Quel telefonino che cancella
Identità, Storia, Cultura…
di Anna Beatrice d’Assergi
Sia benvenuta la tecnologia quando serve, quando è ben usata
e quando non fa danni. E dunque sia benvenuta quando è utile al lavoro, a
socializzare, a risolvere problemi.
Un po’ meno quando la tecnologia porta a perdere i punti di
riferimento, che sono quelli sociali, umani, ma anche culturali e più nello specifico
letterari. Se “questo” diventa “qst”, se “chiamami” diventa “kiamami”, se
“perché” diventa “xche”, se “non” diventa “nn”, se “scusa” diventa “sks”, siamo
davvero alla fine.
La lingua italiana è stata a lungo vituperata, in ogni modo.
A cominciare dagli inglesismi, che da qualche decennio imperversano nella
quotidianità degli italiani, utilizzati molto spesso quando davvero non ve n’è alcun
bisogno. Ma quello che succede da quando esistono i telefonini di ultima
generazione è qualcosa di diverso e di più subdolo. Gli inglesismi, infatti,
vanno a sostituirsi ai termini italiani. Le parole italiane vengono messe da parte,
insomma, e così facendo in qualche modo vengono anche tenute al riparo da storpiature
di ogni genere.
Questi obbrobri di parole storpiate, invece, minano la lingua
dall’interno, scompongono il valore, il senso, la preziosità dei termini, dei
meravigliosi termini che compongono il vocabolario italiano. Un tesoro vero e proprio.
Facciamo un paragone fantasioso: chi sostituisce gli
inglesismi ai termini italiani corrisponderebbe a chi surroga a una collana
d’oro, una di bigiotteria di quart’ordine. Chi invece storpia le parole della
nostra bella lingua, corrisponderebbe a chi quella collana d’oro la smembra in
mille pezzi e ne getta una buona parte nella spazzatura.
Senza voler essere bigotti e senza esagerare, sarebbe bello
spiegare ai nostri figli che ci sono cose che si possono cambiare, e cose che
sarebbe opportuno rispettare ad ogni costo. La deriva, altrimenti, sarà definitiva
e rimediare diverrà impossibile.
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