Patrimonio immateriale
dell’umanità
anche l’Alpinismo e la Perdonanza Celestiniana
Transumanza, l’Unesco ha detto sì
E il Mibac costituisce
la Commissione per interventi siti Unesco,
presieduta da Carla Di Francesco
di Anna
Beatrice d’Assergi
E’ fatta. L’Unesco ha detto “sì”, la Transumanza è patrimonio
immateriale dell’umanità, lo ha deciso all'unanimità il Comitato riunitosi a Bogotà, e con lei lo sono anche l’Alpinismo e la Perdonanza
Celestiniana. Non solo vince l’Italia: vince l’Abruzzo, che nella sua
morfologia ricomprende tutte e tre queste fenomenologie. Nel centro Italia,
infatti, è noto l’impegno di Amatrice in questa battaglia per il riconoscimento
di questa antica pratica: Amatrice, oggi nel Lazio, fino al 1927 era situata in
Abruzzo, precisamente in provincia de L’Aquila. La Transumanza, che vede
Amatrice tra i suoi maggiori sponsor per la candidatura andata a buon fine, è l’origine
anche della fama mondiale di questo spicchio di mondo, recentemente su tutte le
prime pagine e in tutti i telegiornali a causa del maledetto sisma che l’ha
devastata nel 2016. Ma Amatrice, famosa lo era già da prima, per via del suo
piatto, l’Amatriciana. E l’Amatriciana nasce proprio lì, tra i pastori
transumanti, che discendendo le montagne per raggiungere con le greggi le
pianure, portavano con sé spaghetti, guanciale e pecorino. Il pomodoro è
arrivato dopo, si sa. Questa terra che ha sofferto una devastazione senza pari,
ha trovato la forza di rinascere dalle sue tradizioni, dalla sua storia: l’Amatriciana
ormai è al traguardo della qualifica STG, la Transumanza è patrimonio dell’umanità:
e Amatrice ha fatto la sua parte con un coraggio esemplare, ha ingoiato le
lacrime e ha lottato con ogni mezzo per sostenere queste due battaglie, e le ha
vinte. Tutte e due.
Ma, dicevamo, l’Abruzzo. L’Abruzzo forte e generoso, quell’Abruzzo
che dieci anni fa ha visto L’Aquila crollare sotto i colpi del terremoto, e non
si è arreso, e con lui la grande città dell’Aquila, altro esempio di coraggio,
di fede, di tenacia. La Perdonanza Celestiniana: la Bolla del Perdono di
Celestino V - siamo nel 1294, in pieno
Medioevo – con cui il Pontefice concesse l’indulgenza plenaria a chiunque fosse
entrato a Collemaggio. 725 anni di storia, gelosamente custodita dagli Aquilani
nonostante tutto, oggi sono patrimonio mondiale. E, ancora, l’Alpinismo. L’alpinismo
si pratica in molte zone montane del Belpaese, e tra queste c’è – ancora una
volta – l’operoso e coraggioso Abruzzo.
Adesso si tratta di non disperdere questa opportunità: questa
occasione è unica e il centro Italia deve, più di altre zone dello Stivale,
farsi carico della responsabilità di cogliere l’attimo e di non vanificare il
lungo impegno di tanta gente. Ad Amatrice – lo dice il Comune in una nota alla
stampa – intorno alla Transumanza si sono radunate tantissime realtà locali:
persone, associazioni, gruppi di lavoro. Tutti insieme, superando ogni tipo di
divisione, si sono messi al lavoro, trovando un comune denominatore: la loro
storia, le loro radici. Ammirevole, quel che è successo in quell’angolo di
mondo al confine tra Lazio, Marche e Abruzzo, con una città che non c’è più,
con un popolo che ancora piange i suoi morti sotto le macerie e che non ha più
una casa, e che – nonostante questo – con anima e cuore, e mani, e testa, si
mette al servizio di un passato che deve essere anche presente e soprattutto
futuro.
Ora la sfida è tutta nelle mani delle comunità, che dovranno
essere in grado di sostenere il peso di un onore così grande: essere portatrici
del testimone alle future generazioni di qualcosa che esiste da quando esiste l’uomo,
di qualcosa che è destinato a restare nella storia dell’umanità. E sta, anche,
alle Istituzioni: anche a queste va un plauso per aver voluto puntare sulle
radici, sulla storia, sulle tradizioni più radicate di un popolo. E anche per
esse vale lo stesso monito: non sia sprecata questa occasione.
A questo proposito c’è da dire che Franceschini probabilmente
ha capito e ce la sta mettendo tutta: è stata infatti costituita la nuova
Commissione per la valutazione degli interventi da finanziare ai sensi della
legge 77/2006: meglio tardi che mai, verrebbe da dire. Ma al di là delle
polemiche, che non fanno bene a nessuno, soprattutto in un momento di grave
crisi valoriale come quella che stiamo tutti vivendo, andiamo ai termini della
questione. La legge 77/2006 si occupa di “Misure speciali di tutela e fruizione
dei siti e degli elementi italiani di interesse culturale, paesaggistico e
ambientale, inseriti nella ‘lista del patrimonio mondiale’, posti sotto la
tutela dell’UNESCO. La presidenza della Commissione – che è organo consultivo
ed è chiamata ad esprimere il proprio parere al Ministro sugli interventi da
prediligere e sulla ripartizione delle risorse a disposizione per i siti ed
elementi Unesco - è affidata a Carla Di Francesco, già Segretario generale del
Ministero, ora Commissario della Fondazione Scuola dei Beni e delle Attività
Culturali. L’Unesco richiede espressamente piani di gestione e salvaguardia,
quali strumenti atti ad assicurare la conservazione degli elementi in questione
e a creare le condizioni per la loro valorizzazione. E la legge c’è, appunto,
dal 2006 (la Convenzione Unesco è del 2003). Dunque il Ministro non ha certo “inventato
l’acqua calda”, però resta il fatto che la costituzione di una Commissione ad
hoc è quanto di più concreto ad oggi si potesse fare per creare le condizioni
per affrontare un futuro che potrebbe prospettarsi ricco di possibilità. La Commissione
vede anche la presenza di tre rappresentanti ciascuno per il Ministero dell’Ambiente
e della Tutela del Territorio e del Mare – promotore, tra l’altro, della
candidatura della Transumanza per l’Italia – e per il Ministero delle Politiche
Agricole, Alimentari e Forestali. Insomma, se consideriamo che Carla Di
Francesco è stata Segretario Generale – e dunque conosce bene le problematiche
del sisma del centro Italia dopo il sisma del 2016 perché se ne è occupata in
prima persona – e che i tre Ministeri chiave sono ben rappresentati in
Commissione, c’è da augurarsi che gli elementi ascritti alla Lista dell’Unesco
quali Patrimonio Immateriale dell’Umanità siano sulla strada di una giusta
valorizzazione e tutela. I vertici dello Stato e le comunità – vere depositarie
di questi Beni – dovranno ora lavorare insieme per far sì che il pronunciamento
dell’Unesco non resti solo un bel gagliardetto da esporre sui cartelli di
benvenuto dei paesi coinvolti.
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