Il flop di Franceschini:
scacco alla Francia, l’Uomo
di Vitruvio resta a casa
di Anna Beatrice d’Assergi
Dario Franceschini, al suo secondo giro di walzer da Ministro
dei Beni Culturali, non ha ancora capito niente. Confonde i ruoli, si arroga
diritti che non gli appartengono, si sostituisce alle figure deputate a decidere
se un opera d’arte può essere trasferita o meno, si piega alla Francia e
promette ciò che non può dare. Parliamo dell’Uomo di Vitruvio, l’uomo perfetto
di Leonardo da Vinci.
C’è un pasticcere di Cremona che è più rispettoso del
Ministro: mentre Franceschini firma per un trasferimento che non può avvenire,
il più saggio pasticcere cremonese Mirco Della Vecchia, per onorare il grande
Maestro, riproduce l’Uomo Vitruviano con il torrone: un’opera di alta
pasticceria di due metri di altezza e 2,5 metri di diametro. Può essere un modo
dolce per accogliere il popolo francese ad una mostra del gusto e dell’arte
italiana, dice: un modo simpatico per consolare i francesi del mancato arrivo dell'opera
nei loro confini nazionali.
Dario Franceschini, che di mestiere fa il Ministro dei Beni
Culturali, dovrebbe forse chiedersi perché quel foglio, che è un
importantissimo pezzo della storia mondiale, viene esposto solo in certe
occasioni, raramente, ed invece è solitamente conservato in un caveau. Dovrebbe
anche, forse, studiare le norme che disciplinano le vicende legate alle opere d’arte.
Dovrebbe in buona sostanza limitarsi a dare un indirizzo politico, affidandosi
poi all’esperienza e alla formazione dei tecnici - che di mestiere non fanno i
ministri ma conoscono bene i guai che le opere d’arte possono subire in caso di
spostamento, e forse sono le persone più idonee a valutare l’opportunità di
trasferire un bene o meno - per decidere poi con oculatezza se vale la pena
rischiare la distruzione (perché di questo si tratta) di un bene tanto prezioso
per fargli fare un viaggio a Parigi, dove i francesi - per celebrare Leonardo -
potrebbero anche “accontentarsi” di ammirare la Gioconda.
Due passaggi che impediscono - è evidente - non solo a Dario
Franceschini, ma a chiunque, di disporre delle opere come si vuole. Si
trattava, in parole povere, di un accordo bilaterale stilato tra i due ministri
– quello italiano e quello francese - che avevano serenamente concordato il
tutto calandolo dall’alto, e solo dopo - pare - il ministro Franceschini si
sarebbe preoccupato di acquisire pareri. Un procedimento che non è esattamente
quello canonico, quello giusto è esattamente al rovescio: sono i musei che si
sentono tra loro e poi, una volta trovato l’eventuale accordo sulla base della
fattibilità tecnica del trasferimento – che dunque garantisca in ogni modo il
mantenimento dell’integrità dell’opera (che essa cioè non sia a rischio) - viene
fatta la richiesta di autorizzazione al Ministero. O, semmai, il Ministero propone
e, sentiti gli operatori deputati alla salvaguardia delle opere, dispone.
Nel caso dell’Uomo di Vitruvio il rischio che il foglio si
rompa è altissimo: è recente la sua esposizione proprio alle Gallerie dell’Accademia
in occasione della mostra “Leonardo da Vinci. L’uomo modello del mondo”. Quel
foglio, che ha lesioni passanti che costituiscono un grave rischio di rottura,
dopo l’esposizione deve restare al sicuro, e probabilmente sarà visibile ben poco
nei prossimi anni: questo, a tutela della sua conservazione e integrità. Se
venisse data in prestito al Louvre, chissà per quanto tempo si renderebbe
indispensabile evitarne l’esposizione. Perché l’Italia e le Gallerie dell’Accademia
dovrebbero privarsi di mostrare quell’opera per un numero imprecisato di anni?
E allora valga ancora e sempre la regola: “Siano gli uomini, a spostarsi, non
le opere d’arte”. Vale anche per Franceschini e per il suo omologo francese
Nyssen.
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