15.12.19

Patrimonio immateriale dell’umanità 
anche l’Alpinismo e la Perdonanza Celestiniana

Transumanza, l’Unesco ha detto sì


E il Mibac costituisce la Commissione per interventi siti Unesco, 
presieduta da Carla Di Francesco


di Anna Beatrice d’Assergi

E’ fatta. L’Unesco ha detto “sì”, la Transumanza è patrimonio immateriale dell’umanità, lo ha deciso all'unanimità il Comitato riunitosi a Bogotà, e con lei lo sono anche l’Alpinismo e la Perdonanza Celestiniana. Non solo vince l’Italia: vince l’Abruzzo, che nella sua morfologia ricomprende tutte e tre queste fenomenologie. Nel centro Italia, infatti, è noto l’impegno di Amatrice in questa battaglia per il riconoscimento di questa antica pratica: Amatrice, oggi nel Lazio, fino al 1927 era situata in Abruzzo, precisamente in provincia de L’Aquila. La Transumanza, che vede Amatrice tra i suoi maggiori sponsor per la candidatura andata a buon fine, è l’origine anche della fama mondiale di questo spicchio di mondo, recentemente su tutte le prime pagine e in tutti i telegiornali a causa del maledetto sisma che l’ha devastata nel 2016. Ma Amatrice, famosa lo era già da prima, per via del suo piatto, l’Amatriciana. E l’Amatriciana nasce proprio lì, tra i pastori transumanti, che discendendo le montagne per raggiungere con le greggi le pianure, portavano con sé spaghetti, guanciale e pecorino. Il pomodoro è arrivato dopo, si sa. Questa terra che ha sofferto una devastazione senza pari, ha trovato la forza di rinascere dalle sue tradizioni, dalla sua storia: l’Amatriciana ormai è al traguardo della qualifica STG, la Transumanza è patrimonio dell’umanità: e Amatrice ha fatto la sua parte con un coraggio esemplare, ha ingoiato le lacrime e ha lottato con ogni mezzo per sostenere queste due battaglie, e le ha vinte. Tutte e due.
Ma, dicevamo, l’Abruzzo. L’Abruzzo forte e generoso, quell’Abruzzo che dieci anni fa ha visto L’Aquila crollare sotto i colpi del terremoto, e non si è arreso, e con lui la grande città dell’Aquila, altro esempio di coraggio, di fede, di tenacia. La Perdonanza Celestiniana: la Bolla del Perdono di Celestino V  - siamo nel 1294, in pieno Medioevo – con cui il Pontefice concesse l’indulgenza plenaria a chiunque fosse entrato a Collemaggio. 725 anni di storia, gelosamente custodita dagli Aquilani nonostante tutto, oggi sono patrimonio mondiale. E, ancora, l’Alpinismo. L’alpinismo si pratica in molte zone montane del Belpaese, e tra queste c’è – ancora una volta – l’operoso e coraggioso Abruzzo.
Adesso si tratta di non disperdere questa opportunità: questa occasione è unica e il centro Italia deve, più di altre zone dello Stivale, farsi carico della responsabilità di cogliere l’attimo e di non vanificare il lungo impegno di tanta gente. Ad Amatrice – lo dice il Comune in una nota alla stampa – intorno alla Transumanza si sono radunate tantissime realtà locali: persone, associazioni, gruppi di lavoro. Tutti insieme, superando ogni tipo di divisione, si sono messi al lavoro, trovando un comune denominatore: la loro storia, le loro radici. Ammirevole, quel che è successo in quell’angolo di mondo al confine tra Lazio, Marche e Abruzzo, con una città che non c’è più, con un popolo che ancora piange i suoi morti sotto le macerie e che non ha più una casa, e che – nonostante questo – con anima e cuore, e mani, e testa, si mette al servizio di un passato che deve essere anche presente e soprattutto futuro.
Ora la sfida è tutta nelle mani delle comunità, che dovranno essere in grado di sostenere il peso di un onore così grande: essere portatrici del testimone alle future generazioni di qualcosa che esiste da quando esiste l’uomo, di qualcosa che è destinato a restare nella storia dell’umanità. E sta, anche, alle Istituzioni: anche a queste va un plauso per aver voluto puntare sulle radici, sulla storia, sulle tradizioni più radicate di un popolo. E anche per esse vale lo stesso monito: non sia sprecata questa occasione.
A questo proposito c’è da dire che Franceschini probabilmente ha capito e ce la sta mettendo tutta: è stata infatti costituita la nuova Commissione per la valutazione degli interventi da finanziare ai sensi della legge 77/2006: meglio tardi che mai, verrebbe da dire. Ma al di là delle polemiche, che non fanno bene a nessuno, soprattutto in un momento di grave crisi valoriale come quella che stiamo tutti vivendo, andiamo ai termini della questione. La legge 77/2006 si occupa di “Misure speciali di tutela e fruizione dei siti e degli elementi italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella ‘lista del patrimonio mondiale’, posti sotto la tutela dell’UNESCO. La presidenza della Commissione – che è organo consultivo ed è chiamata ad esprimere il proprio parere al Ministro sugli interventi da prediligere e sulla ripartizione delle risorse a disposizione per i siti ed elementi Unesco - è affidata a Carla Di Francesco, già Segretario generale del Ministero, ora Commissario della Fondazione Scuola dei Beni e delle Attività Culturali. L’Unesco richiede espressamente piani di gestione e salvaguardia, quali strumenti atti ad assicurare la conservazione degli elementi in questione e a creare le condizioni per la loro valorizzazione. E la legge c’è, appunto, dal 2006 (la Convenzione Unesco è del 2003). Dunque il Ministro non ha certo “inventato l’acqua calda”, però resta il fatto che la costituzione di una Commissione ad hoc è quanto di più concreto ad oggi si potesse fare per creare le condizioni per affrontare un futuro che potrebbe prospettarsi ricco di possibilità. La Commissione vede anche la presenza di tre rappresentanti ciascuno per il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – promotore, tra l’altro, della candidatura della Transumanza per l’Italia – e per il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Insomma, se consideriamo che Carla Di Francesco è stata Segretario Generale – e dunque conosce bene le problematiche del sisma del centro Italia dopo il sisma del 2016 perché se ne è occupata in prima persona – e che i tre Ministeri chiave sono ben rappresentati in Commissione, c’è da augurarsi che gli elementi ascritti alla Lista dell’Unesco quali Patrimonio Immateriale dell’Umanità siano sulla strada di una giusta valorizzazione e tutela. I vertici dello Stato e le comunità – vere depositarie di questi Beni – dovranno ora lavorare insieme per far sì che il pronunciamento dell’Unesco non resti solo un bel gagliardetto da esporre sui cartelli di benvenuto dei paesi coinvolti.

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