Francesco è stato tra i pochi ad elogiare
il lavoro svolto dai giornalisti, "eroi" spesso dimenticati
IL PAPA E L’INFORMAZIONE
Non i leoni da tastiera, ma quelli che stanno sul campo,
perché anche questa è una "guerra".
Combattuta oggi come allora:
da Walter Tobagi ad Almerigo Griltz fino a Beppe Alfano
di Roberto Buonasorte
Gli operatori dell'informazione, anche in questo momento storico e sociale, rivestono un ruolo essenziale; senza i
giornalisti non avremmo alcuna finestra sul mondo che ci circonda: noi siamo
costretti in casa per ovvie ragioni di necessità, ciascuno di noi deve
ottemperare perché altrimenti non ne usciamo più, ma se non ci fossero loro, i
giornalisti, in prima linea, non sapremmo nulla di ciò che succede fuori delle
nostre case. Provate ad immaginare una quarantena senza l'informazione: le fake
news di quelli che oggi grazie ai social si sentono tutti
"giornalisti" senza avere le basi della professione (tanto è vero che
il "cronista del social" manda in giro cose allucinanti).
Ringraziamo
ogni giorno sanitari e volontari, che hanno tutto il nostro rispetto ed è
giusto che sia valorizzato il loro ruolo in questo momento così difficile, ma quasi
nessuno ha messo in risalto il grande lavoro svolto dai giornalisti, che non sono
certo immuni al virus e stanno ogni giorno al fronte. Lo fanno sempre, molto
spesso in situazioni a rischio (basti pensare ai terremoti: a L'Aquila come ad Amatrice, per esempio, la
terra ballava e loro stavano lì, in alloggi di fortuna, sottoposti alle scosse
e al pericolo costante.
Ma ancor prima chi addirittura sul campo di battaglia ci è rimasto: da Walter Tobagi - che scriveva per il Corriere - ucciso da un commando di estrema sinistra a Milano nel 1980, al mitico Almerigo Griltz che a metà degli anni ottanta lascia Trieste, e il seggio di Consigliere comunale del MSI in città, per andare a raccontare, da corrispondente di guerra e grande fotoreporter quale era, i troppi teatri bellici scoppiati in giro per il mondo: morirà in Mozambico, colpito da un proiettile vagante mentre riprendeva una durissima battaglia.
O Beppe Alfano ucciso per mano mafiosa nella sua Barcellona Pozzo di Gotto - nel messinese - nella notte dell'8 gennaio del 1993.
Certo, oltre agli eroi c'è anche chi questo mestiere lo fa malissimo: a volte non si verificano le notizie
(condizione essenziale per deontologia professionale) ma questo non può e non
deve consentire di fare di tutta l'erba un fascio.
L'unico, in questi giorni, che ha ringraziato pubblicamente i giornalisti è stato il Papa, questo Papa a
volte molto discusso perché sicuramente "fuori dalle righe" che però
dimostra ogni giorno di essere un vero pastore di anime: guardiamo al caso del
Crocifisso esposto in piazza san Pietro, un'opera del Cinquecento che pare sia
stata danneggiata a causa della collocazione all'aperto e sotto la pioggia. L'opera
va salvaguardata di certo, la nostra storia è fatta anche di queste cose che
non possiamo permetterci di perdere, ma non dobbiamo guardare la pagliuzza
e non accorgerci del trave: quanto è stato importante per il popolo vedere quel
Cristo in mezzo alla piazza, da solo, sotto l'acqua? Quanto è stato importante
vedere quest'uomo, il Pontefice, pregare da solo su quella piazza vuota? Ecco, quel Cristo da solo, con il Santo Padre in mezzo alla piazza vuota di san Pietro è come una cerimonia
collettiva che ci ha riunito tutti intorno ad ogni feretro andato via senza neppure un
saluto.
E' qui
forse il confine tra le cose materiali e quelle dell'anima, le materiali
restano a testimonianza di un'epoca, di una civiltà, di un mondo, di una
società. Quelle spirituali restano a testimonianza di un momento storico e
sociale difficilissimo, in cui siamo tutti soldati che devono combattere per
una guerra che nessuno di noi ha scelto né voluto.
Allora
forse quel Crocifisso sotto l'acqua era giusto che ci fosse, i restauratori (ne
abbiamo tra i migliori al mondo) sapranno come restituire all'opera d'arte la
sua originaria bellezza e preziosità. La preziosità dell'anima, però, ce l'ha
data il Papa donandoci quel momento che resterà nella storia.
Per questo il nostro grazie, oggi, va a tutti i veri operatori della bella informazione - e non ai cialtroni da talk capaci solo di urlare o ai leoni da tastiera - ma a chi ogni giorno è al fronte per farci sapere cosa succede fuori
di qui: è solo grazie a loro che abbiamo la nostra "finestra sul
mondo", quel mondo che non possiamo vedere perché il pianeta ci sta
dicendo che dobbiamo forse tornare a fare una vita meno frenetica, che dovremmo
tornare ad apprezzare la semplicità delle nostre case, la purezza delle nostre
famiglie. Ci manca il rapporto umano con la società, ma forse stiamo recuperando
quello familiare, quello con i figli, con le mogli e i mariti, con le mura
domestiche. Stiamo imparando a fare il pane in casa, come facevano i nostri
nonni, forse abbiamo corso troppo, e forse è tempo che rallentiamo un po'. Che
questa bruttissima esperienza sia almeno l'occasione per tornare ad apprezzare
le cose belle della vita, che sono le più semplici e le più vere. Come quel
Crocifisso che in mezzo a piazza san Pietro, da solo, ci ha donato un momento
di speranza e l'occasione di una preghiera, che vale per tutto il mondo, non
solo per noi romani, per noi italiani, ma per tutti i popoli. Questa pandemia
ci ha reso davvero tutti uguali: tutti potenziali vittime di qualcosa che tutti
cerchiamo di sconfiggere per tornare a stare insieme. Ricordiamoci l'esempio
del Pontefice, che da solo, a un'età avanzata, ha percorso le strade di Roma
per pregare per l'umanità. Un'umanità che oggi è chiamata a ritrovare se stessa
anche negli occhi di un Cristo sotto la pioggia, solo, nella piazza più
importante del mondo.
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