4.8.19

COLLE OPPIO E LA MEMORIA PERDUTA



     



di Anna Beatrice d’Assergi
Sotto Colle Oppio c’è un mondo antico che aspetta di essere riportato alla luce, ma l’Italietta distratta dalla tv spazzatura e dalle polemiche dei leoni da tastiera non sembra voglia occuparsene. Serve qualche milione di euro, spiegò la Sovrintendenza capitolina l’anno scorso, discutendo a proposito del progetto del“playground” che dovrebbe sorgere su quell’area. “Playground”, lo chiamano: “terreno di gioco”, diremmo noi, che alla lingua italiana restiamo affezionati…
Si parla delle Terme di Tito, scoperte vent’anni fa e reinterrate per ragioni di sicurezza, visto che su
quell’area ci dormiva la comunità curda. L’anno scorso la vicenda è tornata di attualità, in vista dei
lavori per la realizzazione del “terreno di gioco”, con parere favorevole della Sovrintendenza capitolina, che disse di ritenere il recupero di quella zona come qualcosa che andrebbe a vantaggio del quartiere, sottolineando come i resti archeologici resterebbero protetti.
Il progetto del terreno di gioco, cioè, non mette a rischio i resti archeologici, che possono benissimo restare lì, interrati per sempre, secondo la Sovrintendenza capitolina, evidentemente.
Se il cinque per cento di ciò che sta lì sotto si trovasse nel sottosuolo di qualsiasi angolo della Francia, o degli Usa, i francesi o gli americani ci metterebbero due giorni a farne un museo a cielo aperto. Ma l’Italia – che ci volete fare – è talmente ricca di tesori archeologici che tutto sommato le Terme di Tito possono essere considerate un nonnulla, possono aspettare interrate sotto Colle Oppio in eterno.
Dallo scorso anno, poi, di questa faccenda l’Italia distratta dai social non ha più parlato. Di recente la
questione è stata ripresa in mano dal Gruppo d’intervento giuridico onlus, associazione nazionale
ambientalista, che ha presentato richiesta al Mibac e al direttore del Parco archeologico del Colosseo
affinché i lavori siano immediatamente bloccati. 
Manca il parere finale, dice la onlus, sull’impatto paesaggistico, e sottolinea – semmai ve ne fosse bisogno – il valore archeologico di quell’area.
Chi governa la Città Eterna, però, sembra sordo, e insiste sul progetto del “terreno di gioco”, incurante di un immenso tesoro che potrebbe restituire alla Capitale la sua vocazione di città simbolo della storia dell’umanità. Se l’Italia avesse il petrolio, nel sottosuolo, dovrebbe probabilmente investire in pozzi petroliferi. Giacché di petrolio non c’è traccia, ma di tesori archeologici è pieno, sarebbe il caso di investire in questo ambito. O no?

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