23.8.19

LA RINUNCIA DI EVITA PERON







A distanza di quasi settantanni
ricordiamo con ammirazione il gesto della donna
che  preferì l’interesse nazionale a quello di parte

di TINO

Il 22 agosto 1951 la folla immensa che si era radunata a Buenos Aires in Avenida 9 de Julio chiedeva a gran voce a Eva Perón di accettare la candidatura alla vicepresidenza dell’Argentina.

La sinistra del Partido Justicialista assieme alla potentissima Confederazione Generale del Lavoro volevano che la coppia presidenziale corresse in ticket alle
elezioni, per certificare il ruolo fondamentale dell’anima sindacalista nell’assetto politico dell’Argentina peronista.
Perón, che in un primo momento si era detto non contrario all’ipotesi di una candidatura della moglie, dovette far fronte all’opposizione categorica dei gruppi militari e conservatori del paese, che avevano mal digerito la rivoluzione sociale incarnata da Evita, e che non volevano che una giovane donna di estrazione popolare diventasse il vice-comandante in capo delle forze armate.
Eva Perón, già minata dal cancro che l’avrebbe uccisa solo nove mesi dopo, era stata indotta dal marito a rinunciare. Ma nel Cabildo Abierto (consiglio aperto) del 22 di Agosto alla folla riunita dai sostenitori di Evita per forzare la mano al Presidente, la bandiera dei descamisados non se la sentì di comunicare la sua rinuncia che affidò ad un messaggio radio alcuni giorni dopo: «Ho solo un'ambizione personale: che il giorno in cui si scriverà il capitolo meraviglioso della storia di Perón, di me si dica questo: c'era, al fianco di Perón, una donna che si era dedicata a trasmettergli le speranze del popolo. Di questa donna si sa soltanto che il popolo la chiamava con amore: Evita».
La donna, che a soli trent’anni era divenuta un’icona di speranza per milioni di persone, disse di rinunciare agli onori ma non alla lotta, consapevole che il venir meno della sua figura sulla scena politica avrebbe messo in pericolo le riforme sociali che in poco tempo avevano trasformato l’Argentina.
Rinunciò in nome di Perón e dell’interesse del popolo argentino, avvertendo già i prodromi della spaccatura che dopo la sua morte avrebbe contrapposto i peronisti di destra e quelli di sinistra, mentre i militari bombardavano la Casa Rosada e mettevano fine all’esperienza peronista.
Contrappose alle convenienze personali e di parte il bene supremo del paese, che in quel momento si sostanziava nel fare un passo indietro all’apice del consenso della sua parabola politica in vita.
Una lezione di umiltà, forza, generosità e lungimiranza della quale il populismo nostrano in salsa verde dovrebbe fare tesoro.
E scusatemi l’eretica comparazione.



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