Amatrice guarda all’Unesco
Una rinascita
che passa anche per la
Transumanza
di Anna Beatrice d’Assergi
Questa terra sa di buono. Lo si
percepisce appena ci si arriva, lo si sente nell’aria. Che sia la catena della
Laga, il suo ambiente naturalistico incontaminato, o che siano le persone e gli
animali che la abitano, certo è che arrivi in questa terra e te ne innamori.
Amatrice non è un luogo come un altro, e non perché è distrutta. È unica, e non
per il terremoto che l’ha spazzata via. È speciale, e non perché è terremotata.
Amatrice è straordinaria perché è una madre, e come tale è amata infinitamente
dai suoi figli. Gente che è rimasta qui nonostante tutto e che è stata capace,
dopo il successo della Sagra dei famosi spaghetti di appena venti giorni fa, di
rimettersi in moto un’altra volta per un evento anche stavolta legato alla
tradizione. Questa è terra di pastori transumanti, quasi tutte le famiglie del
posto hanno - o hanno avuto in tempi passati - animali di allevamento. Pecore e
mucche, specialmente. Una lunga tradizione, quella della transumanza, che la
gente qui ricorda e rievoca. E non lo fa adesso in vista del pronunciamento
dell’Unesco: lo fa da tempo, lo faceva prima del terremoto, perché “i figli
devono conoscere le origini, devono sapere da dove veniamo, devono capire chi
siamo”, dicono, tutti. Una manifestazione corale, quella di ieri e oggi,
promossa dall’Amministrazione comunale e patrocinata dalla Regione Lazio, che
ha visto al lavoro decine di persone e che ha coinvolto quasi tutte le
associazioni del territorio. La parola d’ordine è “insieme”. Le tradizioni di
un popolo sono ciò in cui un popolo si riconosce, e qui in montagna il
sentimento di legame profondo tra l’uomo e la terra è più forte che altrove.
C’è una perfetta armonia, tra questa gente e gli animali, e tra questi e la
natura che li circonda, sono un quadro perfetto, “insieme”. Sono una cosa sola,
si compenetrano gli uni con gli altri; che l’uomo, l’animale e l’ambiente siano
fatti per stare insieme, qui lo si capisce, lo si avverte, è una comunione che
vibra nell’aria fresca dei mille metri sul livello del mare. E anche i suoni, e
i colori, e gli odori, sono perfettamente incastonati in questo scorcio di Laga
immensa e maestosa, fiera di mostrare i suoi colori autunnali in attesa che
torni la neve ad imbiancarla e a renderla un piccolo presepe tutto appenninico.
Le greggi oggi prenderanno la strada della pianura, salutate dai canti e dai
suoni della loro Laga che attende il loro ritorno, a primavera. Sembra un quadro
dell’Ottocento, e invece è la Amatrice del terzo millennio, che guarda avanti
ma non dimentica se stessa. L’Unesco si pronuncerà a breve ormai, e l’Italia
intera - e non solo - spera che la transumanza trovi il suo giusto posto nella
lista dei beni patrimonio immateriale dell’umanità. Ma ad Amatrice questo è già
successo: per questa gente lo è già, da sempre.
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