13.10.19


Il flop di Franceschini:

scacco alla Francia, l’Uomo di Vitruvio resta a casa



di Anna Beatrice d’Assergi


Dario Franceschini, al suo secondo giro di walzer da Ministro dei Beni Culturali, non ha ancora capito niente. Confonde i ruoli, si arroga diritti che non gli appartengono, si sostituisce alle figure deputate a decidere se un opera d’arte può essere trasferita o meno, si piega alla Francia e promette ciò che non può dare. Parliamo dell’Uomo di Vitruvio, l’uomo perfetto di Leonardo da Vinci.
C’è un pasticcere di Cremona che è più rispettoso del Ministro: mentre Franceschini firma per un trasferimento che non può avvenire, il più saggio pasticcere cremonese Mirco Della Vecchia, per onorare il grande Maestro, riproduce l’Uomo Vitruviano con il torrone: un’opera di alta pasticceria di due metri di altezza e 2,5 metri di diametro. Può essere un modo dolce per accogliere il popolo francese ad una mostra del gusto e dell’arte italiana, dice: un modo simpatico per consolare i francesi del mancato arrivo dell'opera nei loro confini nazionali.
Dario Franceschini, che di mestiere fa il Ministro dei Beni Culturali, dovrebbe forse chiedersi perché quel foglio, che è un importantissimo pezzo della storia mondiale, viene esposto solo in certe occasioni, raramente, ed invece è solitamente conservato in un caveau. Dovrebbe anche, forse, studiare le norme che disciplinano le vicende legate alle opere d’arte. Dovrebbe in buona sostanza limitarsi a dare un indirizzo politico, affidandosi poi all’esperienza e alla formazione dei tecnici - che di mestiere non fanno i ministri ma conoscono bene i guai che le opere d’arte possono subire in caso di spostamento, e forse sono le persone più idonee a valutare l’opportunità di trasferire un bene o meno - per decidere poi con oculatezza se vale la pena rischiare la distruzione (perché di questo si tratta) di un bene tanto prezioso per fargli fare un viaggio a Parigi, dove i francesi - per celebrare Leonardo - potrebbero anche “accontentarsi” di ammirare la Gioconda.

Due passaggi che impediscono - è evidente - non solo a Dario Franceschini, ma a chiunque, di disporre delle opere come si vuole. Si trattava, in parole povere, di un accordo bilaterale stilato tra i due ministri – quello italiano e quello francese - che avevano serenamente concordato il tutto calandolo dall’alto, e solo dopo - pare - il ministro Franceschini si sarebbe preoccupato di acquisire pareri. Un procedimento che non è esattamente quello canonico, quello giusto è esattamente al rovescio: sono i musei che si sentono tra loro e poi, una volta trovato l’eventuale accordo sulla base della fattibilità tecnica del trasferimento – che dunque garantisca in ogni modo il mantenimento dell’integrità dell’opera (che essa cioè non sia a rischio) - viene fatta la richiesta di autorizzazione al Ministero. O, semmai, il Ministero propone e, sentiti gli operatori deputati alla salvaguardia delle opere, dispone.
Nel caso dell’Uomo di Vitruvio il rischio che il foglio si rompa è altissimo: è recente la sua esposizione proprio alle Gallerie dell’Accademia in occasione della mostra “Leonardo da Vinci. L’uomo modello del mondo”. Quel foglio, che ha lesioni passanti che costituiscono un grave rischio di rottura, dopo l’esposizione deve restare al sicuro, e probabilmente sarà visibile ben poco nei prossimi anni: questo, a tutela della sua conservazione e integrità. Se venisse data in prestito al Louvre, chissà per quanto tempo si renderebbe indispensabile evitarne l’esposizione. Perché l’Italia e le Gallerie dell’Accademia dovrebbero privarsi di mostrare quell’opera per un numero imprecisato di anni? E allora valga ancora e sempre la regola: “Siano gli uomini, a spostarsi, non le opere d’arte”. Vale anche per Franceschini e per il suo omologo francese Nyssen.

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