9.7.20


LE MILLE CAPRIOLE DI SALVINI


di Roberto Buonasorte

Professionista della politica, eletto giovanissimo consigliere comunale di Milano, Matteo Salvini non è più uscito dal Palazzo anzi, dai Palazzi, considerato che dopo quelli di Palazzo Marino ha calpestato anche i lussuosi pavimenti di Bruxelles, Montecitorio, Viminale, ed oggi quelli del Senato.
Dopo lo scandalo sulla gestione dei fondi della Lega di Bossi e del tesoriere Belsito, i vecchi volponi padani, da Maroni a Giorgetti, volendo dare un’immagine della Lega ripulita e ringiovanita pensarono di mettere quel ragazzotto apparentemente impacciato, innocuo, e dai modi anche un po’ goffi se vogliamo, con un orecchino (che loro pensavano l’avesse al naso…) ben in vista sull’orecchio sinistro.

Passa poco tempo e Matteo li fotte tutti

Passa poco tempo e Matteo li fotte tutti, giusto il tempo di organizzare il cerchio magico e il gioco è fatto. Già, i cerchi magici…
I cerchi magici sono stati la “tomba” di tutti i Capi (si badi bene, Capi non Leader) dei vari partiti o movimenti; per questo modo di gestire il partito si è sempre criticato Berlusconi, ma non si può sottacere il fatto che anche Fini, Di Pietro, Bossi, Renzi, abbiano agito allo stesso modo se non addirittura peggio: il Cavaliere, infatti, non ha mai nascosto la sua vocazione padronale nella gestione del “suo” partito (che infatti finanziava con risorse proprie) i personaggi di cui sopra, invece, pur agendo allo stesso modo, all’esterno tentavano di dare un’immagine ammantata di democrazia e partecipazione, capacità di ascolto e condivisione nelle scelte; nulla di più falso, infatti abbiamo visto che fine hanno fatto o faranno da qui a poco quelli che ci sono rimasti.

D.C. e P.C.I. mai hanno commesso quell'errore

Non a caso i grandi partiti del passato (D.C. e P.C.I.) sono sopravvissuti a lungo e con un grande consenso proprio perché concepivano la vita interna fatta di grandi dibattiti, confronti, approfondimenti; mai le minoranze interne venivano epurate, anzi esse venivano considerate come delle risorse a completamento di una visione plurale.
Salvini poi, l’uomo dalle mille capriole, completato il cerchio magico, sbarazzatosi di Bossi, Maroni, Tosi, sostituiti dai Centinaio, i Fedriga, i Fontana, è passato da “Roma ladrona” e “napoletani puzzolenti” a “prima gli italiani”.

La fregatura che ci ha rifilato nel 2018

Si presenta nel 2018 in coalizione con Forza Italia e Fratelli d’Italia, si elegge nei collegi uninominali i suoi parlamentari grazie anche ai voti degli “alleati” e poi – con la stessa spregiudicatezza con cui ha fatto fuori Maroni – fotte Berlusconi e la Meloni e va a fare il governo con Di Maio, Bonafede e Toninelli
Poi c’è stato il Papeete, e tutti abbiamo visto come è andata a finire.
Ogni giorno Salvini annuncia la spallata, sbraita, continua a collezionare selfie, postare foto mentre prende il caffè (seguite da una profondissima frase degna del grande statista: “Buongiorno Amici ed Amiche”), oppure mentre addenta una fetta di anguria al grido di “mangia italiano!”. Per inquadrare il personaggio potremmo cambiare il testo di una vecchia canzone che recitava “parole, parole, parole, soltanto parole” con “foto, foto, foto, soltanto foto” ed il gioco è fatto.

Mai un concetto profondo

Mai un concetto profondo, un’analisi seria; un tempo avremmo scritto tutto chiacchiere e distintivo, oggi diremmo tutto selfie e slogan.
Oltre alle tante capriole politiche c’è anche quella del look: via l’odiato orecchino e via le divise da poliziotto o guardia penitenziaria (dopo il pestaggio che ha portato alla morte dell’afroamericano George Floyd ucciso da un poliziotto a Minneapolis e le proteste di Atlanta, meglio mettersi in giacca e cravatta…).
Via anche la barba folta che lo rende troppo truce, meglio corta e ben curata, via la felpa, un bel paio d’occhiali con montatura color miele e dunque a basso impatto cromatico.
Insomma un’immagine quieta e più rassicurante, ma nonostante tutto da agosto dello scorso anno – da quando cioè voleva buttar giù il Governo a Camere chiuse – i sondaggi lo danno in costante discesa, in caduta libera.
Ora ci aspettano le regionali di autunno (sempre che non s’inventino l’ennesimo rinvio magari con la scusa di qualche nuovo focolaio…) e dopo la botta in Emilia presa con la Borgonzoni, Salvini ci riprova in Toscana con la Ceccardi.

Candidati con un bel paracadute

Candidati con un bel paracadute (tante volte dovesse andar male non si rimane a spasso, anzi…) la Borgonzoni dopo cinque minuti dalla sconfitta si è dimessa da Consigliere regionale per restarsene a Roma, in Senato; in caso di sconfitta (si accettano scommesse) anche la Ceccardi opterà per rimanere a Bruxelles, anziché a Firenze, a meno che – come avevamo suggerito di fare alla Borgonzoni – non prenda il solenne impegno che anche in caso di sconfitta rimanga a guidare l’opposizione in regione. 
Sarebbe una bella mossa, e le darebbe qualche possibilità in più in una sfida che si annuncia molto ardua.

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