8.9.19


Dario 2.0... Sperando 
nella discontinuità



di Anna Beatrice d’Assergi 

Franceschini, il ritorno: in tanti si chiedono “perché, perché lui”. Non che uno, per fare il Ministro dei Beni Culturali, debba essere laureato in storia dell’arte, per carità... 
Il Commissario alla Ricostruzione Piero Farabollini, geologo di chiara fama, ci ha dimostrato che non serve essere professori della materia per cui si ha un incarico politico, e infatti in un anno e oltre non ha combinato un bel niente per il centro Italia terremotato. Ma di certo è un bravissimo geologo, nessuno lo nega. 
Di certo più bravi sono stati i suoi predecessori, Errani e la De Micheli, perché la Politica è una specializzazione a parte, che c’entra poco con le lauree e con i master. Franceschini però è un discorso a parte. 
Non fosse altro perché il Ministero dei Beni Culturali è già stato nelle sue mani, e c’è da dire che non è stato esattamente il massimo per un Paese come l’Italia, per il quale i Beni Culturali sono l’equivalente del petrolio per i paesi arabi. 
Tra gli operatori del settore, Franceschini viene ricordato come l’autore della riforma ministeriale peggiore nella storia d’Italia, limitando di fatto i diritti dei lavoratori, permettendo l’intervento dei privati nei Musei italiani, per aver contribuito attivamente a stritolare archivi e biblioteche. Un lavoro che aveva iniziato e non aveva ancora finito: l’occasione ora gli è propizia per dare il colpo di grazia. 
Il suo predecessore Bonisoli, del resto, non ha brillato per intuizione, rifilando sorprese non sempre piacevoli proprio sotto ferragosto, mentre la sua maggioranza si stava letteralmente disgregando e gli italiani in spiaggia assistevano allo spettacolo disastroso di un Paese che letteralmente muore giorno dopo giorno. 
Accorpamenti e privatizzazioni: questi i concetti fondamentali del decreto che Bonisoli ha somministrato agli italiani, lasciando che piovesse sul bagnato, peggiorando ciò che peggio sembrava non potesse andare. 
Per non parlare del concorso Mibac, per il quale andava bene un diploma qualsiasi, in barba agli specialisti del settore. Vero è che si trattava di posti di vigilanza, ma forse varrebbe la pena non sottovalutare nemmeno un portiere, se parliamo di Musei o Gallerie, o siti di interesse storico culturale. 
Il caso del Cratere François costituisce un precedente importante: se a vigilare sul prezioso manufatto, al Museo Archeologico di Firenze, ci fosse stato un esperto, di certo non lo avrebbe lanciato contro un muro come fece il custode nel 1900, riducendo un’opera straordinaria della Grecia arcaica in oltre seicento pezzi, per esempio.
E poi c’è il “balletto della T”. Sembra di giocare a Scarabeo: metti la T, togli la T, rimetti la T. T, che sta per Turismo. Che va insieme alla cultura a fasi alterne, a volte si, a volte no, dipende dal Ministro che di volta in volta ci tocca sopportare. 
Come se il problema fosse la “T”, e non gli uomini deputati a gestirla. Franceschini fase due, insomma. Dario 2.0, speriamo. 
Nel senso che questo Ministero non lo gestisca, stavolta, nel segno della continuità. Non della sua, ma nemmeno di colui che gli ha appena ceduto lo scranno. 


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