14.8.19

FERMI TUTTI




Ieri il dibattito in Senato, ma oggi si parla di Genova
Ad un anno dal crollo del ponte
le Istituzioni diano un segnale di serietà, oltre le passerelle
E tra dieci giorni esatti saranno tre anni dal terremoto…

di Roberto Buonasorte

In una giornata come questa, su un blog come questo, dopo gli eventi di ieri ci si aspetterebbe probabilmente un’analisi delle ultime vicende politiche.
Non oggi. Oggi fermi tutti. Oggi è il giorno del silenzio, del ricordo, della riflessione.
Un anno fa crollava il Ponte Morandi di Genova, e portava con sé, tra le macerie, tante vite umane, mettendo a nudo le fragilità di un Paese che non si regge in piedi.
Un anno fa se ne andavano per sempre delle persone, inghiottite da un boato infinito e terribile, lasciando per sempre parenti, amici, colleghi. In un attimo, a tante famiglie è cambiata la vita per sempre. Io stesso ero lì, in quei minuti. Salvato da una pausa
caffè in più, undici minuti in tutto, mentre, con la famiglia, andavo a trascorrere una settimana di vacanza proprio da quelle parti.
Di quella giornata di pioggia ricordo il rumore degli elicotteri, era uno scenario da brividi, l’atmosfera era tragica. Il rumore delle pale dei velivoli di soccorso, le ambulanze, e i ragazzi della Protezione Civile che correvano mi hanno riportato alla memoria un’altra tragedia, quella di Amatrice, che vivo da vicino ogni giorno. Anche quel 24 agosto 2016 cambiò per sempre la vita di tante, tantissime persone. Anche la mia.
Sergio Pirozzi, allora Sindaco della città, è riuscito a tenere alta l’attenzione, ha incontrato e spronato i grandi della terra, e non è un caso se oggi – nonostante le tante difficoltà ancora presenti – Amatrice a fatica è riuscita a ripartire, grazie proprio alla tenacia e alla testardaggine di Sergio, all’amore di tante persone che quella terra non l’hanno abbandonata, all’immensa solidarietà arrivata lì da tutto il mondo.
Fermi tutti, allora. Oggi dobbiamo solo ricordare, e riflettere. Riflettere sulle immense fragilità di questo nostro Paese, un Paese in cui un ponte può crollare all’improvviso, un Paese in cui quattro regioni possono venire coinvolte da un terremoto catastrofico e trovarsi costrette ad attendere anni per vedere due mattoni che vengono ritirati su.
Dovremmo davvero fermarci tutti, interrogarci su questa Italia che non funziona, capire quali sono le responsabilità, intervenire – ciascuno per quello che può, ai diversi livelli istituzionali – per far sì che davvero non succeda mai più niente di simile.
La crisi governativa, ora, va gestita, questo è certo. Ma non dobbiamo fermarci a riflettere solo nei giorni degli anniversari (oggi quello del crollo del Ponte Morandi, tra dieci giorni esatti quello della tragedia di Amatrice), quando le ricorrenze diventano “il fatto del giorno”. Quel “fatto” è tutti i giorni. Perché tutti i giorni lo è per quelle famiglie che non hanno più vicino quelle persone, tutti i giorni lo è per quei figli che non hanno potuto riabbracciare i padri, lo è per quelle madri che non hanno potuto riabbracciare i figli, lo è per quelli che non hanno più potuto avere una vita “normale”, segnati per sempre da tragedie che troppo spesso si potevano e si dovevano evitare.
Il crollo del Ponte Morandi si poteva evitare. Il terremoto di Amatrice no, è vero. Ma dopo tre anni da quel disastro, sarà il caso o no di interrogarsi sul perché quella gente fatichi a rialzarsi, pur dimostrando ogni giorno un coraggio ed una dignità di cui l’Italia intera dovrebbe essere orgogliosa? Fatica a rialzarsi perché è stata lasciata sola. Ci vuole un’inversione di tendenza immediata e decisiva, come ci vuole un controllo a tappeto, sull’intero territorio nazionale, delle sue tante fragilità. Bisogna farlo, subito, e continuare a farlo per sempre, tutti i giorni. Perché la crisi di governo durerà qualche settimana, ma il lutto per la perdita di vite umane è qualcosa che resta con te tutti i giorni.

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