Riflessioni ad alta voce
di un modesto politico di provincia
sul futuro del nostro Paese
Son passati alle stelle alle stalle e viceversa
molti dei protagonisti di questa triste stagione politica
molti dei protagonisti di questa triste stagione politica
di Roberto Buonasorte
Tutto fa pensare che questo governo PD Cinque Stelle, tra i più vergognosi della storia della
Repubblica, alla fine si farà.
Vogliamo fare alcune riflessioni, senza avere la pretesa di
detenere la verità in tasca su tutto, o indicare la via al resto del mondo in
termini perentori e con il ditino ammonitore sempre alzato.
Lo abbiamo già scritto ma vale la pena ricordarlo, a Nicola Zingaretti proprio non andava di
fare quest’operazione con i grillini,
egli avrebbe preferito il voto anticipato e
non tanto perché convinto di
vincerle, ma per liberarsi dai renziani
dei quali continua a non fidarsi.
La questione è stata ricostruita in modo perfetto da Ignazio La Russa nell’intervento in
Senato durante le “Comunicazioni” di Conte la settimana scorsa.
Ma si farà, la porcata, perché entrambi i leader subiscono
pressioni enormi dai parlamentari dei rispettivi Gruppi.
Ma a Dario
Franceschini, ci chiediamo, dopo che è caduta persino la “sua” rossissima Ferrara, chi glielo avrebbe mai detto
che poche settimane dopo si sarebbe seduto ad un tavolo per trattare
addirittura una sua nuova nomina a Ministro?
Stessa cosa vale per Paola
De Micheli o Ettore Rosato; la
prima fatta fuori da Commissario per
la ricostruzione dopo il sisma del 2016 corre per il Ministero già guidato da Toninelli, il secondo verso la
strategica poltrona dei Rapporti con il Parlamento, nonostante la vicinanza a Matteo Renzi (che di fatto sembra
essere il vero vincitore di questa complessa partita).
Luigi Di Maio dal canto suo soffre la pressione
dei parlamentari che tra perdita dei voti e i guai derivanti dal vincolo del
secondo mandato, vedrebbe la rappresentanza ridotta di quasi due terzi in
termini numerici.
Matteo Salvini, al di là dei tempi e modi sbagliati
di cui un po’ tutti abbiamo scritto, crediamo di poter dire che abbia
sottovalutato alcuni elementi: dalla “credibilità” che Conte era riuscito a conquistarsi in Europa, alle bordate che un
giorno sì e l’altro pure arrivavano da Oltretevere,
passando per un establishment che avrebbe fatto di tutto pur di impedire che il
Capitano si sarebbe eletto un “suo” Presidente della Repubblica, la “sua” Consulta, il “suo” CSM.
Zingaretti invece non dovrebbe temere Renzi, il quale non ha
alcun interesse a far cadere il Governo Giallo Rosso; metterebbe, il bullo
fiorentino – nonostante le smentite – probabilmente alcuni dei suoi
nell’Esecutivo, sicuramente parteciperebbe alla spartizione delle tante nomine
che verranno fatte tra pochi mesi, e condizionerebbe con i suoi quaranta
Senatori le scelte del Governo.
Intanto avrebbe il tempo di organizzare il suo partito, ma
soprattutto aspettare la nuova legge elettorale (che sarà a nostro modesto
parere di tipo proporzionale puro) e allora sì che il Matteo toscano ribalterà
il tavolo, per la gioia di tutti i proporzionalisti nostalgici della Prima
Repubblica, con in testa l’intramontabile Gianni
Letta e tutte le varie democristianerie annidate non solo nei gangli
strategici dell’amministrazione dello Stato ma trasversalmente in tutti i
partiti.
E allora si che li vedremo tutti insieme, partendo proprio da
Matteo Renzi, e poi Gianni Letta, Zanda, Confalonieri, Miccichè, Verdini, Casini
(che poi è il vero mentore di Renzi) Rotondi…
E ovviamente quella vecchia canaglia di Dario Franceschini.
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