22.9.19


 Amatrice guarda all’Unesco


Una rinascita 
che passa anche per la Transumanza

di Anna Beatrice d’Assergi


Questa terra sa di buono. Lo si percepisce appena ci si arriva, lo si sente nell’aria. Che sia la catena della Laga, il suo ambiente naturalistico incontaminato, o che siano le persone e gli animali che la abitano, certo è che arrivi in questa terra e te ne innamori. Amatrice non è un luogo come un altro, e non perché è distrutta. È unica, e non per il terremoto che l’ha spazzata via. È speciale, e non perché è terremotata. Amatrice è straordinaria perché è una madre, e come tale è amata infinitamente dai suoi figli. Gente che è rimasta qui nonostante tutto e che è stata capace, dopo il successo della Sagra dei famosi spaghetti di appena venti giorni fa, di rimettersi in moto un’altra volta per un evento anche stavolta legato alla tradizione. Questa è terra di pastori transumanti, quasi tutte le famiglie del posto hanno - o hanno avuto in tempi passati - animali di allevamento. Pecore e mucche, specialmente. Una lunga tradizione, quella della transumanza, che la gente qui ricorda e rievoca. E non lo fa adesso in vista del pronunciamento dell’Unesco: lo fa da tempo, lo faceva prima del terremoto, perché “i figli devono conoscere le origini, devono sapere da dove veniamo, devono capire chi siamo”, dicono, tutti. Una manifestazione corale, quella di ieri e oggi, promossa dall’Amministrazione comunale e patrocinata dalla Regione Lazio, che ha visto al lavoro decine di persone e che ha coinvolto quasi tutte le associazioni del territorio. La parola d’ordine è “insieme”. Le tradizioni di un popolo sono ciò in cui un popolo si riconosce, e qui in montagna il sentimento di legame profondo tra l’uomo e la terra è più forte che altrove. C’è una perfetta armonia, tra questa gente e gli animali, e tra questi e la natura che li circonda, sono un quadro perfetto, “insieme”. Sono una cosa sola, si compenetrano gli uni con gli altri; che l’uomo, l’animale e l’ambiente siano fatti per stare insieme, qui lo si capisce, lo si avverte, è una comunione che vibra nell’aria fresca dei mille metri sul livello del mare. E anche i suoni, e i colori, e gli odori, sono perfettamente incastonati in questo scorcio di Laga immensa e maestosa, fiera di mostrare i suoi colori autunnali in attesa che torni la neve ad imbiancarla e a renderla un piccolo presepe tutto appenninico. Le greggi oggi prenderanno la strada della pianura, salutate dai canti e dai suoni della loro Laga che attende il loro ritorno, a primavera. Sembra un quadro dell’Ottocento, e invece è la Amatrice del terzo millennio, che guarda avanti ma non dimentica se stessa. L’Unesco si pronuncerà a breve ormai, e l’Italia intera - e non solo - spera che la transumanza trovi il suo giusto posto nella lista dei beni patrimonio immateriale dell’umanità. Ma ad Amatrice questo è già successo: per questa gente lo è già, da sempre.


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