A distanza di vent’anni dalla scomparsa del leader socialista
è giusto fare chiarezza su uno dei grandi equivoci della “Prima Repubblica”
ONORE A BETTINO
Con la fine dei grillini e del becero giustizialismo
andranno finalmente a casa Bonafede, Di Maio e Fraccaro.
Con la speranza che la lezione serva anche ai vari Giletti,
sparsi un po’ ovunque, nonostante Urbano Cairo…
di Roberto
Buonasorte
Ora se lo rimpiangono
un po’ tutti, anche Matteo Renzi che proprio ieri ha dichiarato che Bettino
Craxi, rispetto a quelli di oggi è stato un gigante. Ci sono rimasti solo Peter
Gomez, quelli del Fatto Quotidiano e gli ultimi grillini sopravvissuti, ad
insultarlo; per molti altri invece il giudizio storico – a vent’anni dalla sua
scomparsa – fortunatamente è ben diverso.
Abbiamo avuto modo di
scriverlo nel corso degli anni, anche quando non era proprio popolare farlo,
della statura del politico e della sua capacità di avere una visione, anche
internazionale, dall’orizzonte ampio e profondo.
Ha pagato sicuramente
Sigonella, ma anche una visione della politica estera che, seppur convintamente
atlantista, definiva filo-araba appoggiando in più occasioni la causa
palestinese diventando in seguito persino amico personale di Yasser Arafat.
E mentre l’economia e
le esportazioni non andavano poi così male, l’Italia – anche grazie alle
relazioni che il Presidente Craxi aveva intessuto – contava e produceva, tanto
da arrivare, nel 1987, ad essere la sesta potenza industriale del mondo raggiungendo
nel 1991 addirittura la quarta posizione davanti alla Francia e alla Gran
Bretagna e dietro soltanto a Stati Uniti, Giappone e Germania.
I dati ovviamente non
erano elaborati da Mediaset, ma dalla Business International (società del
gruppo “The Economist”, tra i più autorevoli periodici finanziari del mondo).
Ma proprio mentre l’economia
galoppava (certo con una indubbia crescita anche del debito pubblico) e l’Italia
contava nel mondo, la politica interna, provinciale, invidiosa e cattiva
(interpretata allora soprattutto dal PCI/PDS) iniziò a cavalcare un’onda
giustizialista che tanto ricorda quella degli attuali grillini.
Sul campo rimasero solo
macerie.
Mentre in un primo
momento anche la destra cavalcò quell’onda, subito dopo capì la pericolosità
dell’operazione e diede vita – grazie all’intuito di Silvio Berlusconi – ad una
alleanza di centrodestra con Casini, Bossi e lo stesso Berlusconi.
Per il resto, sappiamo
come è andata a finire e soprattutto per colpa di chi…
Oggi viviamo un po’
quello stesso clima: ieri c’erano Di Pietro e il pool di mani pulite di Milano,
oggi ci sono Di Maio, Bonafede e Fraccaro, certo con ruoli diversi ma con i
medesimi obiettivi tanto che allora – con l’azione della magistratura - in
qualche modo si favorì la tentata scalata al Governo da parte di Occhetto. Oggi
invece i suoi “nipotini” Zingaretti e compagnia con Di Maio ci hanno fatto
direttamente il Governo.
Ma in tutto questo, esattamente
come allora, anche una certa informazione ha le sue colpe.
Prendete Giletti, uno a
caso, che pure lavora non a TeleKabul bensì nella televisione di Urbano Cairo (…)
e fa una certa impressione vedere come abbia fatto una capriola incredibile
passando da ultras grillino che ha incitato all’odio gli italiani con l’argomento
dei vitalizi, a sponsor sfacciato di Matteo Salvini.
Non è convinzione,
verrebbe da dire, bensì convenienza; esercitare cioè quell’antico vizio degli
italiani per cui saltare sul carro del vincitore è stato sempre lo “sport”
preferito (ovviamente non solo dai giornalisti) da politici e industriali,
sindacalisti ed intellettuali.
Prima tutti fascisti
poi tutti antifascisti; tutti andreottiani poi tutti craxiani; tutti
berlusconiani poi tutti salviniani: è l’Italia del 25 aprile e forse aveva
proprio ragione quello che diceva che “governare gli italiani non è difficile,
è inutile…”. Indovinate un po’ chi era?
Per questo abbiamo
voluto ricordare il leader socialista con queste poche e modeste righe, ma
scritte con convinzione (e non convenienza).
Onore a Bettino!
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