16.8.19

AMATRICE E LA TENACIA DI UN COMBATTENTE





Desta rabbia che in un Paese civile per ottenere
una cosa di cui si ha diritto
si debbano sempre battere i pugni
Lo scandalo delle comunità colpite dal sisma
ancora al palo alla vigilia del terzo anniversario



Ha sempre battuto i pugni sul tavolo, per ottenere quello che spettava alla sua Amatrice. All’indomani del terribile sisma che ha devastato la sua città, non ha esitato ad alzare il telefono e a chiamare Matteo Renzi per dirgli che di celebrare i funerali a Rieti non se ne parlava nemmeno. “Ad Amatrice, nella loro terra” gli
disse, imponendo così la volontà di un Sindaco a quella del capo del Governo.
I funerali di quelle 239 persone, uccise dal terremoto, furono celebrati nella loro Amatrice, come era giusto che fosse.
“Cento per cento di finanziamento anche per le seconde case”, aveva quindi detto al Commissario Vasco Errani, quando si trattava del decreto sulla ricostruzione. E cento per cento anche per
le seconde case fu, perché era il solo modo per far sì che quei territori devastati dal sisma potessero sperare in una rinascita.
“La scuola, subito. Ecco mezzo milione di euro, donato alle casse comunali dalla solidarietà. E sei milioni e mezzo di euro donati da Sergio Marchionne.  La scuola, subito”. E la scuola venne realizzata: due anni dopo il terremoto gli studenti di Amatrice entravano nel nuovo Campus; materna, elementare, media inferiore e liceo, con il suo Convitto.
Sergio Pirozzi era partito, da solo, mesi prima per il Canada e lì aveva incontrato Marchionne. Insieme avevano studiato un modo per restituire ai giovani della sua città un luogo dove formarsi. La scuola, il luogo pubblico più importante per una comunità, è lì e accoglie generazioni di allievi di Amatrice e non solo.
Il Convitto permette infatti anche a chi viene da fuori provincia e da fuori regione di frequentare il liceo ad Amatrice. E un Liceo Scientifico Sportivo Turistico Internazionale è ancora una volta una sua intuizione.
“Il primo Sindaco d’Italia”: così era definito, Pirozzi un po’ da tutti, mentre incontrava i grandi della Terra: da Papa Francesco al Presidente Mattarella, dalla Cancelliera Angela Merkel al Primo ministro canadese Trudeau, al Principe Carlo d’Inghilterra. Non dormiva, mangiava un panino in Comune e si rimetteva al lavoro, ogni sera parlava alla popolazione sulle frequenze di una piccola radio, spesso senza voce perché parlava dalla mattina alla sera, senza dormire, e fumava cento sigarette al giorno, gli occhi incavati e la barba lunga, la felpa con su scritto “Amatrice” sempre indosso.
Ha sempre battuto i pugni sul tavolo, ottenendo, per tutta l’area del cratere quello che spettava di diritto. L’ultima volta in cui ha alzato la voce per reclamare quanto dovuto è stato qualche giorno fa: “Fondi per l’Alberghiero, altrimenti vado in Procura”, ha tuonato dai banchi del Consiglio Regionale del Lazio.
La vicenda “Alberghiero” Pirozzi la conosce bene: quando era ancora sindaco, fu lui a consegnare al Commissario quasi un milione di euro (anche questi pervenuti al Comune grazie alla solidarietà degli Italiani) per la ricostruzione dell’Istituto. Era trascorso più di un anno da allora, era tempo di battere di nuovo i pugni. E anche questa volta Pirozzi ce l’ha fatta. Il Commissario Farabollini nelle scorse
ore ha reso noto che i fondi per l’Alberghiero di Amatrice sono a disposizione.
Sergio Pirozzi non è più il Sindaco di Amatrice, oggi è Consigliere regionale del Lazio e Presidente della Commissione regionale che si occupa dei grandi rischi, stessa tematica di cui si occupa – per volontà di Giorgia Meloni – per Fratelli d’Italia.  È da quei banchi, in Regione, che oggi difende il suo popolo e la sua terra. Quello che lascia però sempre più allibiti è la lentezza con cui si sta affrontando questo periodo post-emergenziale, e il fatto che per ottenere ciò che a una terra spetta di diritto, si debba avere bisogno di qualcuno che alzi continuamente la voce.

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