Do you
remember Matteo Renzi?
Domenica
prossima in Emilia Romagna la posta in gioco è altissima
Salvini
ha voluto trasformare le regionali in un referendum: e se perde?
di Roberto Buonasorte
C’è un precedente illustre, e non è neppure
troppo lontano nel tempo, è quello dell’altro Matteo, Renzi per intenderci.
Egli si era messo in testa la voglia di “aumentarsi”
i poteri – anche se non li chiamò “pieni poteri” – quando trasformò
di fatto il referendum sulla riforma costituzionale non tanto in un quesito sulla
modifica della Carta, quanto su lui medesimo, era il dicembre del 2016.
Perse e fu costretto a lasciare; bruciò in pochissimo
tempo un capitale elettorale che valeva il 40,8% (tanto aveva preso il PD alle
elezioni europee, soltanto 6 mesi prima…).
Oggi, per tentare di sopravvivere, ha dovuto
metter su una botteguccia a conduzione familiare che ha chiamato "Italia Viva",
che però è piena di “morti” (elettoralmente parlando) avendo imbarcato personaggi di
dubbia coerenza e moralità politica: democristiani, ex leghisti cacciati dal
partito, e persino esponenti che erano in LEU; “Italia alla Deriva”, dovremmo
chiamarla.
E tutto questo per cosa? Per presunzione,
arroganza, supponenza, caratteristiche tipiche dei leader che non si
confrontano neppure all’interno del proprio partito, che hanno la mania dell’uomo
solo al comando e che, così come capitato a Renzi, in precedenza a Fini ed ora
anche a Berlusconi, rischia di contagiare anche Matteo Salvini.
Dopo la cazzata dell’otto di agosto, con l’apertura
della crisi a Camere chiuse, Salvini ha tentato la mossa del referendum
elettorale chiedendo alla Consulta di ammettere il quesito con cui il leader
della Lega chiedeva di trasformare l'attuale sistema elettorale tutto in senso
maggioritario.
Morale: la maggioranza di governo ha incardinato –
come reazione – una proposta elettorale in senso diametralmente opposto, cioè proporzionale, e giovedì scorso la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la richiesta
di referendum leghista; applausi...! Complimenti...!
E ora arriviamo all’Emilia Romagna.
Sempre con la solita strategia impulsiva, “il
Capitano”, così lo chiamano i suoi, cala Lucia Borgonzoni come Presidente senza consultarsi con gli alleati; è
lei e basta, è la migliore, sostiene.
Però la “nasconde”, il candidato sembra essere
lui, e trasforma la campagna d’Emilia (esattamente come fece Renzi) in un
referendum pro o contro il governo nazionale; “se perdono in Emilia – va ripetendo
da mesi – Zingaretti, Renzi e Di Maio dovranno andare a casa!” Aggiungendo: “Se
perdono, lunedì 27 andrò personalmente a consegnare la lettera di licenziamento
a Conte!”.
Per carità, tutto molto bello e diremmo anche
suggestivo, ed è altrettanto logico che se ciò dovesse accadere – come ovviamente
ci auguriamo – conseguenze per il Governo delle tasse e dei poltronari ce ne
saranno eccome…
Ma se malauguratamente i compagni dovessero prevalere,
non ne uscirebbe a pezzi chi ha voluto estremizzare questa competizione? Non sarebbe
tutto il centrodestra ad uscirne indebolito? Sembra di stare al gioco del “Rischiatutto”.
Con la differenza che al “Rischiatutto” si gioca con
i denari propri e se perdi al massimo lo devi spiegare a tua moglie e alla tua famiglia, in
questo caso Salvini oltre che al suo partito dovrà renderne conto anche agli
alleati oltre che a milioni di italiani i quali – maledizione - vedrebbero
allontanarsi le urne e con esse la possibilità di dare all’Italia un governo libero,
che rimetta in moto l’economia, che le restituisca dignità e futuro.
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