LA RIFLESSIONE
8 anni e 5 mesi a un 78enne: qual è il principio, in termini
di rieducazione?
Quel senso delle proporzioni che manca...
Chi sbaglia paga, ma il buonsenso dovrebbe prevalere
di Anna Beatrice d’Assergi
La bancarotta fraudolenta è un reato e come tale vi sono
delle pene da scontare per chi lo commette, e questa è una premessa
imprescindibile. Ma se i fini rieducativi della pena sono un fondamento sancito
persino nella Costituzione, che senso ha portare a Rebibbia un uomo malato di
78 anni, per fargli scontare una condanna a otto anni e cinque mesi di reclusione?
Il caso di cui parliamo è, naturalmente, quello di Vittorio
Cecchi Gori, classe 1942. Compirà 78 anni il prossimo aprile, l'imprenditore cinematografico ed ex patron della Fiorentina.
Significa che uscirà dalle patrie galere alla veneranda età di 86 anni.
Significa che uscirà dalle patrie galere alla veneranda età di 86 anni.
La vicenda delle misure alternative alla detenzione è al
centro di un vivace dibattito da molti anni: e sono le più varie, oscillando
da quelle più intransigenti alle più garantiste. Il “favor rei”, la parolina magica
che spesso la fa da padrone per condonare l’impossibile a chicchessia, stavolta
non pare abbia avuto molto peso in dibattimento, e così la polizia
penitenziaria piantona il Gemelli di Roma, in attesa che il paziente sia
dimesso, per condurlo in manette a Rebibbia.
Ma è un Paese normale, quel Paese in cui si è giustizialisti
a corrente alternata? Vittorio Cecchi Gori è stato ritenuto colpevole, d’accordo.
Una pena la deve scontare, altrimenti “giustizia” sarebbe solo una parola vuota,
senza senso. Ma proprio perché un senso ce l’ha, questo vocabolo, allora dovrebbe
essere “giusta”.
E per essere giusta, deve tendere alla rieducazione del
condannato. Lo dice la Costituzione, la quale è una Carta fondamentale, che non
può essere sbandierata solo quando serve al politicamente corretto, o a fare da
sostegno a un certo squallido buonismo, che sempre più inonda i mezzi di
informazione, i salotti, le piazze, i palcoscenici.
Ha ragione o no, Christian De Sica, quando si dice perplesso
nel venire a sapere che a Cecchi Gori, 78 anni, sono stati propinati 8 anni e 5
mesi di reclusione, mentre all’assassino di un giovane sono stati comminati
cinque anni?
L’attore si riferisce all’omicidio di Marco Vannini, una
bruttissima pagina di cronaca sulla quale ci sarebbe molto da dire.
Ma il tema è anche un altro: questo processo a Cecchi Gori è
cominciato una ventina d’anni fa.
Se la giustizia italiana avesse tempi non dico celeri, ma
almeno normali, questa sentenza sarebbe arrivata diciamo una quindicina di anni
fa.
All’epoca, l’imprenditore aveva poco più di 60 anni. Otto
anni di pena da scontare: sarebbe uscito a meno di 70 anni, magari “rieducato”.
Oggi, però, che senso ha sottoporre una persona anziana e
malata a un’esperienza costrittiva e devastante come il carcere?
“Rieducare” dovrebbe essere la parola d’ordine. Ma per tutti.
Credo non sia una questione di età, il problema è che nel nostro Paese si sentenziano 16 anni (quando va bene) per omicidio e occultamento di cadavere e per bancarotta fraudolenta 8 anni.
RispondiEliminaSe la vita di una persona vale meno dei soldi c'è qualcosa che non và.