10.11.19

L’importanza delle comunità nel processo di sostegno del
Patrimonio Immateriale  dell’Umantà
Unesco, ci siamo quasi
Tante le candidature, l’Italia propone l’Alpinismo, la Perdonanza Celestiniana e la transumanza


di Anna Beatrice d’Assergi

Ci siamo quasi, a breve l’Unesco si pronuncerà sui beni patrimonio immateriale dell’umanità. Sono momenti intensi, le comunità attendono speranzose che le candidature supportate possano tagliare il traguardo ed essere riconosciute come un valore sancito a livello mondiale. 
Per fare un rapido riepilogo, nella sessione di novembre-dicembre 2019, il Comitato valuterà le candidature che elenchiamo di seguito, per le quali dedichiamo particolare attenzione a quelle presentate dall’Italia. Cominciamo dall’Armenia, che ha proposto la letteratura armena e sue espressioni culturali, mentre una lunga serie di Paesi tra cui Egitto, Iraq, Giordania, Kuwait, Arabia Saudita hanno scelto di candidare la palma da datteri, conoscenze, abilità, tradizioni e pratiche. Ancora, la Bielorussia ha scelto di sostenere il rito di primavera  di Jurauski Karahod e il Belgio l’Ommegang di Bruxelles, una processione storica annuale e festival popolare. Quanto alla Bolivia, abbiamo il festival della Santissima Trinidad del Senor Jesus del Gran Poder nella città di La Paz, mentre il Botswana ha candidato la Seperu folk dance e pratiche associate. Il Brasile sostiene invece il Complesso culturale di Bumba-meu-boi di Maranhao e la Bulgaria il canto di Nedelino. Presenti anche Burkina Faso, Capo Verde, Colombia , Cipro con il canto bizantino, la Repubblica Dominicana, l’Etiopia, la Germania, l’India (con le scienze legate alla guarigione), l’Indonesia, l’Iran, l’Irlanda, il Kenya, il Kyrgystan, la Malesia, la Mongolia, il Montenegro, la Nigeria, Panama, il Perù, le Filippine, il Portogallo, Samoa, le Seychelles, la Svizzera, la Siria, la Turchia, l’Ucraina, la Bolivia, il Vietnam e altri.


Non tutti questi Paesi concorrono per la stessa Lista: diversi, infatti, hanno scelto la Lista di Salvaguardia Urgente o hanno fatto richiesta di assistenza. Per quanto ci riguarda, come si può facilmente comprendere scorrendo rapidamente la lista dei Paesi che aspirano a un riconoscimento, la partita non è semplice per l’Italia. Ma i beni sottoposti all’attenzione dell’Unesco dal nostro Paese sono davvero qualcosa di speciale. Vediamo di che si tratta. L’Italia è presente in tre candidature: insieme a Francia e Svizzera candida infatti l’alpinismo, da sola candida la Perdonanza Celestiniana, e insieme ad Austria e Grecia la Transumanza. Facciamo dunque il tifo per queste tre eccellenze italiane e, trovandoci nel Lazio, possiamo dire che facciamo il tifo specialmente per la Transumanza, perché ci riguarda direttamente e profondamente.
Prima di tutto: cos’è il “patrimonio immateriale dell’umanità”? Senza ripetere virgolettati e definizioni, diciamo brevemente che ci si riferisce a un insieme di tradizioni, capacità, abilità, specialità, prassi, conoscenze – che constano anche di una parte “materiale” - che appartengono alle comunità, qualcosa che viene trasmesso di generazione in generazione e che costituisce l’identità di un popolo. Un concetto, quello di “bene immateriale”, che apparteneva ben poco a noi occidentali fino a qualche tempo fa, o almeno ci apparteneva poco il senso di necessità di “istituzionalizzare” questo tipo di beni, di “codificarli”, in un certo senso. Noi occidentali, infatti, abbiamo nella nostra cultura ben chiaro da lungo tempo il concetto di “bene materiale”, essendo un popolo ricchissimo in termini di monumenti e di testimonianze materiali, sparse su tutto il territorio occidentale. In Oriente non è così: i materiali con cui gli Orientali creano gli edifici della loro quotidianità sono materiali deperibili. Da qui la spinta dell’Oriente verso una codificazione, una volontà di tutela di quello che oggi chiamiamo “patrimonio immateriale dell’umanità”, che oggi l’Unesco tutela. È, insomma, una grande conquista di questo tempo, un’immensa conquista, fondamentale. Senza tutto questo, quanti saperi, quante arti, quante tradizioni andrebbero perdute… e allora ci vuole il massimo impegno, per sostenere queste espressioni della storia dell’umanità, diversissime da luogo a luogo, preziosissime.


Veniamo alla nostra Transumanza, allora. L’Unesco – e questo vale per tutte le candidature – esige che le candidature dei beni proposti alla sua attenzione per l’inserimento nella Lista, siano condivise dalle popolazioni. È qualcosa di imprescindibile, la scelta deve venire “dal basso”. In fondo, sono i popoli i veri detentori di questo patrimonio, è solo grazie ai popoli che certe tradizioni sono giunte fino a noi. Vediamo allora come i popoli hanno sostenuto questa candidatura della Transumanza a Patrimonio Immateriale dell’Umanità dell’Unesco. Lasciando indietro le procedure, che poco ci interessano in questa sede, vediamo piuttosto come le comunità si sono occupate di sostenere la candidatura. Al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali giungono, nei primi mesi del 2018 (dunque quando il nostro Ministero competente predisponeva la pratica di candidatura), una serie di lettere a supporto. Scrivono in molti: l’Agenzia di Sviluppo Rurale Moligal di Campobasso, le Masserie Colantuono di Frosolone in provincia di Isernia, i Pastori Lombardi, l’Agrargemeinschaft Rofenberg e l’Alpinteressentschaft Niedetal di Bolzano, l’Associazione Regionale Produttori Ovicaprini d’Abruzzo, la Allevatori Società Cooperativa Anversana di Anversa degli Abruzzi, il Consorzio di Tutela dei Prodotti Pastorali nei Parchi d’Abruzzo, l’Università degli Studi del Molise, l’Associazione “I custodi del territorio”, l’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia sezione Molise, l’Associazione Turistica Pro Loco di Amatrice, l’Associazione Culturale “Ars est vita” di Ceccano in provincia di Frosinone, la Kulturverein Schnals.
Com’è evidente, la spinta dal basso c’è, eccome. Abbiamo raccontato su questo blog la vicenda esemplare di Amatrice: un territorio distrutto dal sisma, che si attacca con le unghie a ciò che gli resta, le sue tradizioni, ciò che ha di più prezioso. Una terra legata moltissimo al suo patrimonio: quello materiale se l’è visto sbriciolare sotto gli occhi in una notte. Gli resta quello immateriale, preziosissimo, e per quello Amatrice si è mobilitata anche di recente con una bellissima manifestazione, dotandosi di un convegno scientifico e di una serie di attività incentrate proprio sulla Transumanza, per concludere una due giorni appassionante con la rievocazione vera e propria di questa antica pratica, con le persone che hanno accompagnato gli animali dallo stazzo fino alla città, dove poi si sono incamminate verso la pianura, questa volta a bordo di un camion. Potrà sembrare strano, eppure nell’epoca della globalizzazione, ad Amatrice ci sono ancora pastori transumanti, che in estate portano su quei monti i loro animali e d’inverno li riportano ai climi più caldi della campagna romana. Lo farebbero, se queste persone non fossero ancora oggi legatissime a questa tradizione? Probabilmente no. E allora, forza! Che la Transumanza diventi Patrimonio Immateriale dell’Umanità, che l’Unesco restituisca a questi popoli ciò che la natura a volte matrigna ha portato via alle loro vite. Una riflessione, questa, che vale anche per la Perdonanza Celestiniana: L’Aquila come Amatrice, nel bene e nel male queste due città sono sorelle per sempre. Speriamo lo siano anche nei festeggiamenti, quando l’Unesco si sarà pronunciato.

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