17.9.21

 

CI RI-VEDIAMO

A PIAZZA DEL POPOLO

 


di Roberto Buonasorte

 Pur in assenza di social una volta l’appuntamento era noto da tempo, una data cerchiata in bella evidenza nel calendario che solitamente era appeso in cucina;  vi era appuntata la scadenza della bolletta, la visita dal medico, e pure quel mitico venerdì.

E già, perché ogniqualvolta c’era una tornata elettorale (amministrativa o politica) il Segretario chiudeva la campagna il giovedì a Napoli a piazza del Plebiscito, e il venerdì, appunto, a Roma in piazza del Popolo.

La piazza già pullulava molte ore prima dell’evento, i primi ad arrivare erano “quelli di fuori Roma”, poi (li riconoscevi lontano un miglio) quelli con soprabito, giacca e cravatta, e l'immancabile borsa tenuta rigorosamente con la mano sinistra (la destra doveva essere libera per "salutare"...) era il ceto impiegatizio che usciva un po’ prima dall’ufficio per non perdere il comizio.

All’epoca c’erano le preferenze, e dunque i Deputati venivano scelti dai cittadini, e non dalle segreterie dei partiti, per questo c’era la corsa per accaparrarsi i posti migliori: non solo per erigere gli striscioni con su scritto a caratteri cubitali il nome di questo o quel candidato presente nelle liste del Movimento Sociale (che a Roma venivano chiamati anche del MIS) ma anche per piazzare i tavolinetti sui quali appoggiare i “santini” o le “manine” da distribuire ai convenuti, poi una infinità di giornalini d’area (spesso stampati in modo artigianale ricorrendo al ciclostile o alle prime fotocopiatrici in circolazione.

E, mentre la piazza era quasi piena, da lontano iniziavano a sentirsi i primi slogan gridati a squarciagola dai ragazzi del Fronte.

Essi giungevano da via Cola di Rienzo, da via del Corso, altri da piazzale Flaminio: tutte le sezioni storiche della Capitale erano mobilitate e con il loro arrivo si giungeva al culmine della gioia, della goliardia: la sana militanza giovanile spesso veniva accolta con fragorosi applausi dalla piazza trepidante.

Poi l’"Inno a Roma", il "Va’, pensiero", il Segretario, la voce che non c’è più, la serata in birreria... Domenica poi, di buon ora, tutti ai seggi a fare i rappresentanti di lista con il magnifico fazzoletto stretto intorno al braccio in attesa della fatidica apertura delle urne con la speranza di ottenere un decimale in più e poter leggere, sull’edizione del Secolo d’Italia,  il titolo d’apertura a tutta pagina: “VITTORIA DELLA DESTRA!”.

Si viveva per questo.

Oggi è tutto cambiato: l'annuncio avviene su Istagram o su Fb, il mezzo di comunicazione più diffuso è WhatsApp, gli eventi - anche a causa della pandemia - spesso si svolgono attraverso queste diaboliche piattaforme dai nomi inquietanti...

Fortunatamente però - almeno a destra - l'abitudine di conservare il rapporto umano, la sintonia con il territorio, la vocazione per la politica intesa con spirito di militanza da mettere al servizio della comunità, sono tratti distintivi che non sono mai venuti meno.

Per questo, quando mi capita di parlare ai più giovani dico loro di approfondire la storia della nostra parte politica; essa è costellata di pagine tragiche e pagine entusiasmanti, vittorie e sconfitte, momenti in cui sembrava finito tutto e un attimo dopo arrivava la rinascita...

Foto in bianco e nero e foto a colori.

Saranno pure cambiati i tempi e la modernità ha certamente preso il sopravvento: a piazza del Popolo, come è giusto che sia, non risuonerà più né il  Va', pensiero né  tantomeno l'Inno a Roma, sarà più facile ascoltare la voce di Battisti o persino quella di Vasco Rossi, le valigette saranno state sostituite dagli zainetti portati a spalla così entrambe le mani risulteranno libere (ovviamente per chattare).

Purtuttavia lo spirito del popolo di destra è sempre rimasto immutato: l'entusiasmo sempre alle stelle, l'attesa per il comizio del leader, che oggi si chiama Presidente e non più Segretario, è sempre emozionante, la crisi pandemica ci imporrà il distanziamento, il numero contingentato e di stare seduti su comode sedie, manco ci trovassimo in un concerto (anche se ormai la Meloni è l'unica "musica" per le orecchie degli italiani...). 

Per questo e tanto altro ancora sono convinto che la "nostra"  piazza del Popolo anche domani 18 settembre sarà piena come sempre, come merita la più bella tradizione della destra italiana.

Ci ri-vediamo a piazza del Popolo.


 

 

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