volta, sta meditando di mollare la Le Pen per virare - come ha detto lui stesso qualche giorno fa - verso un approdo di tipo liberale.

Ora qualcuno, tornando alle imminenti comunali di Roma, dovrebbe spiegare cosa c'entra l'idea di proporre Sindaco di Roma il neo populista-giustizialista Giletti con la rivoluzione liberale invocata dal "Capitano", come ha bene ricordato qualche giorno fa lo storico esponente socialista Donato Robilotta.

Non abbiamo bisogno di prestati alla politica: i danni o l'inefficienza di ex imprenditori, ex attori, ex calciatori, ex pornostar, ex giornalisti, ex sindacalisti/e li abbiamo visti e in alcuni casi anche toccati con mano. 

Per chi ancora crede nella buona politica, stia meno sulla rete, dietro i guru dei sondaggi, e un po' più tra le persone; partiti e movimenti che possono vantare una buona classe dirigente giovane e fresca presente sui territori, la valorizzi, la faccia crescere e i buoni risultati arriveranno, sia per Roma che per il Lazio. La politica non deve vergognarsi di se stessa anzi, proprio facendo tesoro degli errori del passato, deve ripartire da lì: dai Municipi, dai Consiglieri di Roma Capitale, da quelli regionali.

Così come non rimpiangiamo i giornalisti prestati alla politica tipo Michelini, Badaloni o Marrazzo, diciamo con chiarezza che il candidato per Roma "NON È GILETTI", continui a condurre "NON È  L'ARENA", gli si addice molto meglio.



 

 

7.10.20

 

Ci si prepari, tra pochissimi mesi probabilmente si voterà per il nuovo inquilino di via Cristoforo Colombo, poi a giugno per il Comune

ZINGA MOLLA LA REGIONE?



Pronto l’accordo PD-5Stelle, e con la probabile condanna della Raggi verrà meno l’ultimo ostacolo

Roberta Lombardi, o la Taverna, candidata Governatore e G. B. Sindaco?


di Roberto Buonasorte


L’uomo è quello che è, lo conosciamo.

A Nicola Zingaretti hanno affibbiato un sacco di soprannomi, ma quello che meglio di ogni altro probabilmente rispecchia il personaggio è “er saponetta”.

Coniato per via di quella dote più unica che rara di sfuggire di fronte alle difficoltà, inabissarsi appena scoppia una grana che lo sfiora, marcare visita un minuto dopo che qualcuno gli sussurra un inizio di indagine, Nicola è sempre al posto giusto nel momento giusto.

E soprattutto non si sbilancia mai.

Ogni sua dichiarazione è ponderata, e rilasciata solo dopo che sono stati fugati i mille dubbi, i pro ed i contro, per questo l’uscita di ieri pomeriggio ha lasciato tutti di stucco.

"Avverto fatica per il doppio ruolo di Governatore e leader del partito" – ha fatto sapere Zingaretti – "nelle prossime settimane" ha concluso in modo sibillino, "vedremo e discuteremo su come andare avanti"… .

Tradotto, uno dei due incarichi vorrei lasciarlo, e siccome appare altamente improbabile che si possa dimettere da Segretario del PD, è chiaro che intende mollare la poltrona di Presidente di regione.

In politica, si sa, nessuno ti regala niente, se poi l’avversario è un compagno allora scordati che possa cederti un solo millimetro di terreno; appare evidente dunque che quella vecchia canaglia di Zingaretti ha stretto un patto per andare insieme ai 5 Stelle sia in Regione che al Comune: un pentastellato (pentastellata) in via Cristoforo Colombo, un PD in Campidoglio.

Con l’ostacolo Raggi, però, che non intende mollare; a meno che non arriva la condanna nell’imminente pronuncia che da qui a qualche settimana arriverà e a quel punto potrebbe realizzarsi il sogno di Roberta Lombardi (o in alternativa Paola Taverna) di candidarsi a Presidente per cedere la candidatura a Sindaco ad un uomo forte del PD che dopo le rinunzie di Gualtieri, Sassoli ed Enrico Letta, di fronte ai quattro cinque litiganti attuali, potrebbe arrivare lui a mettere tutti d’accordo: Goffredo Bettini, con il placet – persino – di Matteo Renzi di cui (a differenza di Zingaretti che era schierato per Bersani) fu uno dei maggiori sponsor del bullo fiorentino.

Fantapolitica? Materiale per retroscenisti incalliti? non sappiamo.

Sappiamo invece che il colpo di scena potrebbe arrivare inaspettato in ogni momento, ed è per questo che occorre tenersi pronti, tutti, nessuno escluso, perché si tratta di una battaglia durissima e di fronte, come detto, abbiamo i compagni, che non ti cedono neppure un millimetro.

Emiliano e De Luca insegnano...