10.10.19


Ma Renata ci è andata

o ce l’hanno mandata?


di Roberto Buonasorte

Renata Polverini per come abbiamo imparato a conoscerla, non fa mai nulla per caso, e soprattutto nulla per niente.
Si è guadagnata sul campo la fama di dura, “una tosta” come si dice a Roma, e da figlia d’arte, la madre era sindacalista della Cisnal (così si chiamava il sindacato vicino al Movimento Sociale Italiano prima di trasformarsi nell’attuale UGL) iniziando da semplice impiegata, ne ha scalato i vertici fino a diventarne Segretario Generale.
Rimarrà impressa per sempre, a chi scrive, una frase che pronunciò ad una assemblea del sindacato; lei era stata appena eletta Presidente della Regione e presa dalla foga nel parlare ai suoi – e forse dimenticando per un attimo che c’eravamo anche alcuni di noi eletti consiglieri regionali – disse:” …e poi amici miei non dimentichiamo mai che noi siamo innanzitutto sindacalisti, e i sindacalisti trattano sempre, non te danno mai niente pe’ niente…” giù applausi, e ancora: “ perché il sindacalista tratta pure co' la moje o con il marito quando torna a casa la sera per stabilire cosa si prende dal frigo e cosa si mangia a tavola!” Momenti viene giù l’albergo, “Re-na-ta, Re-na-ta”.
Fu brava a farsi candidare alla Regione da Gianfranco Fini e fu ancora più gajarda quando, pur in assenza della lista del PdL a Roma, riuscì (riuscimmo) a vincere battendo la Bonino. Poi il disastro delle dimissioni – anche lì, dopo la solita trattativa, sia con il Quirinale che con il Viminale – fino a quando grazie ai buoni rapporti con Angelucci e con Denis Verdini (che in Forza Italia se la comandavano) gli venne garantito un posto blindato alla Camera. Minacciò anche un’altra volta le dimissioni, ma poi il Cavaliere le promise il ruolo di Responsabile del Dipartimento per le politiche del lavoro, la trattativa andò a buon fine e lei rimase.
La versione ufficiale che invece trapela in questi giorni (di trattativa) dopo che si è autosospesa da Forza Italia, è che lei “non si riconosce più nei valori che il partito rappresentava un tempo…”.
In realtà non è questione di valori; semplicemente il partito del Cavaliere, che oggi conta circa 160 Parlamentari, con il taglio appena approvato e la percentuale che gli attribuiscono i sondaggi che vanno dal 5 al 7%, di parlamentari (se addirittura dovesse passare il sistema proporzionale) ne eleggerebbe 35, massimo 40, tradotto: 120 uscenti vanno a casa.
Un disastro.
E manco a dire che la “Sora Renata” – come la chiamano con affetto chi ne apprezza la spontaneità – se ne torna al sindacato, perché nel frattempo l’UGL gliel’hanno sfilato, ha trasferito armi e bagagli sotto le insegne di Alberto da Giussano.
E dunque strizza l’occhio a Renzi.
Ma i più maligni e più avvezzi alle manovre di Palazzo – quelli che se ne intendono, a differenza nostra che invece preferiamo le analisi e gli approfondimenti – sostengono addirittura che i suoi avvicinamenti a Renzi siano stati consentiti con il placet del Cavaliere, la regia di Gianni Letta, i sussurri di Denis Verdini.
Proprio così, anche perché il Cavaliere – al netto degli accordi per le regionali – sul piano nazionale, con il Capitano, non ha chiuso affatto, e dunque si tiene le mani libere nel caso in cui 10/15 senatori grillini dovessero tramare per un ribaltone; Berlusconi correrebbe in soccorso.
Intanto è arrivata la Polverini, e al Senato, si dice, arriveranno altri. Quanti altri? E chi può dirlo...Perché questi di là non ci vanno per caso, ce li mandano…

       

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