19.1.21

 SENZA PAROLE





di Roberto Buonasorte

In fondo le è bastato togliere lo spazio tra “Con” e “te” - che era lo slogan della campagna elettorale che nel 2010 la vide eletta alla presidenza della Regione Lazio - e il gioco è fatto;

Da ieri il suo nuovo slogan è “Conte”.

E sì perché la sora Renata ne ha fatta un’altra delle sue: questa volta votando addirittura la fiducia al Presidente Giuseppe Conte.

La cosa che più fa andare in collera, considerando che proviene dal mondo del sindacato, è che la fiducia l’ha data al Governo che più di ogni altro  ha massacrato proprio quel mondo del lavoro che invece avrebbe dovuto difendere attaccando a testa bassa l’esecutivo rosso giallo.

All’inizio riuscì, Renata Polverini - e questo va scritto per onestà intellettuale – a suscitare in molti di noi eletti in Consiglio regionale anche qualche ammirazione: quel modo gagliardo di affrontare i compagni in aula con grande determinazione e coraggio ci faceva sentire in qualche modo orgogliosi, avevamo un Presidente che non te lo mandava a dire, anzi…

Certo ha avuto molti eccessi la Polverini; indimenticabile quel comizio in piazza a Genzano quando attaccò alcuni contestatori definendoli “zecche” tra l’imbarazzo di metà giunta regionale che la circondava, e il suo assessore ai Trasporti, Francesco Lollobrigida che addirittura, e molto saggiamente, lasciò il palco e se ne andò: fu l’unico.

Trasferì mezza UGL nei posti chiave di via Cristoforo Colombo: Segretario generale della Giunta nominò il sindacalista campano Salvatore Ronghi, capo di gabinetto il fedelissimo Pietro Giovanni Zoroddu, l’assessorato più strategico, quello al Bilancio, alla persona forse a lei più cara, Stefano Cetica.

L’assessorato al lavoro, invece, lo affidò a una donna, Mariella Zezza, che nella vita di tutto si era occupata tranne che di politiche del lavoro essendo stata giornalista e addirittura ambasciatrice del Telefono Rosa, forse è per questo che le impose, quale Capo segreteria, un altro suo fedelissimo sindacalista: è in quel momento che per la prima volta si materializzò avanti a me la sagoma di Claudio Durigon.

La Legislatura tutti sappiamo come è finita, ma non era finita lei, infatti grazie al duo Angelucci - Verdini  (si dice siano stati loro i suoi due grandi sponsor) Silvio Berlusconi la impone nella lista del PDL facendola diventare Deputato.

Praticamente, chi l'aveva sostenuta con coraggio va a casa e lei in Parlamento...

Alle regionali del 2013 i centristi di Pier Ferdinando Casini, insieme a Mario Monti e Gianfranco Fini, candidarono alla presidenza Giulia Bongiorno, azzerando così le residue speranze per un centrodestra uscito lacerato dalla vicenda Fiorito e spianando, di fatto, la strada a Nicola Zingaretti.

Deve essere stato un colpo durissimo per la Polverini, nel 2018, vedere la stessa Bongiorno diventare ministro in quota Lega, e un suo ex collaboratore, Claudio Durigon, persino Sottosegretario di Stato, anch’egli nel frattempo folgorato dal Capitano: Dalla Pontina a Pontida, potremmo dire…

Con Forza Italia in caduta libera, Verdini in galera, gli Angelucci sotto attacco dei compagni per via delle sue attività nel campo della sanità e dell’editoria, la Polverini ormai è senza più protezioni e dunque, come nella migliore tradizione del sindacalista con il pelo sullo stomaco, ha aspettato il momento giusto per assestare il colpo decisivo; e quale occasione migliore se non quella di ieri?

E’ passata dall’altra parte pur essendo stata eletta da quelli di questa parte, un po' come Renzi, che insieme a quelli di Italia Viva, è stato votato dagli elettori del PD, e ora fa la guerra al PD.

Insomma un gran casino, o meglio un vero e proprio mercato delle vacche, che speriamo finisca presto e dunque si possa tornare al voto per dare finalmente agli italiani un governo di centrodestra che possa affrontare la crisi sanitaria ed economica con grande coraggio, e non facendo marchette ogni giorno pur di rimanere incollati alla poltrona.

Previsione finale: nel rimpasto di governo (se Conte resterà in sella) potrebbero portare la Serracchiani al governo e al suo posto, quale Presidente della Commissione Lavoro di Montecitorio, potrebbe arrivare un’altra donna, indovinate chi potrebbe essere?

‘sti sindacalisti…


16.1.21

 Il ricordo

 La scomparsa di Romano Misserville


di Biagio Cacciola


Romano Misserville è stato un umanista con la passione per l'avvocatura e la politica. Laureato prestissimo, con una palestra liceale come il Tulliano di Arpino, dove anche senza il lockdown di oggi, i ragazzi non avevano macchina ed erano convittori con orari severi. Fu lì che imparò la passione per i classici che mandava a memoria. Come la divina commedia che, anche da ottantenne, ricordava perfettamente. Da lì la laurea in legge ottenuta con il massimo dei voti. L’estate in Germania a lavorare come muratore con il fratello Natalino, che anticipava il concetto di vacanza lavoro. E subito il praticantato in uno studio prestigioso di Napoli, quello dell'avv. Alfredo de Marsico, già deputato monarchico e fine giurista, uno dei protagonisti del voto contro Mussolini il 25 luglio del 43. A Napoli la passione per lo scrivere lo portò a fare l'esperienza nel quotidiano il “Roma”. Il ritorno in Ciociaria fu quello di un giovane appassionato all'arte e alla professione. E che trasportò tutto questo in politica aderendo al movimento monarchico, poi iniziando la stagione del msi . Il tutto sempre cercando, fortemente, il legame con le persone semplici. Quelle che apprezzavano oltre le sue capacità enormi di avvocato, anche la sua umiltà e generosità. Perché  Romano era un personaggio che instaurava amicizie vere , come da sindaco di Filettino invitando non tanto i colleghi, ma i commessi alle manifestazioni che organizzava nel paese dei Simbruini più alto nel Lazio.  Anche da consigliere provinciale, in numerosi paesi cercò di mettere a disposizione del bene comune la sua preparazione. Mai fazioso, mai piagnucoloso, dimostrò che anche dall'opposizione, allora, si poteva portare il proprio contributo. Invitava a casa mezzo consiglio provinciale con cui discuteva di tutto, sempre serbando amicizia e affetto per coloro che rivestivano una casacca diversa dalla sua. Fu così che arrivò ad essere parlamentare per venti anni, diventando Presidente vicario del Senato e portando i suoi contributi alla terra che amava tanto. Come il completamento del palazzo di Giustizia a Frosinone. Amante dei gesti simbolici, regalò un piccone a Cossiga nella sua visita a Casamari. Lo intrigavano le persone intelligenti, per questo era amico di Giulio Andreotti, con il quale condivideva la passione per i cavalli e con lo stesso Cossiga, tanto da aderire con entusiasmo all'Unione democratica per la Repubblica nel 98. In un momento in cui la An di allora era diventata una sorta di cerchio magico  attorno a Gianfranco Fini. Per questo era un uomo libero con una forte educazione cattolica che non sconfinava in nessun fanatismo e chi gli faceva apprezzare, volterrianamente, anche chi era agnostico. Per questo la politica era per lui un esercizio d'indipendenza e coraggio. E' stato un esempio di libertà per tutti, per gli elettori, gli avversari, la sua famiglia. Lo ricorderemo come eccezione ad ogni conformismo .

15.1.21

 



Gruppo renziano in bilico al Senato, ed è fuga anche tra i Consiglieri regionali

BULLIZZATO

Renzi, a furia di rilanciare continuamente, al pari dei pokeristi più accaniti, andrà a sbattere, trascinando nel baratro tutti quelli che lo hanno seguito. Nelle prossime ore si disintegreranno i Gruppi di Italia Viva, a livello nazionale come pure nelle Regioni. Ovviamente

 

di Roberto Buonasorte

 

Parliamoci chiaro, chi ha seguito Matteo Renzi in Italia Viva - al netto dei componenti del “giglio magico”, storicamente affezionati al bullo di Rignano sull'Arno - lo ha fatto unicamente per motivi di opportunismo, non essendo gran parte di loro animati da spirito di servizio, principi di coerenza, altruismo da mettere a disposizione del prossimo.

Quasi tutti erano “finiti”, seconde o terze file del PD, oppure uomini e donne che nei rispettivi partiti di provenienza erano stati messi all’angolo, fino ad arrivare a personaggi senza scrupoli che pensavano di aver fiutato il giusto “taxi” per tentare di rimanere a galla e continuare a comandarsela.

In realtà la crisi aperta da Renzi andrà a rafforzare il centrosinistra.

Peggio dei comunisti, dicevano un tempo quelli che se ne intendevano di politica, ci sono solo i cattocomunisti, e infatti con la sapiente e spregiudicata regia del Ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, si è fatto fuori prima Matteo Salvini, nel 2019, e Matteo Renzi oggi, anche se entrambi - diciamocelo - ci hanno messo del loro.

Ieri, in tarda, serata Gian Marco Centinaio ha fatto sapere che ci sarebbe una pattuglia di senatori grillini pronti a passare con la Lega, “bene!”, aggiungiamo noi, “magari!”.

D'altra parte, sempre per chiarezza ed onestà intellettuale, va detto che se Conte martedì va in aula a cercare i voti necessari per continuare a governare, non ci sarebbe alcuno scandalo; in fondo era la stessa cosa che chiedeva Salvini al Quirinale, esattamente il 3 maggio del 2018, testuale: " A me l'incarico, cercherò i voti in aula".

Intanto però il Senatore Nencini - tanto per far capire il clima che c'è da quelle parti -socialista che aveva consentito con l’utilizzo del suo simbolo di far nascere il Gruppo di Italia Viva a Palazzo Madama, ha abbandonato Renzi per approdare tra i “responsabili”, anche se - fa trapelare - non toglierà per ora il simbolo a Renzi, in fondo, riferisce in modo sibillino, "ci sono ancora tre giorni per tentare di ricucire".

E c’è chi giura che al Nazzareno ci sarebbe la fila per rientrare nel PD, soprattutto in vista di eventuali elezioni anticipate: infatti, buttando fuori dalla coalizione Renzi, Italia Viva non eleggerebbe né Deputati né Senatori; tutti a casa, ecco perché il fuggi fuggi.

Anche nelle Regioni Renzi non sarebbe messo bene, soprattutto in quelle prossime al voto o in quelle che ci andrebbero in caso di elezioni politiche anticipate: qui i furbetti o fanno l’ennesima capriola oppure dovranno cercarsi un lavoro di lì a breve breve.

Per una questione di stile, per non volere provocare mal di stomaco al cortese lettore - e anche per il fatto di essere stato consigliere regionale nel Lazio - evito di scrivere su manovre e retroscena in atto anche alla Pisana….

Dunque martedì, come abbiamo appreso a tarda notte, alle ore 9.30 “Giuseppi” – dopo aver riferito il giorno prima alla Camera, parlerà in Senato ove – come è noto – i numeri ballano e sarà qui che si giocherà la partita decisiva.

Volendo noi fare analisi e non proclami, ci permettiamo – anche se non ce lo auguriamo – di prevedere che alla fine tra “responsabili” e parlamentari renziani che molleranno il loro capo (come è giusto che sia) per tornare alla corte di Zingaretti e Franceschini, non ci sarà né il ribaltone né tantomeno il voto anticipato.

A chi ha giovato dunque tutto questo baccano, Senatore Renzi?

Alla fine quello che era il bullo, è stato bullizzato, a meno che Nencini alla fine non avrà ragione, in fondo ci sono ancora tre giorni...

  

 

 

8.1.21

 

LA FINE DELL’ANTIPOLITICA

ERA ORA!

 

di Roberto Buonasorte

Si stava meglio quando si stava peggio, potremmo dire oggi più che mai prendendo in prestito un vecchio detto pur sempre attuale.

L’Italia, come è noto, è il Paese dei furbetti, e dunque con il mutare delle abitudini, degli andamenti dell’economia e di conseguenza delle dinamiche politiche, il nostro popolo si adegua sempre, in quanto disposto – a secondo delle convenienze – a farsi concavo o convesso.

La tanto odiata Prima Repubblica, è vero che ha prodotto un debito pubblico significativo, ma è pur vero che ha contribuito a diffondere un benessere di cui gli italiani hanno potuto godere per un lungo periodo di tempo.

Oggi dopo anni di sacrifici e politiche restrittive, non solo una sempre più vasta fascia di popolazione è più povera che mai, ma l’andamento del debito pubblico ha raggiunto livelli che soltanto durante la terribile crisi del 1919 aveva conosciuto.

Con il mutare dei costumi, come si diceva in precedenza, mutano anche gli orientamenti politici, e con la scomparsa dei partiti tradizionali ci si è affidati – di volta in volta – all’uomo della provvidenza di turno.

Dal 1992 ad oggi mai più un politico vero (se si esclude la parentesi Renzi) ha varcato il portone di Palazzo Chigi, e infatti i risultati si vedono…

Iniziò la magistratura a picconare la politica, che di fatto spianò la strada verso Chigi al ricco imprenditore venuto dal nord di nome Silvio Berlusconi; dopo il Cavaliere  l’ex Direttore generale del Tesoro Lamberto Dini, per ben due volte il Professore Romano Prodi e il mai molto amato Mario Monti.

Con i partiti ridotti sempre più ad un ruolo marginale dunque – anche a causa di una certa propaganda colpevolmente alimentata anche dalle televisioni di Berlusconi – il popolo si orientava sempre più verso quell’antipolitica qualunquista che ha trovato il suo culmine di consenso nell’esplosione di voti dati a Grillo e ai Cinque Stelle.

Applausi…

Altra conseguenza quella di consacrare, nel 2018, un secondo fenomeno: Matteo Salvini.

Cresciuto a pane e politica da quando aveva i calzoni corti, il segretario della Lega Nord è il capo del partito più vecchio tra quelli che siedono in Parlamento.

Egli, attraverso una propaganda politica oggettivamente molto superficiale ma emotivamente forte ed efficace, porta il suo partito – insieme a quello di Di Maio – al governo nazionale, e anch'esso guidato dall’ennesimo uomo della società civile; quell’avvocato del popolo che tutti abbiamo potuto conoscere i cui disastri sono sotto gli occhi di tutti.

E i grillini, che intanto sono diventati dei professionisti della politica, senza però essere professionali come quelli che c’erano prima – con una doppia capriola hanno cambiato alleato dal giorno alla notte scaricando la Lega ed imbarcando l’odiato PD e il disprezzato Matteo Renzi.

Ancora pochi mesi – ci auguriamo – e questi cialtroni travestiti da innovatori e moralizzatori li manderemo a casa.

Chi invece avrà responsabilità di governo in futuro – con molta probabilità uomini e donne del centrodestra – tragga insegnamento da quanto accaduto negli ultimi venti anni e non commetta gli stessi errori.

Non figuro tra i 13 milioni di italiani che “fanno uso” di Twitter e di ciò sono molto orgoglioso, vivo bene e non ho bisogno di “cinguettare” e sintetizzare in un massimo di 280 battute il mio pensiero.

Preferisco informarmi a fondo prima di parlare, documentarmi prima di scrivere e rileggere almeno due volte prima di pubblicare.

Ci auguriamo che gli uomini e le donne che nel prossimo futuro ci rappresenteranno nei luoghi più prestigiosi delle Istituzioni nazionali ed internazionali si riapproprino dell’arte oratoria intesa nel senso più nobile della parola, vadano fieri di essere anche onesti oltre che bravi politici, pensino al bene comune e non solo a quello di parte, siano protagonisti della fine della perenne contrapposizione, consacrino il definitivo tramonto dell'antipolitica.

Che non è servita proprio a nulla!