Commissario europeo
per la cultura:
stavolta ha
ragione Franceschini
di Anna Beatrice d’Assergi
“La decisione della Presidente Ursula von der Leyen, che ringrazio per sensibilità e
intelligenza politica, restituisce dignità alla cultura, riparando così
all’errore commesso nel non aver previsto una delega specifica per un settore
fondamentale per l’Unione Europea. Il nostro continente è il principale
produttore e consumatore di contenuti culturali e creativi, parte determinante
della nostra economia e pilastro fondante della nostra identità culturale”.
È uno stralcio da un comunicato diffuso
qualche giorno fa dal Ministro per i Beni e le Attività culturali e per il
Turismo Dario Franceschini. Sono
parole che il Ministro ha pronunciato al Consiglio dei Ministri europei della
Cultura. E stavolta Dario ha ragione, perché l’Europa è una realtà
complessa, complicata e composta di tantissimi aspetti, tutti importanti, ma ha
bisogno anche di mostrare il suo peso culturale nei confronti del mondo
intero.
Del resto, il concetto di Europa è di per sé un
concetto culturale: nasce nel Medioevo, epoca di grandi mutamenti e troppo
spesso erroneamente stigmatizzata come epoca oscura. Fu tutt’altro, invece: non
a caso l’Europa nasce lì, in un percorso durato mille anni, ed è proprio in
quei mille anni che il nostro continente ha trovato una conformazione non solo
geografica, ma politica, culturale, identitaria. All’epoca questa
unità di intenti si trovò nel Cristianesimo, che fu il collante di tanti
popoli, culture, tradizioni, usi e costumi diversi. Oggi probabilmente le cose
sono un po’ diverse, ma di certo quel concetto di Cristianesimo unificante, che
tanto ha dato alla storia dei popoli del mondo, resta alla radice della cultura
europea. E dunque l’Europa, la cultura, il peso della cultura europea nel
mondo, riassunti nelle parole del
Ministro Franceschini quando ha detto ancora: “Adesso anche
in Europa dobbiamo avere la capacità di passare da politiche difensive a
politiche coraggiose per esportare i nostri contenuti e creare
piattaforme europee. Nel contesto globale la dimensione europea è quella minima
per avere forza contrattuale davanti alle grandi multinazionali e ai giganti
della rete”.
Un’idea che il ministro italiano ha condiviso con il
suo omologo tedesco, Michelle Muntefering: insieme hanno affermato
l’intento "di rafforzare
la cooperazione tra Italia e Germania nelle politiche culturali
per farle diventare centrali nelle scelte dell'Unione europea". E
ancora sempre Franceschini aveva precisato, circa l’assenza di questa
figura: "E' un limite e un
errore che va corretto, soprattutto perché in Europa investire in cultura
significa investire anche in economia. Se ci sedessimo al tavolo con qualunque
altro Paese nel mondo come Europa, saremmo infinitamente più forti".
Sottolineiamo: “[…]investire in cultura significa investire anche in economia. Se ci
sedessimo al tavolo con qualunque altro Paese nel mondo come Europa, saremmo
infinitamente più forti”. È proprio così, e speriamo che
dunque la strada ora sia quella giusta. Stavolta
Dario ci è piaciuto.
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