28.8.19

L’ITALIA CHE SARA’



Riflessioni ad alta voce
di un modesto politico di provincia
sul futuro del nostro Paese
Son passati alle stelle alle stalle e viceversa 
molti dei  protagonisti di questa triste stagione politica

di Roberto Buonasorte

Tutto fa pensare che questo governo PD Cinque Stelle, tra i più vergognosi della storia della Repubblica, alla fine si farà.
Vogliamo fare alcune riflessioni, senza avere la pretesa di detenere la verità in tasca su tutto, o indicare la via al resto del mondo in termini perentori e con il ditino ammonitore sempre alzato.
Lo abbiamo già scritto ma vale la pena ricordarlo, a Nicola Zingaretti proprio non andava di fare quest’operazione con i grillini, egli avrebbe preferito il voto anticipato e
non tanto perché convinto di vincerle, ma per liberarsi dai renziani dei quali continua a non fidarsi.
La questione è stata ricostruita in modo perfetto da Ignazio La Russa nell’intervento in Senato durante le “Comunicazioni” di Conte la settimana scorsa.
Ma si farà, la porcata, perché entrambi i leader subiscono pressioni enormi dai parlamentari dei rispettivi Gruppi.
Ma a Dario Franceschini, ci chiediamo, dopo che è caduta persino la “sua” rossissima Ferrara, chi glielo avrebbe mai detto che poche settimane dopo si sarebbe seduto ad un tavolo per trattare addirittura una sua nuova nomina a Ministro?
Stessa cosa vale per Paola De Micheli o Ettore Rosato; la prima fatta fuori da Commissario per la ricostruzione dopo il sisma del 2016 corre per il Ministero già guidato da Toninelli, il secondo verso la strategica poltrona dei Rapporti con il Parlamento, nonostante la vicinanza a Matteo Renzi (che di fatto sembra essere il vero vincitore di questa complessa partita).
Luigi Di Maio dal canto suo soffre la pressione dei parlamentari che tra perdita dei voti e i guai derivanti dal vincolo del secondo mandato, vedrebbe la rappresentanza ridotta di quasi due terzi in termini numerici.
Matteo Salvini, al di là dei tempi e modi sbagliati di cui un po’ tutti abbiamo scritto, crediamo di poter dire che abbia sottovalutato alcuni elementi: dalla “credibilità” che Conte era riuscito a conquistarsi in Europa, alle bordate che un giorno sì e l’altro pure arrivavano da Oltretevere, passando per un establishment che avrebbe fatto di tutto pur di impedire che il Capitano si sarebbe eletto un “suo” Presidente della Repubblica, la “sua” Consulta, il “suo” CSM.
Zingaretti invece non dovrebbe temere Renzi, il quale non ha alcun interesse a far cadere il Governo Giallo Rosso; metterebbe, il bullo fiorentino – nonostante le smentite – probabilmente alcuni dei suoi nell’Esecutivo, sicuramente parteciperebbe alla spartizione delle tante nomine che verranno fatte tra pochi mesi, e condizionerebbe con i suoi quaranta Senatori le scelte del Governo.
Intanto avrebbe il tempo di organizzare il suo partito, ma soprattutto aspettare la nuova legge elettorale (che sarà a nostro modesto parere di tipo proporzionale puro) e allora sì che il Matteo toscano ribalterà il tavolo, per la gioia di tutti i proporzionalisti nostalgici della Prima Repubblica, con in testa l’intramontabile Gianni Letta e tutte le varie democristianerie annidate non solo nei gangli strategici dell’amministrazione dello Stato ma trasversalmente in tutti i partiti.
E allora si che li vedremo tutti insieme, partendo proprio da Matteo Renzi, e poi Gianni Letta, Zanda, Confalonieri, Miccichè, Verdini, Casini (che poi è il vero mentore di Renzi) Rotondi
E ovviamente quella vecchia canaglia di Dario Franceschini.

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