di Anna Beatrice d’Assergi
Amatrice simbolo
del terremoto del 2016: così è stata spesso definita la città degli spaghetti
più famosi del mondo, dopo il devastante sisma che l’ha colpita il 24 agosto
2016; ma Amatrice è oggi anche il simbolo dell’identità svanita, della storia
sbriciolata e gettata al vento. Ci voleva Vittorio
Sgarbi, alla vigilia del terzo anniversario dalla tragedia, per tornare a
riflettere sull’immenso patrimonio artistico del centro Italia spezzato a metà.
Il tema è la ricostruzione dei meravigliosi Borghi cancellati dalla furia della
natura: “Il primo punto di qualunque futuro governo dovrebbe essere la
ricostruzione - ha detto il critico d’arte -. E' un dato simbolico, sociale,
storico. Di
Sgarbi
ha fatto un puntuale intervento sullo stato delle cose a tre anni esatti dal
sisma, sottolineando anche, quale “unica nota positiva”, il lavoro sui
territori colpiti dal sisma effettuato dalle Sovrintendenze: ''la parte mobile del patrimonio artistico - ha
detto - è stata ospitata in centri di raccolta e restauro. Questo ha consentito
di salvaguardare e mettere in sicurezza il 90% del territorio''. È vero. Per
quanto riguarda il Lazio, un immenso lavoro di recupero delle opere d’arte è
stato svolto da Soprintendenza, Carabinieri
del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale e Vigili del fuoco. I tesori salvati dalle macerie sono ospitati
ancora oggi nel deposito messo a disposizione dal Comando dei Carabinieri Forestali di Cittaducale. Ma Vittorio
Sgarbi si preoccupa dei centri storici, che rischiano di ''rimanere totalmente
a terra”, e definisce tutto questo “inaccettabile ed incivile''.
Amatrice,
Accumoli, Arquata del Tronto hanno appena vissuto il terzo anniversario del
grande sisma: e, si sa, l’anniversario è il giorno in cui le ferite bruciano di
più.
È stato
molto netto il Vescovo di Rieti, Domenico
Pompili: poche parole per iniziare una cerimonia importante come quella di
ieri ad Amatrice, ma chiare e nette. Parole che devono aver suonato come uno
schiaffo in pieno volto a più di qualcuno, presente e non presente a quella
cerimonia.
“Chiediamo
perdono a Dio per le falsità che abbiamo sentito o pronunciato, per le parole
vuote di contenuto e per le promesse non mantenute”.
La città
delle cento chiese attende ancora che almeno una torni ad accogliere il popolo
di questa terra, costretto a celebrare il terzo anniversario dal sisma nel
Palazzetto dello Sport.
“Avevamo
cento chiese - diceva ieri una donna con gli occhi lucidi, davanti a
quell’altare montato nel solo luogo idoneo a ospitare una cerimonia di quella
portata - cento chiese... non ce ne resta nemmeno una, per pregare”.
Il
Sindaco Antonio Fontanella ha
trascorso l’intera giornata dividendosi tra gli abbracci alle persone e le
interviste davanti alle telecamere per reclamare ciò che ad Amatrice dovrebbe
spettare di diritto. “Ricostruzione, ricostruzione, ricostruzione. Snellimento
delle procedure, snellimento delle procedure, snellimento delle procedure”, ha
ripetuto per due giorni di seguito al mondo intero.
239
morti, 4.500 immobili da ricostruire, 536 soluzioni abitative di emergenza
consegnate, 174 kmq di territorio montuoso devastato: sono i numeri di
Amatrice. Ai quali se ne aggiunge un altro: 1096.
Sono i
giorni trascorsi da quel 24 agosto 2016 che ha squartato l’Italia. Oggi, tre
anni e un giorno. È la notte di una
Repubblica che non ce la fa.
Peccato
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