15.1.20

A distanza di vent’anni dalla scomparsa del leader socialista
è giusto fare chiarezza su uno dei grandi equivoci della “Prima Repubblica”
ONORE A BETTINO

Con la fine dei grillini e del becero giustizialismo
andranno finalmente a casa Bonafede, Di Maio e Fraccaro.
Con la speranza che la lezione serva anche ai vari Giletti,
sparsi un po’ ovunque, nonostante Urbano Cairo…


di Roberto Buonasorte

Ora se lo rimpiangono un po’ tutti, anche Matteo Renzi che proprio ieri ha dichiarato che Bettino Craxi, rispetto a quelli di oggi è stato un gigante. Ci sono rimasti solo Peter Gomez, quelli del Fatto Quotidiano e gli ultimi grillini sopravvissuti, ad insultarlo; per molti altri invece il giudizio storico – a vent’anni dalla sua scomparsa – fortunatamente è ben diverso.  
Abbiamo avuto modo di scriverlo nel corso degli anni, anche quando non era proprio popolare farlo, della statura del politico e della sua capacità di avere una visione, anche internazionale, dall’orizzonte ampio e profondo.
Ha pagato sicuramente Sigonella, ma anche una visione della politica estera che, seppur convintamente atlantista, definiva filo-araba appoggiando in più occasioni la causa palestinese diventando in seguito persino amico personale di Yasser Arafat.
E mentre l’economia e le esportazioni non andavano poi così male, l’Italia – anche grazie alle relazioni che il Presidente Craxi aveva intessuto – contava e produceva, tanto da arrivare, nel 1987, ad essere la sesta potenza industriale del mondo raggiungendo nel 1991 addirittura la quarta posizione davanti alla Francia e alla Gran Bretagna e dietro soltanto a Stati Uniti, Giappone e Germania.
I dati ovviamente non erano elaborati da Mediaset, ma dalla Business International (società del gruppo “The Economist”, tra i più autorevoli periodici finanziari del mondo).
Ma proprio mentre l’economia galoppava (certo con una indubbia crescita anche del debito pubblico) e l’Italia contava nel mondo, la politica interna, provinciale, invidiosa e cattiva (interpretata allora soprattutto dal PCI/PDS) iniziò a cavalcare un’onda giustizialista che tanto ricorda quella degli attuali grillini.
Sul campo rimasero solo macerie.
Mentre in un primo momento anche la destra cavalcò quell’onda, subito dopo capì la pericolosità dell’operazione e diede vita – grazie all’intuito di Silvio Berlusconi – ad una alleanza di centrodestra con Casini, Bossi e lo stesso Berlusconi.
Per il resto, sappiamo come è andata a finire e soprattutto per colpa di chi…
Oggi viviamo un po’ quello stesso clima: ieri c’erano Di Pietro e il pool di mani pulite di Milano, oggi ci sono Di Maio, Bonafede e Fraccaro, certo con ruoli diversi ma con i medesimi obiettivi tanto che allora – con l’azione della magistratura - in qualche modo si favorì la tentata scalata al Governo da parte di Occhetto. Oggi invece i suoi “nipotini” Zingaretti e compagnia con Di Maio ci hanno fatto direttamente il Governo.
Ma in tutto questo, esattamente come allora, anche una certa informazione ha le sue colpe.
Prendete Giletti, uno a caso, che pure lavora non a TeleKabul bensì nella televisione di Urbano Cairo (…) e fa una certa impressione vedere come abbia fatto una capriola incredibile passando da ultras grillino che ha incitato all’odio gli italiani con l’argomento dei vitalizi, a sponsor sfacciato di Matteo Salvini.
Non è convinzione, verrebbe da dire, bensì convenienza; esercitare cioè quell’antico vizio degli italiani per cui saltare sul carro del vincitore è stato sempre lo “sport” preferito (ovviamente non solo dai giornalisti) da politici e industriali, sindacalisti ed intellettuali.
Prima tutti fascisti poi tutti antifascisti; tutti andreottiani poi tutti craxiani; tutti berlusconiani poi tutti salviniani: è l’Italia del 25 aprile e forse aveva proprio ragione quello che diceva che “governare gli italiani non è difficile, è inutile…”. Indovinate un po’ chi era?
Per questo abbiamo voluto ricordare il leader socialista con queste poche e modeste righe, ma scritte con convinzione (e non convenienza).

Onore a Bettino! 



Nessun commento:

Posta un commento