20.10.19


Quel telefonino che cancella
Identità, Storia, Cultura…



di Anna Beatrice d’Assergi

Sia benvenuta la tecnologia quando serve, quando è ben usata e quando non fa danni. E dunque sia benvenuta quando è utile al lavoro, a socializzare, a risolvere problemi.
Un po’ meno quando la tecnologia porta a perdere i punti di riferimento, che sono quelli sociali, umani, ma anche culturali e più nello specifico letterari. Se “questo” diventa “qst”, se “chiamami” diventa “kiamami”, se “perché” diventa “xche”, se “non” diventa “nn”, se “scusa” diventa “sks”, siamo davvero alla fine.
La lingua italiana è stata a lungo vituperata, in ogni modo. A cominciare dagli inglesismi, che da qualche decennio imperversano nella quotidianità degli italiani, utilizzati molto spesso quando davvero non ve n’è alcun bisogno. Ma quello che succede da quando esistono i telefonini di ultima generazione è qualcosa di diverso e di più subdolo. Gli inglesismi, infatti, vanno a sostituirsi ai termini italiani. Le parole italiane vengono messe da parte, insomma, e così facendo in qualche modo vengono anche tenute al riparo da storpiature di ogni genere.
Questi obbrobri di parole storpiate, invece, minano la lingua dall’interno, scompongono il valore, il senso, la preziosità dei termini, dei meravigliosi termini che compongono il vocabolario italiano. Un tesoro vero e proprio.
Facciamo un paragone fantasioso: chi sostituisce gli inglesismi ai termini italiani corrisponderebbe a chi surroga a una collana d’oro, una di bigiotteria di quart’ordine. Chi invece storpia le parole della nostra bella lingua, corrisponderebbe a chi quella collana d’oro la smembra in mille pezzi e ne getta una buona parte nella spazzatura.
Senza voler essere bigotti e senza esagerare, sarebbe bello spiegare ai nostri figli che ci sono cose che si possono cambiare, e cose che sarebbe opportuno rispettare ad ogni costo. La deriva, altrimenti, sarà definitiva e rimediare diverrà impossibile.

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