25.9.21

 

Pericolo di grandi manovre in vista delle elezioni politiche del 2023, a cominciare dalla legge elettorale

Restano in campo tutti i “vecchi” democristiani, apparentemente scomparsi ma che in realtà, a ben vedere, occupano tutte le poltrone che contano, in Italia e in Europa

IL RITORNO

DELLA BALENA BIANCA


di Roberto Buonasorte


Si erano illusi, nei primi anni novanta, di poter traghettare anche la nostra Italia attraverso un sistema elettorale di tipo maggioritario, a vocazione bipolare “come accade in tutte le grandi democrazie occidentali”, ci sentivamo dire all'epoca un giorno sì e l’altro pure.

Per quasi un ventennio abbiamo assistito allo scontro Berlusconi-Prodi, che in effetti ha portato il Paese ad assumere una mentalità quasi anglosassone; bipolare appunto, maggioritaria, o di qua o di là…

Peccato però che noi eravamo (e siamo ancora) l’Italia e non il Regno Unito o gli Stati Uniti d’America.

La “grande illusione” è durata poco: nel centrodestra infatti abbiamo assistito alla caduta del primo governo Berlusconi per mano dell’alleato Bossi e successivamente a causa dell’escalation antiberlusconiana messa in campo dall’altro alleato Gianfranco Fini.

A sinistra non è andata meglio con i vari Bertinotti di turno, che di fatto hanno azzoppato in più occasioni l’ampia coalizione guidata da Romano Prodi.

Poi le molte modifiche alla legge elettorale: il “Porcellum”, l’”Italicum”, il “Rosatellum”, nessuna delle quali ha di fatto garantito stabilità.

Oggi, alla vigilia di una importante tornata elettorale, fissata salvo sorprese per la primavera del 2023, percepiamo nebbia fitta all'orizzonte: se rimane l’attuale sistema il centrodestra è destinato a stravincere travolgendo gli avversari in quasi tutti i collegi uninominali che poi, aggiungendo gli eletti nella quota proporzionale, gli darebbero, appunto, una maggioranza schiacciante.

I nostri avversari lo consentiranno oppure con un “colpo di coda” tenteranno di cambiare le regole del gioco con la speranza di continuare a rimanere al potere pur non vincendo elezioni dal lontano 2006? 

L’attuale assetto in Parlamento, con tutti i partiti in maggioranza e solo Fratelli d’Italia coerentemente all’opposizione, non fa sperare in nulla di buono; qualche ritocco alla legge elettorale tenteranno di farlo, pur di impedire ai sovranisti di arrivare a Palazzo Chigi, ma lì dovranno trovare un popolo assolutamente determinato affinché non si consumi un vero e proprio “colpo di stato”.

Analizzando la situazione attuale potremmo dire che c’è stato il ritorno della Balena bianca (quella che una volta riuniva le tante anime democristiane in un unico contenitore che poi si materializzava nella vita quotidiana in una sorta di partito-stato).

Fatti fuori i D’Alema, gli Zingaretti e i Bettini dai vertici del PD e reso sostanzialmente innocuo Pierluigi Bersani, a ben vedere, partendo dal presidente della Repubblica Mattarella arrivando al Presidente del Parlamento europeo David Sassoli, e passando per Enrico Letta, il Commissario europeo per affari economici Paolo Gentiloni, il Presidente del Consiglio Mario Draghi, il potentissimo Ministro Dario Franceschini, il frequentatore di Villa Nazareth, moroteo e devoto di Padre Pio, Giuseppe Conte, le sei/sette personalità più importanti ed influenti nel panorama politico italiano ed internazionale hanno tutte un forte legame con la vecchia Democrazia Cristiana.

Ovviamente non li ritroveremo candidati sotto lo stesso simbolo di partito né tantomeno rivedremo lo scudo crociato sulla scheda elettorale: essi sono più subdoli, mimetizzati, sparsi trasversalmente e in ogni latitudine; persino nella Lega (che tornerà ad essere "Nord")...

Tenteranno, lorsignori, di riconquistare la Regione Lazio (magari candidando David Sassoli, il cui mandato di Presidente del Parlamento europeo è in scadenza) o addirittura introducendo (a livello nazionale) un nuovo sistema elettorale simile a quello vigente per i Comuni sopra ai 15.000 abitanti, cioè a doppio turno.

In questo modo, e lo dimostra l’andamento storico delle elezioni comunali (a differenza del sistema a turno unico vigente nelle Regioni), il centrosinistra "alleato" dei 5Stelle nel  secondo turno riesce in molti casi a prevalere sul centrodestra ribaltando il risultato parziale del primo turno.

Il vero nodo, in conclusione, non è tanto chi andrà a sostituire (ammesso che ciò accada) Mattarella al Quirinale, né tantomeno il ruolo che avrà Mario Draghi nell’imminente futuro, quanto vedere quali saranno le regole con cui si giocherà la partita.

Se resterà l’attuale sistema elettorale non ce ne sarà per nessuno; il centrodestra unito si avvierà a trionfare in modo abbastanza scontato.

Se invece si inizierà, anche solo sottovoce, a parlare di modifiche alla legge elettorale, allora saranno dolori perché significherà che la vecchia “Balena bianca” si sarà messa in movimento e a quel punto sarebbe difficile fermarla.

A meno che il centrodestra non dimostrerà di essere davvero unito (nel Palazzo, ma anche nelle piazze), e a quel punto di fronte a mezzo Parlamento contrario sarà davvero difficile mettere in atto colpi di mano in “zona Cesarini”…

17.9.21

 

CI RI-VEDIAMO

A PIAZZA DEL POPOLO

 


di Roberto Buonasorte

 Pur in assenza di social una volta l’appuntamento era noto da tempo, una data cerchiata in bella evidenza nel calendario che solitamente era appeso in cucina;  vi era appuntata la scadenza della bolletta, la visita dal medico, e pure quel mitico venerdì.

E già, perché ogniqualvolta c’era una tornata elettorale (amministrativa o politica) il Segretario chiudeva la campagna il giovedì a Napoli a piazza del Plebiscito, e il venerdì, appunto, a Roma in piazza del Popolo.

La piazza già pullulava molte ore prima dell’evento, i primi ad arrivare erano “quelli di fuori Roma”, poi (li riconoscevi lontano un miglio) quelli con soprabito, giacca e cravatta, e l'immancabile borsa tenuta rigorosamente con la mano sinistra (la destra doveva essere libera per "salutare"...) era il ceto impiegatizio che usciva un po’ prima dall’ufficio per non perdere il comizio.

All’epoca c’erano le preferenze, e dunque i Deputati venivano scelti dai cittadini, e non dalle segreterie dei partiti, per questo c’era la corsa per accaparrarsi i posti migliori: non solo per erigere gli striscioni con su scritto a caratteri cubitali il nome di questo o quel candidato presente nelle liste del Movimento Sociale (che a Roma venivano chiamati anche del MIS) ma anche per piazzare i tavolinetti sui quali appoggiare i “santini” o le “manine” da distribuire ai convenuti, poi una infinità di giornalini d’area (spesso stampati in modo artigianale ricorrendo al ciclostile o alle prime fotocopiatrici in circolazione.

E, mentre la piazza era quasi piena, da lontano iniziavano a sentirsi i primi slogan gridati a squarciagola dai ragazzi del Fronte.

Essi giungevano da via Cola di Rienzo, da via del Corso, altri da piazzale Flaminio: tutte le sezioni storiche della Capitale erano mobilitate e con il loro arrivo si giungeva al culmine della gioia, della goliardia: la sana militanza giovanile spesso veniva accolta con fragorosi applausi dalla piazza trepidante.

Poi l’"Inno a Roma", il "Va’, pensiero", il Segretario, la voce che non c’è più, la serata in birreria... Domenica poi, di buon ora, tutti ai seggi a fare i rappresentanti di lista con il magnifico fazzoletto stretto intorno al braccio in attesa della fatidica apertura delle urne con la speranza di ottenere un decimale in più e poter leggere, sull’edizione del Secolo d’Italia,  il titolo d’apertura a tutta pagina: “VITTORIA DELLA DESTRA!”.

Si viveva per questo.

Oggi è tutto cambiato: l'annuncio avviene su Istagram o su Fb, il mezzo di comunicazione più diffuso è WhatsApp, gli eventi - anche a causa della pandemia - spesso si svolgono attraverso queste diaboliche piattaforme dai nomi inquietanti...

Fortunatamente però - almeno a destra - l'abitudine di conservare il rapporto umano, la sintonia con il territorio, la vocazione per la politica intesa con spirito di militanza da mettere al servizio della comunità, sono tratti distintivi che non sono mai venuti meno.

Per questo, quando mi capita di parlare ai più giovani dico loro di approfondire la storia della nostra parte politica; essa è costellata di pagine tragiche e pagine entusiasmanti, vittorie e sconfitte, momenti in cui sembrava finito tutto e un attimo dopo arrivava la rinascita...

Foto in bianco e nero e foto a colori.

Saranno pure cambiati i tempi e la modernità ha certamente preso il sopravvento: a piazza del Popolo, come è giusto che sia, non risuonerà più né il  Va', pensiero né  tantomeno l'Inno a Roma, sarà più facile ascoltare la voce di Battisti o persino quella di Vasco Rossi, le valigette saranno state sostituite dagli zainetti portati a spalla così entrambe le mani risulteranno libere (ovviamente per chattare).

Purtuttavia lo spirito del popolo di destra è sempre rimasto immutato: l'entusiasmo sempre alle stelle, l'attesa per il comizio del leader, che oggi si chiama Presidente e non più Segretario, è sempre emozionante, la crisi pandemica ci imporrà il distanziamento, il numero contingentato e di stare seduti su comode sedie, manco ci trovassimo in un concerto (anche se ormai la Meloni è l'unica "musica" per le orecchie degli italiani...). 

Per questo e tanto altro ancora sono convinto che la "nostra"  piazza del Popolo anche domani 18 settembre sarà piena come sempre, come merita la più bella tradizione della destra italiana.

Ci ri-vediamo a piazza del Popolo.


 

 

2.9.21

Il diplomatico, oggi ambasciatore d’Italia a Singapore, era stato duramente attaccato dalla stampa di sinistra dopo la sua ultima nomina

VATTANI OTTIENE GIUSTIZIA


Nella petizione va rimossa “fake news”, direttore di Next pagherà oltre 7 mila euro di spese processuali, lo ha stabilito il Tribunale di Genova

Tra i firmatari di quell’appello anche Montanari e Scanzi

 

di Roberto Buonasorte

 

Chi conosce Mario Vattani ne apprezza molte qualità: studente modello, docile, forbito nell’eloquio, molte lingue studiate e parlate alla perfezione, passioni per la musica, la pittura, la scrittura.

Carriera diplomatica da record; primo del suo concorso a soli 25 anni, a 29 è destinato a Washington, poi console al Cairo, funzionario dell’ambasciata italiana a Tokyo, a 45 anni è ministro plenipotenziario e console generale ad Osaka.

Oggi è ambasciatore d’Italia a Singapore.

Alcuni giornalisti, vuoi sotto forma di direttore responsabile di testata, vuoi (in modo furbesco ed ingannevole) con la qualifica di “direttore”, magari di un blog, pensano di avere una sorta di impunità per cui gli è consentito tutto.

Diffamare, creare ad arte macchine del fango, usare la rete per fare “marchette” o magari per “sdebitarsi” verso chi con te è stato generoso in passato, è divenuta purtroppo una consuetudine sempre più frequente.

Non è certo questo il caso di Next quotidiano e del suo direttore Lorenzo Tosa, giovane giornalista ligure in passato vicino ai 5Stelle, che però la condanna se l’è beccata ugualmente.

All’indomani della nomina di Mario Vattani ad ambasciatore d’Italia a Singapore, avvenuta a fine aprile di quest’anno, si è scatenato il solito putiferio:

dall’ANPI fino al Parlamento, attraverso una interrogazione firmata dal PD Morassut, tutti contro Mario Vattani per via delle sue simpatie giovanili verso la destra ed un brutto episodio relativo ad un’aggressione avvenuta a Roma nel lontano 1989 al cinema Capranica, accusa però infondata in quanto il neo ambasciatore fu assolto con formula piena “per non aver commesso il fatto”.

E qui entra in gioco Tosa con il suo Next quotidiano: nominato direttore appena tre mesi prima egli pensa bene di lanciare una petizione aperta su change.org per chiedere la revoca della nomina di Vattani reo di aver partecipato alla famosa aggressione del 1989, senza tenere conto invece dell’avvenuta assoluzione del diplomatico italiano, insomma una fake news.

Ovviamente tra i firmatari non potevano mancare Andrea Scanzi del Fatto Quotidiano e quel Tomaso Montanari, neo rettore dell’Università per stranieri di Siena, finito nella bufera in questi giorni per le vergognose dichiarazioni sulle foibe.

E’ stato paziente, Mario Vattani, si è rivolto alla giustizia e alla fine ha avuto ragione; Il Tribunale di Genova ha condannato Lorenzo Tosa a pagare oltre 7 mila euro di spese processuali, ordinato di rimuovere la fake news e corrispondere a Vattani 250 euro al giorno per ogni giorno successivo, dopo il quinto dalla notifica del provvedimento, finché la falsa notizia non verrà tolta dalla testata.

Confesso che ieri sera quando intorno alle 19.30, scorrendo le agenzie, ho letto il flash dell’Adnkronos ho provato un brivido: non solo perché conosco Mario Vattani per averlo frequentato per un certo periodo nel recente passato, ma perché ho pensato che comunque alla fine, in un modo o nell’altro, tutto torna e non bisogna mai fare di tutta un’erba un fascio, anche nell’ambito della giustizia che rimane sì uno degli argomenti più caldi (anche per via dei referendum che incombono) ma guai a cadere nel populismo più becero.

All’ambasciatore d’Italia a Singapore giungano le nostre felicitazioni e un sincero augurio di buon lavoro.

 

 

 


30.7.21

Giovedì 29 luglio la presentazione del sito, 

e a settembre una bella iniziativa editoriale dal fratello Andrea



NASCE "12 QUERCE - CENTRO STUDI TONY AUGELLO"

 

Il Centro studi che porta il nome dell'indimenticabile esponente della destra deve diventare una risorsa culturale e fucina per i giovani del domani che intendessero intraprendere il difficile ed appassionante percorso dell'impegno in politica


di Roberto Buonasorte


Nella qualità di socio dell'associazione  "12 Querce - Centro studi Tony Augello", ho partecipato molto volentieri giovedì 29 luglio a Roma alla presentazione del sito ad esso dedicato.

Da Andrea Augello a Vincenzo Piso fino a Marco Clarke c'erano un po' tutti quei ragazzi di Roma nord che sin dai primi anni settanta, e per molto tempo in avanti, hanno rappresentato un'anima movimentista, culturale, associativa, solidale, persino rivoluzionaria e che fu per molti aspetti anticipatrice dei tempi,  avanguardia politica di un momento molto complesso della Repubblica.

Colpisce, e deve far riflettere, come nei tempi della politica dei social - spesso molto superficiale - e dei partiti personali dove c'è la corsa più a creare fondazioni per raccogliere danari che a fare politica con la maiuscola, ci sia chi invece dà vita ad un centro studi.

E' questo il merito che va riconosciuto ad Andrea Augello.

Certo, c'è un affetto verso le pagine di questa bella storia anche per il fatto che Andrea racconta del fratello, il fratello maggiore,  strappato alla Famiglia e alla sua Comunità troppo presto da un male incurabile che lo ha visto combattere fino all'ultimo giorno in Campidoglio, nell'Aula Giulio Cesare, addirittura con l'ausilio dell'ossigeno.

Meritava probabilmente il Parlamento, Tony, per carisma e per le tante battaglie portate avanti a Roma; diviso tra l'impegno politico nelle Istituzioni, il territorio e anche il sindacato, la "Cisnal credito" di cui fu indiscutibile protagonista tanto da farlo diventare un sindacato che rappresentava migliaia di iscritti e che sistematicamente riusciva persino a superare, ad esempio, la UIL che vantava ben altri mezzi ed entrature.

Questo e tanto altro ancora era Tony Augello, che oggi grazie al Centro Studi e al sito www.dodiciquerce.it (il nome scelto non è casuale, fa riferimento infatti alla tenuta della famiglia Wilkes di "Via col Vento"), tutti possono conoscere e far rivivere nelle tappe fondamentali di un'avventura straordinaria e forse irripetibile.

Ma non solo scritti ed immagini: grazie infatti all'immenso patrimonio costituito dall'archivio di Radio Radicale, si potranno riascoltare gli interventi nei Congressi di partito, nelle assemblee, in Campidoglio.

Un ringraziamento anticipato lo vogliamo rivolgere a tutti coloro che vorranno contribuire ed arricchire  per far conoscere una bella storia.

E' storia nostra.



 

15.7.21

 

Per la prima volta nel CdA del servizio pubblico non ci sarà un esponente dell’opposizione

“Applicato il modello Corea del Nord” dice il Senatore di Fratelli d’Italia Fazzolari

Ti vergogneRAI


La costante crescita del partito guidato da Giorgia Meloni, evidentemente, terrorizza il Palazzo, ma non è certo con queste piccole manovre che si ferma l’avanzata della destra in Italia

 

di Roberto Buonasorte

Sul rinnovo dei vertici Rai, che in questi giorni prenderà definitivamente forma, la cosa che maggiormente stupisce è il silenzio di quei personaggi pronti sempre a sputare sentenze su tutto e tutti ma tacciono di fronte a questa vergogna che vede tagliata fuori l’opposizione nel CdA dell’organo più importante in una democrazia: la rappresentanza della minoranza nel servizio pubblico dell’informazione, la Rai appunto.

Stamane, con una nota molto efficace, è stato il Senatore di Fratelli d’Italia Giovanbattista Fazzolari a sintetizzare la situazione definendo, quello applicato dalla maggioranza di governo, il “modello Corea del Nord”.

In effetti mai prima d’ora era accaduto che l’opposizione fosse fatta fuori dalla Rai, e la cosa che più inquieta è che in questo momento in Parlamento di opposizione ve n’è una sola, Fratelli d’Italia.

Immaginiamo dunque cosa possa accadere nei prossimi mesi, che poi saranno cruciali perché ci si avvicina alle importanti elezioni amministrative d’autunno, a seguire l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica e subito dopo verso le elezioni politiche del 2023; una lunga maratona che vedrà l’amministrazione Rai espressione dell’attuale maggioranza (che rappresenta il 95% del Parlamento) e l’altro polo televisivo, Mediaset, saldamente in mano della famiglia del Leader di Forza Italia…

Eppure un tempo la destra si caratterizzava con chiarezza per le sue battaglie in difesa del pluralismo dell’informazione; tra i più attivi si ricordano due pezzi da novanta della materia: Maurizio Gasparri (divenuto poi Ministro delle telecomunicazioni nel secondo Governo Berlusconi) e Francesco Storace, Presidente della Vigilanza Rai e grande sostenitore del pluralismo al punto che arrivò financo a difendere l’operato di quel Tg3 (che chiamavamo TeleKabul) diretto dal comunista mai pentito Sandro Curzi.

Altri tempi... Tempi di una politica con la P maiuscola, tempi in cui si scendeva in campo – pur di difendere la democrazia – anche al fianco dell’avversario di turno, se necessario.

Tutt’altra storia quella dei giorni nostri, ove con il miraggio di conquistare un seggio parlamentare, si dimenticano le antiche battaglie, ci si accuccia al volere del padrone di turno e si rinnega persino il recente passato.

Eccezion fatta per Elio Vito, che si è notato attraverso un flebile comunicato, silenzio assoluto, a ciascuno di loro vorremmo dire: ti vergogneRAI…

 

 

22.6.21

Se anche un bravo editorialista qual è Renato Farina cade nell’errore di definire estremo il movimento politico guidato da Giorgia Meloni, vuol dire che c’è molto ancora da lavorare

MA NOI NON SIAMO

LA DESTRA - DESTRA



di Roberto Buonasorte

 

Due fatti accaduti nelle ultime 24 ore hanno suscitato la mia curiosità.

Primo: il consueto sondaggio del lunedì di SWG per il Tg de La7 condotto da Enrico Mentana e che vede ormai Fratelli d’Italia ad un solo decimale (20,5%) dalla vetta e dunque ormai prossimo a diventare (almeno nelle intenzioni di voto degli italiani) il primo partito.

Secondo: la lettura, stamane, dell’articolo a firma dell’editorialista Renato Farina, pubblicato sulla prima di Libero dal titolo “Occhio Giorgia, la destra – destra non sfonda”.

Considerazione, questa, fatta da Farina in un improbabile parallelismo con il partito di Marine Le Pen, all’indomani delle elezioni regionali francesi che, tranne nella regione Alpi-Provenza-Costa Azzurra, hanno evidenziato un grande flop per il partito di estrema destra.

Ora, se in merito alla costante crescita di Fratelli d’Italia nessuno di noi aveva mai avuto dubbi, sulla definizione di “destra-destra” c’è abbastanza da scrivere.

I fatti – quelli veri e non la propaganda – stanno a dimostrare non solo che il popolo italiano apprezza sempre più un partito che, scegliendo di rimanere all’opposizione, ha rinunciato a comode poltrone ministeriali, ma che è forse l’unico ad essere coerente, dote questa sempre più rara in politica.

Ma, al di là delle teorie, veniamo ai fatti pratici che smentiscono senza appello tutti coloro che vorrebbero dipingerci come estremi, brutti e cattivi.

L’ALLARGAMENTO AL CENTRO

Ben prima delle elezioni europee di due anni fa la Meloni aveva sentito la necessità di allargare il perimetro del partito (fino a quel momento ancorato su posizioni abbastanza radicali e apparentemente chiuso all’esterno), tant’è che molti si avvicinarono.

Sentimmo un po’ tutti la necessità – ma se ci consentite anche il dovere – di dare una mano in una sfida che era poi per la vita o la morte: si doveva superare lo sbarramento del 4%.

Entrammo insieme agli amici di Sergio Pirozzi (personalmente senza chiedere nulla in cambio se non coltivare la passione più grande, quella di continuare a fare politica, anche da semplice militante).

Entrarono i centristi di Raffaele Fitto, e così nel Lazio arrivarono Ciocchetti e Maselli, e poi tanti altri ritorni ad iniziare da due belle e rappresentative figure della destra romana e nazionale: Andrea Augello e Roberta Angelilli.

La prova fu ampiamente superata e da allora è stata un’ascesa inarrestabile.

LA COLLOCAZIONE IN EUROPA

Anche la scelta di abbracciare in Europa il Gruppo dei Conservatori e Riformisti si è rivelata assolutamente vincente, non solo perché rappresenta la terza famiglia - dopo quella dei Popolari e quella dei Socialisti – ma perché alla Meloni viene data addirittura la presidenza del partito, riconoscendo così alla leader di Fratelli d’Italia un ruolo fondamentale nello scacchiere europeo, tanto da avere eco fino ad oltre Oceano.

LA LOTTA ALL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA

Anche sul tema della immigrazione clandestina l’approccio di Giorgia Meloni è profondamente diverso rispetto a quello che vorrebbero attribuirle.

Probabilmente per via di quella cultura antirazzista che è parte integrante del DNA politico della destra italiana (sin da giovani siamo cresciuti con la parola d’ordine “aiutiamoli a casa loro”), a fronte della indifferenza davanti a scene drammatiche di morti che affiorano in mezzo al mare, Fratelli d’Italia da tempo propone la soluzione più sensata, quella del blocco navale da attuare nelle zone di partenza di questi disperati, al fine di impedire ai troppi speculatori di approfittare delle disgrazie di popoli che fuggono dalla fame.

ALL’OPPOSIZIONE, MA DA PATRIOTI

Al di là della costante crescita, l’exploit di Fratelli d’Italia è iniziato all’indomani della nascita del governo Draghi.

Una lettura superficiale porterebbe a giustificare il fenomeno liquidandolo con un semplice “ovvio, è l’unico partito all’opposizione…” ma non è così.

In realtà con la decisione di intraprendere una “opposizione patriottica” – tradotto, appoggiamo per il bene dell’Italia i provvedimenti che riteniamo giusti, e ci opporremo con tutte le nostre forze rispetto a quelli che riteniamo dannosi per il Paese – la classe dirigente del partito non solo appare coerente, ma soprattutto non specula augurandosi il famoso “tanto peggio tanto meglio” anzi, è disponibile a dare una mano quando serve.

È racchiuso tutto in queste poche righe, il successo di Fratelli d’Italia, che ha saputo evitare ogni tentazione di “destra-destra” per ampliare la sua famiglia e mettere a disposizione degli italiani un’offerta politica semplicemente di destra: moderna, giovane, occidentale e a forte vocazione europeista; l’Europa dei popoli.

 

 

 

 

 

21.6.21

 

La riflessione

PARTITO UNICO 

E LEGGE ELETTORALE



di Roberto Buonasorte

 

Una cosa va riconosciuta a Silvio Berlusconi: la coerenza.

Il partito unico del centrodestra lo volle fortemente sin dalla competizione elettorale del 2008 quando Forza Italia era fortissima e viaggiava, nei sondaggi dell’epoca, a quasi il 30 per cento (mentre An veniva accreditata sotto al 10). e lo vuole oggi che Forza Italia non naviga certo in buone acque.

Fini, con l’accondiscendenza di tutti i “colonnelli” dell’epoca, accettò senza batter ciglio, trattò il 30 per cento dei seggi per i suoi nella quota maggioritaria e così anche le terze e quarte file del partito poterono ottenere l’agognato seggio in Parlamento.

Berlusconi Presidente, Angelino Alfano Segretario,  Denis Verdini ed Ignazio La Russa Coordinatori, questo il vertice del nuovo partito.

La Lega non ne volle sapere.

Oggi, a parti invertite, la Lega di Salvini spinge per il partito unico del centrodestra, la Meloni (giustamente) non ne vuol sentire neanche parlare.

Dice il Cavaliere che sogna un partito Repubblicano all’americana, per carità, ciascuno coltiva i sogni che vuole, ma per tradurli in realtà occorre fare i conti con le regole quotidiane della vita terrena; e qui entra in campo la legge elettorale, cioè la regola con cui si gioca la partita.

Avrebbe infatti ragione Berlusconi se in Italia vi fosse una legge elettorale super maggioritaria e senza quota proporzionale, in quel caso – pian piano – si potrebbe arrivare a quel bipolarismo (o addirittura bipartitismo) tipico delle democrazie anglosassoni che però hanno alle loro spalle una lunga tradizione in tal senso…

Nell’Italia di Bersani, D’Alema, Speranza, Fico e Di Maio invece, c’è chi addirittura immagina un ritorno al sistema proporzionale, quello degli anni novanta, quello con la scheda elettorale che conteneva trenta/quaranta simboli di partito.

Ecco dunque che l’odierna discussione sul partito unico del centrodestra, in assenza di chiarezza sulla legge elettorale, diventa solo propaganda, oppure - come commentano maliziosamente in questi giorni Toti e Brugnaro – è semplicemente uno strumento per consentire a Berlusconi di salvare qualche seggio in più.

Ultima riflessione: sai come ci prenderebbero in giro in Europa?

Direbbero: questi Italiani sempre i soliti, da loro fanno il partito unico e qui Strasburgo Fratelli d’Italia è nei Conservatori e Riformisti Europei di cui la Meloni è la Presidente, Berlusconi sta con la Merkel e Salvini addirittura con la Le Pen

Fate pace con voi stessi ci direbbero, accompagnato da qualche sorrisino appena gli volti le spalle…

20.6.21

 

NON RIFAREI MONTECARLO

Addirittura nel 2010, a proposito della famosa casa, un Ministro del PDL mi esortò a “non mollare!”…



di Roberto Buonasorte 

Qualche giorno fa, parlando con Marco Di Andrea, insieme al quale facemmo la battaglia per denunciare lo scandalo della famosa casa di Montecarlo, ci siamo chiesti se davvero ne sia valsa la pena.

E sì, perché a leggere certe affermazioni, a vedere certe foto, riavvolgere il nastro facendolo tornare indietro di undici anni per poi lasciarlo scorrere lentamente, si capiscono molte cose.

Come si ricorderà l'inchiesta prese il via grazie al lavoro svolto da due bravi cronisti: Gian Marco Chiocci che allora lavorava al Giornale e Giacomo Amadori che scriveva per Libero e Panorama. I due - avendo saputo che l'ingente eredità lasciata ad Alleanza nazionale dalla Contessa Colleoni fu possibile perché era stato il sottoscritto anni prima a presentarla a Fini - mi contattarono per conoscere i dettagli della questione.

Assieme a Di Andrea iniziammo a ricostruire la vicenda dell’eredità.

Militavamo ne La Destra all’epoca, e il partito era spaccato: da una parte la maggioranza (Storace in testa) che chiedeva a gran voce di “picchiare duro”, dall’altra i più “tiepidi” (Musumeci e il compianto Teodoro Buontempo).

Mettemmo insieme i documenti e si partì: era l’estate del 2010 e nelle piazze, sui giornali, nelle televisioni non si parlava d’altro.

Tra Natale e Capodanno del 2010 ero in vacanza a Courmayeur, ed è lì che incontrai un Ministro del PDL: furono proprio le sue parole a convincerci ancor di più ad andare avanti nella denuncia, infatti mi disse con tono deciso “non mollare!”.

La cosa che ci lasciava più di qualche dubbio invece era vedere che – a parte Berlusconi con la sua enorme forza mediatica – la quasi totalità del centrodestra (nonostante già fosse in atto la guerra di Fini che poi culminò con il famoso “che fai mi cacci?”) pareva scarsamente condividere la nostra battaglia; non arrivavano gesti di solidarietà (solo pochi e tiepidi segnali, per giunta rigorosamente in privato), non c’era un ringraziamento pubblico, una condivisione, un incoraggiamento.

Nulla, eravamo soli contro tutti.

Ci recammo persino nel Principato di Monaco per farci fare (a spese nostre) da uno tra i più importanti studi tecnici monegaschi, una perizia che accertasse il reale valore della famosa casa, affinché si dimostrasse nel processo che il bene era stato svenduto.

Sì, nel processo, perché nel frattempo Roberto e Marco - questi due pazzi - avevano denunciato e trascinato in tribunale l’allora potentissimo Signor Presidente della Camera, la terza carica dello Stato…

Eravamo talmente convinti di agire nel giusto che neppure il rischio di incorrere in qualche pesante ritorsione ci fece balenare l’idea di mollare.

La vicenda penale, tutti sappiamo come è andata a finire: Fini iscritto nel registro degli indagati al mattino, archiviato nel pomeriggio…

Anche il processo civile stava prendendo la stessa piega: il giudice già nella prima udienza obiettò alla nostra tesi secondo la quale con quella svendita non veniva onorata in pieno la volontà espressa nel testamento dalla Contessa Colleoni, si adombrava addirittura una condanna alle spese! Dopo il danno, rischiavamo pure la beffa!

Transammo chiudendo la pratica, e dicendo tra noi: Fini l’avrà pure scampata nei processi penale e civile, ma non la scamperà nel “processo politico”.

Poi leggi certe affermazioni, vedi certe foto e pensi: siamo stati proprio degli ingenui

Lo confesso, non rifarei Montecarlo.

28.5.21

 “FORZA” e “CORAGGIO”



Da Berlusconi, fino  a Toti e Brugnaro, vent’anni di storia politica italiana con il sogno di un vero partito liberale  mai nato

 

di Roberto Buonasorte

Forza Italia nacque, nel 1993 su intuito di Silvio Berlusconi, per colmare un vuoto politico che si era venuto a creare dopo le note vicende conosciute con il nome di tangentopoli.
Il Cavaliere, nel bene e nel male ha occupato la scena, da assoluto protagonista, per almeno un ventennio; ragionevolmente dal 1993 appunto, fino al 2013, anno spartiacque essendo quello il momento in cui viene condannato in via definitiva per frode fiscale, decade da Parlamentare e dal 2014 sconta la pena inflitta dal Tribunale di Milano con l’affidamento ai servizi sociali; lavorerà a Cesano Boscone assistendo anziani in una casa di riposo.
Poi nascerà il “patto del Nazareno” con conseguente legge elettorale appositamente studiata per non far uscire un vincitore certo la sera dello spoglio... e poi le elezioni del 2018, il Governo Lega - 5 Stelle, e poi 5 Stelle - PD, fino a quello in carica con tutti dentro tranne noi di Fratelli d’Italia.
Forza Italia dunque - e lo scriviamo con rispetto, a mo’ di analisi da offrire come spunto di riflessione al cortese lettore - sembra aver perso quello smalto iniziale che pure aveva suscitato un grande interesse nel corso degli anni.
Arriva poi Giovanni Toti con il suo movimento “Cambiamo!” che diventa un apripista rispetto a ciò che è nato poche ore fa: “Coraggio Italia” (così si chiama il nuovo soggetto tenuto a battesimo dal notaio pochi giorni fa a Roma e che vede come protagonista il sindaco di Venezia Brugnaro che proprio insieme al Governatore della Liguria ne ha dato l’annuncio).
Sembrerebbe che Antonio Tajani (assieme all’alleato di ferro Maurizio Gasparri) non l’abbia presa affatto bene, anche perché dopo i primi annunci di parlamentari azzurri che avrebbero già aderito al nuovo soggetto, ce ne sarebbero in arrivo molti altri.
Questioni loro, per carità (mai entrare nelle dinamiche di altri partiti, soprattutto se alleati) lo scriviamo solo per fare analisi, come dicevamo all’inizio,  e dunque c’è chi sospetta uno scossone tra gli azzurri; con Forza Italia da una parte in crisi di consensi, e dall’altra - in virtù della legge che ha ridotto il numero dei parlamentari da eleggere sin dalla prossima volta - consapevole che difficilmente riuscirà a riconfermare più del 30 per cento degli uscenti.
Ecco dunque che diventa attrattivo il movimento di Brugnaro e Toti “Coraggio Italia”.
Da “Forza Italia” a “Coraggio Italia”, come dire: “forza” e “coraggio”, dopo aprile viene maggio...

2.4.21

Coraggio Volpi,

molla quella poltrona

 


di Roberto Buonasorte

Due cose in democrazia non debbono mai esser messe in discussione: la libertà di stampa, o se volete la correttezza  dell'intero sistema dell'informazione, e il controllo della sicurezza interna di un Paese esercitato attraverso gli organi di garanzia che vigilano sull'operato dei servizi segreti.

Orbene, come tutti gli organismi di garanzia - vuoi per prassi consolidata, vuoi per precise disposizioni contenute nelle apposite leggi istitutive - sono presieduti, ovviamente, da esponenti dell'opposizione (o della minoranza, come ama definirla il compagno, generalmente incline al politicamente corretto sotto ogni sua forma, anche lessicale).

Nel nostro Paese, alle prese con la pandemia, che del resto ha investito l'intero pianeta, da qualche mese c'è un governo che vede tutte le forze parlamentari alleate a suo sostegno tranne Fratelli d'Italia.

E ci sono due organismi, la Commissione sulla vigilanza dei servizi radiotelevisivi, e il ben più importante COPASIR (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) che vigila sull'operato dei servizi segreti, che sono presieduti da due parlamentari oggi in maggioranza: Alberto Barachini di Forza Italia per il primo e Raffaele Volpi della Lega per il secondo che però, prima dela nascita del governo Draghi erano all'opposizione.

I cosiddetti giornaloni, e per diverse motivazioni anche alcuni giornali con minore diffusione, tendono ad ignorare i temi appena posti,  ma non esitano a  buttarsi a capo fitto gridando al regime quando si chiudono le scuole, si impediscono gli spostamenti, si invita ad evitare assembramenti.

Il regime, scrivono...

Registriamo con soddisfazione che nell'incontro di qualche giorno fa tra Enrico Letta e Giorgia Meloni, il segretario del PD ha preso l'impegno di convincere le altre forze della maggioranza ad affrontare il tema cercando di arrivare alle dimissioni del leghista Volpi dalla presidenza del COPASIR. Bene.

Stupiscono invece, sul tema, almeno tre comportamenti.

Il primo è che in un momento così delicato per il nostro Paese - anche sotto l'aspetto della sicurezza - il leghista Volpi (pur di non affrontare il tema delle dimissioni) da oltre settanta giorni non convoca l'Organo.

Il secondo, a parte pochi isolati esempi, una certa stampa (impegnata quotidianamente a "sparare" su chiunque anche se colpevole solo di avere un'unghia incarnita) tace su un argomento così delicato e drammaticamente serio.

Il terzo riguarda il Capitano: davvero pensa, Salvini, che consentendo questa fuga di Volpi, pur di non mollare la poltrona, gli porti benefici?

O non sarebbe meglio farlo dimettere, togliendo così l'arma a chi (certamente in malafede) negli ultimi giorni butta letame nel ventilatore facendo intuire che mantenendo questa presidenza Salvini vorrebbe coprire, condizionare o rallentare chissà quali "attenzioni" gli avrebbero riservato.

Forza Capitano, chi si candida a diventare uno statista mica gioca così con le istituzioni.




21.3.21

 

L’accurata selezione di una classe dirigente cresciuta sui territori, unitamente ad una leadership fresca e umile, sono alla base dei risultati straordinari di Fratelli d’Italia

LE RAGIONI DI UN SUCCESSO


La coerenza in politica paga sempre, forse anche per questo la Meloni è oggetto di attacchi, a volte infami, e non solo da sinistra. Ma il popolo italiano non è stupido, sa distinguere chi lavora ogni giorno a testa bassa e chi sabota. Infatti lei continua a crescere, senza esser costretta a dover migrare di qua e di là con il cappello in mano

 

di Roberto Buonasorte

 

Fortunatamente esiste Fratelli d’Italia, ormai un approdo più che sicuro nelle acque tempestose di una politica sciatta, opportunista, fatta di persone pronte a vendere l’anima al diavolo pur di rimanere incollate alla poltrona o magari speranzose di tornarci, su quelle poltrone.

Fortunatamente c’è Fratelli d’Italia.

Lo diciamo senza piaggeria, anche perché non dobbiamo  chiedere nulla in cambio: la scelta coraggiosa, fatta in quel lontano 2012, di ricostruire una casa a destra, che altri avevano bombardato, con un lavoro paziente e senza la necessità di dover ottenere tutto e subito (male che purtroppo colpisce molti giovani che non conoscono il valore del sacrificio), oggi sta pagando.

C’è una differenza di fondo tra Fratelli d’Italia e gli altri partiti che compongono il quadro nel nostro Paese; a ben vedere per i Capigruppo di Camera e Senato del partito della Meloni, ma lo stesso ragionamento vale per il Capodelegazione al Parlamento Europeo, in molte Assemblee legislative regionali, in tantissimi Comuni capoluogo, la rappresentanza è affidata a giovani, sì, ma che alle spalle hanno una lunga militanza, spesso iniziata nelle sezioni che solo dopo una faticosa gavetta sono arrivati ai vertici delle Istituzioni.

La differenza sta tutta qua.

Poi la coerenza; Fratelli d’Italia avrebbe potuto partecipare al "Conte uno" insieme a Lega e 5 Stelle, non sicuramente al "Conte due" con 5 Stelle e P.D.

Avrebbe potuto aderire al Governo Draghi, sul quale han deciso di convergere Salvini e Di Maio (di nuovo insieme) e poi Boldrini, Renzi, Zingaretti, Fratoianni, Bersani e persino quello che andava in giro a raccattare "responsabili", Bruno Tabacci…

Invece no, per carità!

Certo, per quei politici lontani dalla realtà quotidiana e che vivono sui social o per chi risiede nelle grandi aree metropolitane dove non ci si conosce neppure tra chi abita nello stesso palazzone tutto è possibile, ma per i milioni di italiani come noi che vivono nelle province e nei piccoli Comuni, dove bene o male ci si conosce un po' tutti, con quale faccia avremmo potuto guardare negli occhi i nostri sostenitori se anche Giorgia Meloni avesse accettato di partecipare alla grande ammucchiata del Governo Draghi?

La sua coerenza, la sua modestia, la sua caratteristica di grande lavoratrice in realtà – ormai percepita dalla stragrande maggioranza degli italiani – rappresentano il vero valore aggiunto che fa la differenza tra questa giovane leader, che tra l’altro si sta facendo apprezzare anche in Europa, e il resto della compagnia.

Milito, come altre decine di migliaia di italiani, in questo partito da iscritto semplice con tessera appena rinnovata, con convinzione.

Ci basta avere una casa per poter continuare a coltivare la nostra più grande e bella passione: la politica, senza dover sgomitare per mettersi in mostra, senza rivendicare incarichi per potersi sedere ad una qualsiasi poltrona, senza fare sgambetti per fregare il posto ad un altro.

Questo ci hanno insegnato i nostri Padri e questo vogliamo insegnare ai nostri figli,  altrimenti che senso aveva  quel giorno di tanti anni fa, quando decidemmo di entrare in una sezione del MSI o del Fronte per chiedere di essere iscritti? 

19.3.21

 

Continua a crescere Fratelli d’Italia, nuovi Parlamentari aderiscono al grande progetto della destra italiana. 

Ieri l’attesa conferenza stampa di Lollobrigida, Ciriani e Donzelli

NE ARRIVANO ALTRI TRE



C'è chi vive di annunci, la Presidente dei Conservatori europei Giorgia Meloni invece, fa i fatti

 

di Roberto Buonasorte

 

Lo confessiamo, la gioia è tanta, ma lo scriviamo in modo discorsivo, analitico e da modesti osservatori quali siamo - senza la pretesa di dettare la linea, imporre le proprie convinzioni, anche perché in tal modo si rischia di andare a sbattere - per registrare la continua crescita di Fratelli d’Italia.

Se fino ad oggi tale tendenza è stata testimoniata in modo costante solo dagli istituti di ricerca e di sondaggi, da un po’ di tempo la crescita si materializza con arrivi, in carne ed ossa, di eletti nei territori.

Già qualche settimana fa, provocando tra l’altro le ire ingiustificate degli amici degli altri partiti del centrodestra, abbiamo scritto di una vera e propria valanga tricolore composta da Sindaci e consiglieri regionali che hanno abbandonato la Lega per approdare a Fratelli d’Italia; ma quello che è successo ieri ha dello straordinario.

E sì, perché non è cosa da tutti i giorni che tre Parlamentari (due Deputati ed un Senatore) ex grillini in un sol colpo decidano di abbracciare il partito di Giorgia Meloni.

A darne notizia, con evidente e giustificata soddisfazione, sono stati ieri mattina in una conferenza stampa i Capigruppo meloniani di Camera e Senato Lollobrigida e Ciriani, unitamente al Responsabile organizzativo del partito, il deputato toscano Giovanni Donzelli.

La Senatrice Tiziana Drago e i Deputati Massimiliano De Toma e Rachele Silvestri – questi i loro nomi – hanno spiegato le ragioni per cui han deciso di abbracciare la grande famiglia di Fratelli d’Italia; una scelta - come ha sottolineato Donzelli - dettata da una profonda convinzione e non certo per convenienza visto che FdI essendo l’unico partito all’opposizione rispetto alla grande ammucchiata che sostiene il Governo Draghi, non può certo distribuire nomine, Consigli di Amministrazione  o prebende varie.

Mentre dalle altre forze politiche, dunque, non si concretizzano quei passaggi di parlamentari troppe volte annunciati e mai arrivati, nonostante si sia parlato di lunghe file fuori le loro porte, dalla nostra parte del campo in modo lento ma inarrestabile questo sta avvenendo.

Certo, di tanto in tanto si registrano turbolenze e si percepisce la presenza di “piccoli” sabotatori appositamente ingaggiati che tentano – seppur invano - di mettere in difficoltà la nostra comunità, ma appunto, invano…

Si tratta ora di continuare a camminare lungo un percorso già tracciato, consapevoli che insidie e colpi bassi possono annidarsi dietro ogni angolo, ogni curva: ma quando tracci una linea dritta e coerente non devi temere nulla.

Solo coloro che cambiano strada e strategia ogni cinque minuti debbono temere il peggio, con il rammarico che, oltre a far male a se stessi, spesso porta verso il precipizio anche chi gli va dietro.