1.3.20


LA RIFLESSIONE


8 anni e 5 mesi a un 78enne: qual è il principio, in termini di rieducazione?
Quel senso delle proporzioni che manca...
Chi sbaglia paga, ma il buonsenso dovrebbe prevalere

di Anna Beatrice d’Assergi

La bancarotta fraudolenta è un reato e come tale vi sono delle pene da scontare per chi lo commette, e questa è una premessa imprescindibile. Ma se i fini rieducativi della pena sono un fondamento sancito persino nella Costituzione, che senso ha portare a Rebibbia un uomo malato di 78 anni, per fargli scontare una condanna a otto anni e cinque mesi di reclusione?
Il caso di cui parliamo è, naturalmente, quello di Vittorio Cecchi Gori, classe 1942. Compirà 78 anni il prossimo aprile, l'imprenditore cinematografico ed ex patron della Fiorentina. 
Significa che uscirà dalle patrie galere alla veneranda età di 86 anni.
La vicenda delle misure alternative alla detenzione è al centro di un vivace dibattito da molti anni: e sono le più varie, oscillando da quelle più intransigenti alle più garantiste. Il “favor rei”, la parolina magica che spesso la fa da padrone per condonare l’impossibile a chicchessia, stavolta non pare abbia avuto molto peso in dibattimento, e così la polizia penitenziaria piantona il Gemelli di Roma, in attesa che il paziente sia dimesso, per condurlo in manette a Rebibbia.
Ma è un Paese normale, quel Paese in cui si è giustizialisti a corrente alternata? Vittorio Cecchi Gori è stato ritenuto colpevole, d’accordo. Una pena la deve scontare, altrimenti “giustizia” sarebbe solo una parola vuota, senza senso. Ma proprio perché un senso ce l’ha, questo vocabolo, allora dovrebbe essere “giusta”.
E per essere giusta, deve tendere alla rieducazione del condannato. Lo dice la Costituzione, la quale è una Carta fondamentale, che non può essere sbandierata solo quando serve al politicamente corretto, o a fare da sostegno a un certo squallido buonismo, che sempre più inonda i mezzi di informazione, i salotti, le piazze, i palcoscenici.
Ha ragione o no, Christian De Sica, quando si dice perplesso nel venire a sapere che a Cecchi Gori, 78 anni, sono stati propinati 8 anni e 5 mesi di reclusione, mentre all’assassino di un giovane sono stati comminati cinque anni?
L’attore si riferisce all’omicidio di Marco Vannini, una bruttissima pagina di cronaca sulla quale ci sarebbe molto da dire.
Ma il tema è anche un altro: questo processo a Cecchi Gori è cominciato una ventina d’anni fa.
Se la giustizia italiana avesse tempi non dico celeri, ma almeno normali, questa sentenza sarebbe arrivata diciamo una quindicina di anni fa.
All’epoca, l’imprenditore aveva poco più di 60 anni. Otto anni di pena da scontare: sarebbe uscito a meno di 70 anni, magari “rieducato”.
Oggi, però, che senso ha sottoporre una persona anziana e malata a un’esperienza costrittiva e devastante come il carcere?
“Rieducare” dovrebbe essere la parola d’ordine. Ma per tutti.

1 commento:

  1. Credo non sia una questione di età, il problema è che nel nostro Paese si sentenziano 16 anni (quando va bene) per omicidio e occultamento di cadavere e per bancarotta fraudolenta 8 anni.
    Se la vita di una persona vale meno dei soldi c'è qualcosa che non và.

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