PIATTAFORMA
“RUSSÒ”
Fa discutere lo
strumento messo in campo dai Cinque Stelle
Chiunque può dirsi scettico
ma non la destra che
per prima ebbe l’intuito
di usare il metodo della consultazione degli elettori
come ausilio per
orientare le proprie scelte
di Roberto
Buonasorte
Oggi gli iscritti
alla “Piattaforma Rousseau” voteranno per esprimere, con un clic, la
loro approvazione oppure il dissenso su Conte Premier e
sull’alleanza con il PD.
Su questa storia del
voto on line la quasi totalità degli osservatori e addetti ai lavori dell’area
di centrodestra si è detta contraria manifestando le più diverse critiche.
“Il voto potrebbe
essere truccato” hanno affermato taluni, “quei clic sono influenzati da quello
che dice Grillo” hanno sottolineato altri, “indeboliscono le
prerogative del Capo dello Stato e calpestano la Costituzione”
hanno urlato altri ancora.
Se il
cortese lettore ci consente, non siamo pienamente d’accordo con
queste critiche, cercheremo, con il consueto garbo, e senza avere la
pretesa di imporre al resto del mondo la propria linea negando il diritto
di replica, di argomentare tali convinzioni.
Intanto va detto che
la società, in tutte le sue articolazioni, è mutata radicalmente soprattutto
negli ultimi dieci anni, e l’avvento dei social nell’era
degli smartphone oggi condiziona tutto, persino sulla scelta del
ristorante.
In questo contesto va
interpretata la scelta del Movimento Cinque Stelle,
che predica l’ “uno vale uno” e la “democrazia diretta”.
La cosa che più
spiace è che nell’ambito del centrodestra a queste critiche si sia
accodata anche la destra.
E’ proprio la
destra infatti che da anni si batte, ad esempio, per l’elezione
diretta del Presidente della Repubblica, che poi, se vogliamo,
rappresenta la più alta espressione di democrazia diretta.
Fummo sempre noi
di An gli apripista nel fare le primarie, e mentre i partiti
si spartivano le candidature noi chiamammo a raccolta il popolo sotto
lo slogan “Decidi Tu!”. Correva l’anno 1998 e le sperimentammo in
occasione delle elezioni provinciali di Roma dove eleggemmo
a furor di popolo Silvano Moffa. In quell’anno, e ne sono
passati più di venti, fecero il loro ingresso a Palazzo Valentini
Giorgia Meloni, eletta nella “sua” Garbatella e poi
tanti altri grazie a quello straordinario strumento di democrazia,
ricordiamo Lollobrigida trionfare a sorpresa nel Primo
Municipio di Roma, Petrella nel quarto, Giorgio Ciardi, Barbara
Saltamartini, Giulio Buffo ad Ostia… Ci
fu tanto entusiasmo. Così come ricordiamo i
compagni, che avevano perso inaspettatamente, con la loro
proverbiale superbia accusarci di aver messo in piedi una
“buffonata” (così la chiamarono) ma presero una “suonata” che
ancora oggi se la ricordano.
Quanto alle critiche
sul fatto che Grillo con i suoi proclami possa influenzare le
scelte dei votanti, esse fanno sorridere.
Non c’è nulla di
scandaloso – anzi lo riteniamo doveroso – che un leader, chiunque
esso sia, esprima il suo pensiero e cerchi di orientare gli iscritti, e se
questi saranno la maggioranza vuol dire che la leaderschip è stata
convincente ed essa ne esce rafforzata.
Ogni partito decide
come vuole: c’è chi lo fa attraverso i “Caminetti”, chi riunendo gli
organi di vertice del Partito, chi alzando la posta a colpi di comunicati
stampa, con ultimatum e penultimatum…
Fu sempre la destra
romana, ancora una volta anticipatrice dei tempi, che fece esattamente
quello che faranno i grillini con il voto di oggi.
Come non
ricordare infatti i gazebo di Fratelli d’Italia del 2013?
Eravamo alla vigilia
delle elezioni comunali di Roma, Alemanno era il sindaco
uscente, e nonostante Fratelli d’Italia avesse fatto parte di quella
giunta decise, attraverso i gazebo sparsi in città, di chiedere
(attenzione: non agli iscritti, ma addirittura ai cittadini)
se Fdi avesse dovuto continuare ad appoggiare
Alemanno sindaco o candidarne un altro.
L’11 aprile del 2013
dunque quel genio di Rampelli (al quale va riconosciuta una
capacità organizzativa e di comunicazione fuori dal comune) tira fuori dal
cilindro la consultazione che aveva, tra l’altro, lo
stesso slogan di quella di quindici anni prima: “Decidi
Tu!”, appunto.
Si votò fino al 16
aprile, e dai dati diffusi parteciparono oltre ventimila persone tra
i quali, e addirittura, anche i cittadini di età compresa tra
i sedici e diciotto anni.
E fu talmente giusta
l’intuizione di Rampelli che dovettero rimandare per giorni la
decisione sull’appoggio ad Alemanno per la enorme partecipazione di
votanti a quei gazebo.
Si obietta: ma chi ci
dice che queste consultazioni non siano taroccate? Figuriamoci;
di fronte ad una democrazia così fragile dove un leader di partito che
durante le tre ore di una manifestazione una la impiega per fare il comizio, e le
altre due le passa a farsi i selfie, di cosa parliamo?
In realtà
è tutta la società che oggi, così virtuale, appare sedata, addormentata.
Addormentati come quelli che votano oggi, Piattaforma “russò" dovrebbero chiamarla..
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