30.4.20


Da Nizza, sua attuale dimora, il Cav detta la linea ai suoi:
Si al Mes, no alla sfiducia a Gualtieri.
Con un occhio al proporzionale
e l'altro sognando liste bloccate  senza preferenze...

RIECCOLO



di Roberto Buonasorte

Rieccolo! Ma non è Amintore Fanfani.
L’obiettivo del “Dottore”, come lo chiama da sempre con grande affetto Antonio Tajani – anche quando lui era presidente del Parlamento Europeo e l’altro confinato ai servizi sociali per la storia di Ruby – è quello di restare al tavolo che conta indipendentemente si sia all’opposizione o al governo.
Accadde nel 2011 con “l’inaspettato” sostegno al governo Monti-Fornero
Si ripeté nel 2016, quando ci trascinò – insieme ad Alfano, Fini e Lorenzin - a sostenere Alfio Marchini sindaco di Roma pur di sbarrare la strada al nascente fronte sovranista: si prese una “scoppola” che (come si dice a Roma) la metà basta; in realtà una “via di fuga” ce la offrì Ignazio La Russa.
Era un pomeriggio piovoso a Roma quel martedì 26 aprile del 2016, si era in  Piazza del Popolo nella Basilica di Santa Maria in Montesanto, meglio nota come “la Chiesa degli artisti”, per la celebrazione della messa nell’anniversario della scomparsa di Teodoro Buontempo, e a funzione terminata si avvicinò il cofondatore di Fratelli d’Italia chiedendo di appoggiare la Meloni, ma senza la candidatura in lista di personaggi “ingombranti” de la Destra, ma semmai con l’inserimento di figure più "fresche"; fu suggerito il nome di chi scrive.
Proposta cestinata, con tanto di reazione invereconda.
Nel 2018, con il sistema elettorale (che sarà in vigore ancora per poco) meglio noto con il nome di “Rosatellum bis”, il centrodestra si presentò unito ma non ottenne la percentuale sufficiente per potere governare e così, sempre quel “diavolo” del Berlusca diede l’ok a Salvini per formare il governo con Di Maio.
Ovviamente si fece il reddito di cittadinanza, la quota 100, la riduzione del numero dei parlamentari; ma non un solo atto sul tema del conflitto d’interessi…
Oggi, con Salvini a picco nei sondaggi e all’orizzonte un sistema elettorale di tipo proporzionale, il Cavaliere si riposiziona e dunque – forte del potere mediatico di cui dispone – dice sì al Mes e dichiara di non votare la sfiducia al Ministro dell’Economia Gualtieri.
Su Retequattro, dalla Palombelli, le presenze di Matteo Renzi sono il doppio di quelle di Salvini…
In queste ore Bisignani “sussurra” che ci sarebbe un piano per far fuori Conte e sostituirlo con Zingaretti in un nuovo Governo con tutti dentro, anche se a modesto parere di chi scrive il Premier arriverà fino al 2023 (al di là delle pallottole a salve sparate da Renzi ad ogni occasione utile).

Si rischierà, dunque, di tenerceli (questi) per un altro decennio; a meno che realmente non si voglia offrire agli italiani una vera offerta politica di centrodestra credibile, coeso, moderno.
La prova del nove si avrà quando si voterà e dunque si affronterà la madre di tutte le battaglie: la nuova legge elettorale.
Se davvero Berlusconi ancora crede nell’unità del centrodestra, dovrà fare le barricate insieme a Salvini e la Meloni per imporre un sistema di tipo maggioritario così come lo realizzarono Pinuccio Tatarella e gli altri con l'approvazione del Mattarellum, in caso contrario saremmo condannati ad un ritorno al passato dalle prospettive inimmaginabili.
Se poi, come si vocifera in queste ore, in vista delle imminenti elezioni comunali e regionali d'autunno - con la scusa del coronavirus - si vorrebbero eliminare addirittura le preferenze e dunque votare con liste bloccate decise dalle segreterie dei partiti, allora stiamo a posto...
Anche su questo vedremo come si comporterà il Cavaliere: intramontabile, trasformista, illusionista, insuperabile (soprattutto sulla denuncia dei redditi...). 








10.4.20


Occorre liquidità, e subito. I Signori di tutte le banche dovrebbero seguire l'insegnamento lasciato da colui che è stato il più grande di tutti i tempi

APRITE QUEI FORZIERI
L'esempio di Amedeo Peter Giannini, "il banchiere dei poveri", come è stato definito. Giunto in California da genitori liguri emigrati verso le coste del Pacifico quando era ancora nel grembo materno, dal nulla divenne il Presidente della Banca d'America. La più grande al mondo. 

di Roberto Buonasorte

In questo Venerdì Santo, nella settimana della Passione, a differenza di troppi giornalisti cialtroni capaci solo di inveire ed urlare - e dunque contribuire a gettare i popoli nella disperazione sempre più buia - vorremmo far conoscere il personaggio, purtroppo ignoto a molti, che partendo dal nulla e figlio di emigranti italiani divenne il Presidente della più grande banca del mondo. Lo ha fatto, Amedeo Giannini, il mestiere di banchiere, in modo etico, rivoluzionario, aiutando per l'intera sua esistenza soprattutto i poveri. La "scintilla" arrivò quando assistette, aveva appena sette anni, all'omicidio del padre per mano di un bracciante per via di una controversia per un debito: un debito di un dollaro. Quel tragico episodio segnò per sempre il giovane Amedeo il quale condusse tutta la sua esistenza, tramandandone i principi anche ai figli, tenendo sempre conto  che il denaro poteva avvelenare, togliere la vita.
Impiegato presso una banca di San Francisco non tollerava che per il solo fatto di spedire i risparmi in Italia gli immigrati dovessero pagare una percentuale del 5-6% e poi le tante ingiustizie subite (proprio come oggi) e le difficoltà nell'accesso al credito che dunque costringeva soprattutto la comunità italiana a rivolgersi spesso agli usurai... 


Divenuto presto un mito nella colonia italiana (risparmiamo al cortese lettore i dettagli che potranno leggere agevolmente tra i vari ritratti pubblicati in rete), Giannini convinse le persone più modeste ad affidargli i loro risparmi ed aprì una prima piccola banca, provvisoria (la Bank of Italy) nei locali di un saloon consentendo, tra l'altro, di far arrivare i famosi risparmi in Italia con una spesa del 2 anziché del 6%. Amedeo Peter Giannini - questo il nome completo -  diventò sempre più famoso e prestò soldi a chiunque ne avesse bisogno e nella maggior parte dei casi ad italiani che non solo non avevano garanzie da prestare se non l'umile salario, ma semplicemente appuntando il tutto su un foglio di carta riportando la somma concessa e una controfirma, in tanti casi con una semplice croce, del debitore... Giannini spronava i braccianti agricoli ad abbandonare la vita da operai e, finanziandoli, li incitava a comprare piccoli appezzamenti in modo da diventare piccoli imprenditori. Moltissimi lo seguivano e la sua popolarità era altissima fino a quando nel 1906 arrivò il terribile terremoto che rase al suolo San Francisco. I risparmi depositati presso la Banca di Giannini erano già molti e, con la stessa fiducia con cui i risparmiatori della colonia italiana gli avevano affidato i propri soldi, egli li ridistribuiva a chiunque chiedesse un prestito: la garanzia? Si racconta che Giannini (che conosceva quasi tutti i potenziali clienti) chiedesse solo di guardare le mani di chi si rivolgeva a lui, se avevano i calli il prestito veniva elargito e spesso senza garanzie. Si scoprì successivamente che oltre il 96% dei debiti, molti come detto firmati con una semplice croce, vennero restituiti, e dunque onorati. Poi Giannini finanziò la ricostruzione degli alloggi popolari, e nel frattempo apriva altre filiali fino ad arrivare ad averne oltre 400 tra America e Canada. Finanziò i primi film di Charlie Chaplin e quelli di Walt Disney di cui diventò amico, e proprio in quel periodo intuì la grande funzione sociale che i cartoni animati potevano avere nel mondo: trasmettere serenità, sogni... Di film ne finanziò oltre 500, ma solo quelli che a suo giudizio avevano una certa caratteristica, quelli finalizzati solo al mero guadagno no. Diceva, Amedeo Giannini - rifiutandosi un giorno di ricevere dagli azionisti un premio per i buoni profitti che la banca stava producendo - che se un uomo possedeva già un patrimonio di 500.000 dollari e puntava ad averne sempre più era da ricovero, e avrebbe dovuto farsi visitare da uno psichiatra. 
Nel 1928 compì il vero salto di qualità acquistando la Bank of America di New York, i cui dividendi gli consentirono di ricavare oltre un milione e mezzo di dollari che anziché intascare decise di destinare interamente all’Università della California per la ricerca sull’agricoltura.

Per Amedeo Giannini fu un continuo susseguirsi di successi e popolarità, addirittura a livello mondiale, tanto che nel 1945 la Bank of America finanziò il Piano Marshall per l'Italia, e nello stesso anno, esattamente nel mese di ottobre – rassegnando le dimissioni da ogni incarico – annunciò che al Bank of American era diventata la più grande banca del mondo.
Morirà nel 1949 a 80 anni. Alla sua morte venne fatto un inventario di tutti i suoi beni, che risultò ammontare a 489.278 dollari. Poco meno dei famosi 500.000…
Banchieri ed usurai dei giorni nostri, prendete esempio da Amedeo Giannini; soprattutto in tempi di coronavirus e di fronte ad una crisi senza precedenti, aprite quei vostri maledetti forzieri e date ossigeno ai nuovi poveri, quelli delle partite iva che nonostante una pressione fiscale tra le più alte al mondo fino a ieri hanno continuato ad alzare la saracinesca.
Apriteli quei forzieri maledetti, altrimenti che i maledetti siate voi. 





7.4.20


Francesco è stato tra i pochi ad elogiare
il lavoro svolto dai giornalisti, "eroi" spesso dimenticati

IL PAPA E L’INFORMAZIONE
 

Non i leoni da tastiera, ma quelli che stanno sul campo,
perché anche questa è una "guerra". 
Combattuta oggi come allora:
da Walter Tobagi ad Almerigo Griltz fino a Beppe Alfano


di Roberto Buonasorte
  
Gli operatori dell'informazione, anche in questo momento storico e sociale, rivestono un ruolo essenziale; senza i giornalisti non avremmo alcuna finestra sul mondo che ci circonda: noi siamo costretti in casa per ovvie ragioni di necessità, ciascuno di noi deve ottemperare perché altrimenti non ne usciamo più, ma se non ci fossero loro, i giornalisti, in prima linea, non sapremmo nulla di ciò che succede fuori delle nostre case. Provate ad immaginare una quarantena senza l'informazione: le fake news di quelli che oggi grazie ai social si sentono tutti "giornalisti" senza avere le basi della professione (tanto è vero che il "cronista del social" manda in giro cose allucinanti). 
Ringraziamo ogni giorno sanitari e volontari, che hanno tutto il nostro rispetto ed è giusto che sia valorizzato il loro ruolo in questo momento così difficile, ma quasi nessuno ha messo in risalto il grande lavoro svolto dai giornalisti, che non sono certo immuni al virus e stanno ogni giorno al fronte. Lo fanno sempre, molto spesso in situazioni a rischio (basti pensare ai terremoti: a L'Aquila come ad Amatrice, per esempio, la terra ballava e loro stavano lì, in alloggi di fortuna, sottoposti alle scosse e al pericolo costante. 
Ma ancor prima chi addirittura sul campo di battaglia ci è rimasto: da Walter Tobagi  - che scriveva per il Corriere - ucciso da un commando di estrema sinistra a Milano nel  1980, al mitico Almerigo Griltz che a metà degli anni ottanta lascia Trieste, e il seggio di Consigliere comunale del MSI in città, per andare a raccontare, da corrispondente di guerra e grande fotoreporter quale era, i troppi teatri bellici scoppiati in giro per il mondo: morirà in Mozambico, colpito da un proiettile vagante mentre riprendeva una durissima battaglia.
O Beppe Alfano ucciso per mano mafiosa nella sua Barcellona Pozzo di Gotto - nel messinese - nella notte dell'8 gennaio del 1993.
Certo, oltre agli eroi c'è anche chi questo mestiere lo fa malissimo: a volte non si verificano le notizie (condizione essenziale per deontologia professionale) ma questo non può e non deve consentire di fare di tutta l'erba un fascio.
L'unico, in questi giorni, che ha ringraziato pubblicamente i giornalisti è stato il Papa, questo Papa a volte molto discusso perché sicuramente "fuori dalle righe" che però dimostra ogni giorno di essere un vero pastore di anime: guardiamo al caso del Crocifisso esposto in piazza san Pietro, un'opera del Cinquecento che pare sia stata danneggiata a causa della collocazione all'aperto e sotto la pioggia. L'opera va salvaguardata di certo, la nostra storia è fatta anche di queste cose che non possiamo permetterci di perdere, ma non dobbiamo guardare la pagliuzza e non accorgerci del trave: quanto è stato importante per il popolo vedere quel Cristo in mezzo alla piazza, da solo, sotto l'acqua? Quanto è stato importante vedere quest'uomo, il Pontefice, pregare da solo su quella piazza vuota? Ecco, quel Cristo da solo, con il Santo Padre in mezzo alla piazza vuota di san Pietro è come una cerimonia collettiva che ci ha riunito tutti intorno ad ogni feretro andato via senza neppure un saluto. 
E' qui forse il confine tra le cose materiali e quelle dell'anima, le materiali restano a testimonianza di un'epoca, di una civiltà, di un mondo, di una società. Quelle spirituali restano a testimonianza di un momento storico e sociale difficilissimo, in cui siamo tutti soldati che devono combattere per una guerra che nessuno di noi ha scelto né voluto. 
Allora forse quel Crocifisso sotto l'acqua era giusto che ci fosse, i restauratori (ne abbiamo tra i migliori al mondo) sapranno come restituire all'opera d'arte la sua originaria bellezza e preziosità. La preziosità dell'anima, però, ce l'ha data il Papa donandoci quel momento che resterà nella storia.
Per questo il nostro grazie, oggi, va a tutti i veri operatori della bella informazione - e non ai cialtroni da talk capaci solo di urlare o ai leoni da tastiera - ma a chi ogni giorno è al fronte per farci sapere cosa succede fuori di qui: è solo grazie a loro che abbiamo la nostra "finestra sul mondo", quel mondo che non possiamo vedere perché il pianeta ci sta dicendo che dobbiamo forse tornare a fare una vita meno frenetica, che dovremmo tornare ad apprezzare la semplicità delle nostre case, la purezza delle nostre famiglie. Ci manca il rapporto umano con la società, ma forse stiamo recuperando quello familiare, quello con i figli, con le mogli e i mariti, con le mura domestiche. Stiamo imparando a fare il pane in casa, come facevano i nostri nonni, forse abbiamo corso troppo, e forse è tempo che rallentiamo un po'. Che questa bruttissima esperienza sia almeno l'occasione per tornare ad apprezzare le cose belle della vita, che sono le più semplici e le più vere. Come quel Crocifisso che in mezzo a piazza san Pietro, da solo, ci ha donato un momento di speranza e l'occasione di una preghiera, che vale per tutto il mondo, non solo per noi romani, per noi italiani, ma per tutti i popoli. Questa pandemia ci ha reso davvero tutti uguali: tutti potenziali vittime di qualcosa che tutti cerchiamo di sconfiggere per tornare a stare insieme. Ricordiamoci l'esempio del Pontefice, che da solo, a un'età avanzata, ha percorso le strade di Roma per pregare per l'umanità. Un'umanità che oggi è chiamata a ritrovare se stessa anche negli occhi di un Cristo sotto la pioggia, solo, nella piazza più importante del mondo.