25.8.19

AMATRICE, LA NOTTE DI UNA REPUBBLICA CHE NON CE LA FA



di Anna Beatrice d’Assergi 

Amatrice simbolo del terremoto del 2016: così è stata spesso definita la città degli spaghetti più famosi del mondo, dopo il devastante sisma che l’ha colpita il 24 agosto 2016; ma Amatrice è oggi anche il simbolo dell’identità svanita, della storia sbriciolata e gettata al vento. Ci voleva Vittorio Sgarbi, alla vigilia del terzo anniversario dalla tragedia, per tornare a riflettere sull’immenso patrimonio artistico del centro Italia spezzato a metà. Il tema è la ricostruzione dei meravigliosi Borghi cancellati dalla furia della natura: “Il primo punto di qualunque futuro governo dovrebbe essere la ricostruzione - ha detto il critico d’arte -. E' un dato simbolico, sociale, storico. Di
fatto, in passato non si è ritenuto che la ricostruzione fosse, come invece penso che sia, un fatto politico primario. La misura di uno stato, soprattutto in Italia, è la sua capacità di relazione e di ricostruzione delle aree colpite dal sisma''. 
Sgarbi ha fatto un puntuale intervento sullo stato delle cose a tre anni esatti dal sisma, sottolineando anche, quale “unica nota positiva”, il lavoro sui territori colpiti dal sisma effettuato dalle Sovrintendenze: ''la parte mobile del patrimonio artistico - ha detto - è stata ospitata in centri di raccolta e restauro. Questo ha consentito di salvaguardare e mettere in sicurezza il 90% del territorio''. È vero. Per quanto riguarda il Lazio, un immenso lavoro di recupero delle opere d’arte è stato svolto da Soprintendenza, Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale e Vigili del fuoco. I tesori salvati dalle macerie sono ospitati ancora oggi nel deposito messo a disposizione dal Comando dei Carabinieri Forestali di Cittaducale. Ma Vittorio Sgarbi si preoccupa dei centri storici, che rischiano di ''rimanere totalmente a terra”, e definisce tutto questo “inaccettabile ed incivile''. 
Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto hanno appena vissuto il terzo anniversario del grande sisma: e, si sa, l’anniversario è il giorno in cui le ferite bruciano di più. 
È stato molto netto il Vescovo di Rieti, Domenico Pompili: poche parole per iniziare una cerimonia importante come quella di ieri ad Amatrice, ma chiare e nette. Parole che devono aver suonato come uno schiaffo in pieno volto a più di qualcuno, presente e non presente a quella cerimonia. 
“Chiediamo perdono a Dio per le falsità che abbiamo sentito o pronunciato, per le parole vuote di contenuto e per le promesse non mantenute”. 
La città delle cento chiese attende ancora che almeno una torni ad accogliere il popolo di questa terra, costretto a celebrare il terzo anniversario dal sisma nel Palazzetto dello Sport.
 “Avevamo cento chiese - diceva ieri una donna con gli occhi lucidi, davanti a quell’altare montato nel solo luogo idoneo a ospitare una cerimonia di quella portata - cento chiese... non ce ne resta nemmeno una, per pregare”. 
Il Sindaco Antonio Fontanella ha trascorso l’intera giornata dividendosi tra gli abbracci alle persone e le interviste davanti alle telecamere per reclamare ciò che ad Amatrice dovrebbe spettare di diritto. “Ricostruzione, ricostruzione, ricostruzione. Snellimento delle procedure, snellimento delle procedure, snellimento delle procedure”, ha ripetuto per due giorni di seguito al mondo intero. 
239 morti, 4.500 immobili da ricostruire, 536 soluzioni abitative di emergenza consegnate, 174 kmq di territorio montuoso devastato: sono i numeri di Amatrice. Ai quali se ne aggiunge un altro: 1096. 
Sono i giorni trascorsi da quel 24 agosto 2016 che ha squartato l’Italia. Oggi, tre anni e un giorno. È la notte di una Repubblica che non ce la fa. 
https://ssl.gstatic.com/ui/v1/icons/mail/images/cleardot.gif


1 commento: